martedì 13 marzo 2018

Sconquasso



La lettera del papa emerito Benedetto XVI avrà sicuramente portato sconquasso dietro le mura vaticane, assillando non poco gli agiati adoratori di dei, dediti ad un'anomala esteriorità e covanti riprovevolmente astio e odio verso Francesco, colpevole secondo loro di un ridimensionamento della sacralità del Pontefice, in parole povere una perdita dei privilegi affogati in caviali e bella vita mascherati dalla recita di un copione pregno di avepatergloria. 
Vado nei siti dei tradizionalisti ogniqualvolta avverta la necessità di reprimere emozioni ed intelletto, scoprendo rancorosi e fuori dal tempo commenti legati ad una consapevolezza, insufflata dal retrogrado, mefitica di salvezza. Sono appollaiati su trespoli pronti a scagliarsi contro diversi, a loro detta, a sparizione di arcaici simboli, prostatiche funzioni allunganti divinità senza radici, nebbie di incensi per celare la loro lontananza dalla Parola, colori paonazzi ostentati per rivaleggiare sugli altri, anelli e ori per confermare la loro speciale incastonatura nella fede. 
Benedetto XVI ha spazzato via ogni latinismo, ogni traduzione di parte, parlando finalmente chiaro: smettetela stolti di inficiare il pontificato di Francesco! 
Parole sante, parole fredde ed incuneate nei meandri dell'obbrobrioso lusso di monsignori e cardinali amanti della bella vita, alcuni di loro ricercanti saune e massaggi tessenti rapporti con giovani, vomitevoli ricerche di immobilità, di potere, di carriere, antitesi del cattolicesimo. 
Ben venga finalmente la chiarezza che scioglierà come neve al sole il gran nulla portato a rito, arricchente i veri lontani, usciti dal recinto. 

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