Faccio il biglietto online per andare in treno da Piacenza a La Spezia. Contento di non dover fare file alla biglietteria, mi accorgo che con il cambio a Parma ho solo sette minuti a disposizione e, non essendo in Giappone, consapevole che sette minuti per le ferrovie italiane sono un nonnulla, vedo sul binario difronte un treno che sta partendo per Ancona e che fermando a Parma mi lascerebbe un quindici minuti di lasco, molto più consoni e tranquillizzanti. Chiedo gentilmente al capotreno, un ragazzo con impercettibile barba, molto fiero del ruolo, la possibilità di poter salire sul treno, esibendogli il mio biglietto elettronico. Il suo fermo diniego relazionato ad un regolamento, da un lato mi conforta, ce ne fossero di puntigliosi così, penso; dall’altro mi fa incazzare anche perché non gli ho chiesto, credo, la luna ne il suo Iban. Cerco, diplomaticamente, di trattare ulteriormente, facendo perno sul poco tempo a disposizione per il cambio. Lui inflessibile mi risponde che, purtroppo, deve dare la precedenza ai clienti in possesso di regolare biglietto. Il treno era praticamente vuoto e sul marciapiede c’era solo il pulitore di cartacce. Lo guardo infastidito, pensando che da Piacenza a Parma ci sono solo due fermate, Fidenza e Fiorenzuola, e non avendo avuto notizia di un esodo partente da queste due città alla ricerca forsennata di grana, deduco che il posto sul regionale rimarrà ampio e disponibile.
La solerzia a volte, incontrandola, innervosisce quanto l’incuria e il menefreghismo. Non avrei rubato nulla, avrei solo incontrato un solerte munito di buonsenso, un connubio impossibile a giudicare da questo capotrenino intransigente quasi quanto antipatico.
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