Plenel, Mediapart: «Abbiamo vinto, ma ci resta la mafiopolitica»
DI SALVATORE CANNAVÒ
Svelò lo scandalo. Parla il fondatore di “Mediapart”: le loro inchieste sui finanziamenti libici illegali hanno portato all’arresto dell’ex Capo di Stato
Una vittoria e una sconfitta, che premia la stampa libera, ma getta una luce inquietante sulla politica francese. Edwy Plenel, fondatore di Mediapart, il quotidiano autore delle inchieste che hanno portato al processo di Nicolas Sarkozy, spiega cosa succede in Francia.
Si tratta di una vittoria della Francia democratica?
Sì, è una vittoria. Una doppia vittoria: per la libertà di stampa e per l’indipendenza della giustizia. Senza l’inchiesta a lungo termine di Mediapart, iniziata con le nostre prime rivelazioni nel 2011, la Francia non saprebbe nulla dell’immenso scandalo dei finanziamenti libici. È la storia di un patto di corruzione tra una dittatura e il suo numero due, condannato per terrorismo dalla giustizia francese, e un clan politico, quello di Sarkozy, al fine di ottenere un tesoro di guerra per conquistare la presidenza della Repubblica nel 2007. Nonostante gli attacchi e le calunnie, abbiamo tenuto duro, grazie alla nostra totale indipendenza. La giustizia ha fatto proprie le nostre rivelazioni. Non si tratta ovviamente di una sentenza di parte, ma di quella di magistrati indipendenti, tutti i magistrati che hanno avuto modo di conoscere il caso, poiché Sarkozy e i suoi avvocati hanno potuto utilizzare tutti i mezzi di ricorso. In totale, sono stati circa un centinaio i magistrati che hanno avuto modo di conoscere il caso, con 25 procedimenti d’appello e 12 decisioni in Cassazione.
Eppure c’è anche dell’amaro nella tua riflessione.
Sì, purtroppo è anche lo spettacolo di una sconfitta. Abbiamo il sostegno dell’opinione pubblica, come dimostra il successo di Mediapart che, dalla sua creazione nel 2008, vive solo di abbonamenti con una redditività eccezionale (superando i 250 mila sottoscrittori, ndr). Ma con i magistrati ci troviamo di fronte a una coalizione politica, economica e mediatica che si mobilita attorno a Sarkozy come se il suo destino fosse il loro, per paura di perdere i propri privilegi. Lo spettacolo mediatico intorno alla sua incarcerazione, che non tiene conto dei fatti stessi, così come il sostegno di cui gode ai più alti livelli dello Stato – il ministro della Giustizia gli fa visita in prigione, il presidente della Repubblica lo ha ricevuto prima che entrasse in carcere – testimoniano una profonda corruzione del dibattito e dello spirito pubblico in Francia. Stiamo assistendo a un ritorno ai privilegi della monarchia, come se la sorte di Sarkozy fosse un crimine di lesa maestà. È il sintomo di una profonda corruzione della politica francese: Sarkozy si comporta come il capo di un clan mafioso, unito dall’appetito di potere, dalla sete di denaro e dal desiderio di impunità.
Non è stato però condannato per mafia: lo dico per il lettore italiano
Sì, ma Sarkozy ha messo in mostra la mafiosizzazione della politica francese. Si tratta di quella ‘mafia alta’ di cui parla Roberto Scarpinato e che permette a Sarkozy di aggirare la ‘vergogna sociale’ grazie alla complicità istituzionale del presidente Macron e dei media.
Si tratta di una rappresentazione politico-mediatica che contraddice la sostanza del processo?
La sconfitta la vedo soprattutto nello spettacolo raggelante che va in scena, in questo clima trumpiano in cui si mostra una realtà parallela. Sotto casa dell’ex presidente si sono radunate centinaia di persone che hanno gridato ‘a morte i giornalisti’ e ‘a morte i giudici’ e c’è chi propone addirittura di condannare Mediapart. Vengono a galla i rapporti di potere: del resto Sarkozy è nel consiglio di amministrazione di Lagardere e di Accor, era ospite sullo yacht di Vincent Bolloré, che oggi è l’architetto ideologico della campagna dell’estrema destra di Marine Le Pen.
Ci sono risposte politiche e sociali all’altezza di questa situazione?
In Francia le forze politiche vivono l’ossessione elettorale e presidenziale e per questo hanno mire egemoniche sulla società civile rifiutando di organizzarla al suo interno. Ci serve invece una mobilitazione sociale indipendente e forte contro la corruzione, per dei valori morali ed etici, per una giustizia indipendente, per la democrazia. Servirebbe un appello in tal senso da parte delle forze politiche e sindacali, non è un compito di Mediapart.
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