Il calabrone volava dietro la
tenda e al contatto col vetro faceva un rumore simile ad uno smeriglio lasciato
acceso a Murano. Il mio coraggio, decantato in molti carmi, come un miglior
rosso, ha preso immediatamente in pugno la situazione, suggerendomi di
indossare i guanti da cucina; così bardato mi sono avvicinato alla finestra,
scrutando da lontano il mostro volatile, che, probabilmente, s'interrogava
circa l'idiota che lo stava rimirando in tenuta da sommossa.
Con un fulmineo gesto, epico,
subitaneo, ho aperto la finestra sperando nella dipartita verso il cielo
dell'essere infausto.
Nulla. Continuava a ronzare,
impassibile, prendendosi beffe di me.
La salivazione aumentava, la
sudorazione pure. Pensavo in quegli istanti: e se invece di un calabrone avessi
scoperto una vedova nera o un giaguaro: come mi sarei comportato? Sarebbero
fuggiti entrambi per la paura? E la vicina cosa starà pensando in questo
momento? Si sarà segnata?
La sfortuna inoltre ha voluto
che, per terra, vi fosse un cicciolo di carta, che, schiacciandolo con il
piede, ha provocato un urlo raggelante l’intero condominio, per la paura di
aver schiacciato il calabrone. Mi è parso inoltre che
qualcuno, al piano inferiore, in quell’istante, abbia convocato molte persone del palazzo in casa sua per una
celebrazione di riparazione, forse in presenza anche di qualche esorcista.
Comunque, dopo lotta incessante, alla fine,
visto che era imbambolato, usando una rivista pesante, l’ho ahimè seccato.
Cadendo per terra ed intravedendolo dalle tende, ho atteso qualche istante per
vedere se fosse ancora vivo. Lo toccavo con la rivista e lui, immobile, mi
confermava l’avvenuto decesso. Preso con i guanti l’ho buttato nella tazza.
Quando si dice il coraggio, vero?
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