mercoledì 8 giugno 2016

Haratines


Ho vissuto, per colpa della mia innata ignoranza, una sensazione malvagiamente anomala, come se andando in casa di una ricca famiglia scoprissi poi che la padrona di casa è una maitress sadomaso. 
Haratines. Sapete che vuol dire?
Neppure io. Sino a stamani, dopo aver letto un articolo sul Secolo XIX riguardo ad un reportage in Mauritania. 
Sono gli schiavi. 
E badate bene, siamo nel 2016. L'ho controllato stamani, dubbioso. Pensavo infatti di dover accendere la stufa, sellare il cavallo e recarmi nel saloon per la brodaglia del mattino.
Nel 2016 tolleriamo ancora che esista, certificata, la schiavitù.
A parte tutto, non serviva l'articolo per pensarlo; basti pensare ai raccoglitori di pomodori del sud, i quali, mediante il torpore delle istituzioni, di chi dovrebbe controllare, di chi dovrebbe evidenziare tale scempio, continuano a lavorare per dodici ore con paghe da fame, non più di 10 euro, senza protezioni mediche, dormendo in capannoni dove l'igiene è un miraggio al pari di un'elucubrazione di Gasparri. 
Ma questi sono nascosti, come il concetto che lo stato non ha più potere in quei luoghi, sostituito dalla malavita organizzata.
In Mauritania, a Nouachhott, la capitale, sono legalizzati, alla luce del sole. Non hanno documenti, le donne fanno figli che a loro volta diverranno schiavi. Sono di proprietà del loro padrone, che a volte le presta ad amici, a figli. Le regala per compleanni, matrimoni. 
Vivono nel loro quartiere tomba, Riyad, senza luce, acqua, in grotte. Vengono chiamati come si chiama un cane. Lavorano, umiliate, senza compenso, come oggettistica senz'anima. 
Mi domando: cazzo farà mai il Segretario Generale dell'Onu, durante la giornata? 
Ri-ammettendo la mia ignoranza crassa, sono letteralmente sconcertato di apprendere tale barbarie di enorme portata, tale da assestare l'ennesimo fendente all'Uomo e alla sua umanità.
Non posso credere che la comunità internazionale non muova un dito contro questo modo di organizzare uno stato. 
Mi vergogno di convivere con queste forme diaboliche di relazioni sociali. 
E quello che più mi fa incazzare è che, a parte scrivere, non faccio nulla, facendomi avviluppare da questa nefasta ignavia mondiale.  

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