Torri dorate e niente dentro
di Michele Serra
Sta usando apertamente il suo incarico pubblico per arricchirsi smodatamente, secondo l’uso più squalificante della politica. Ha favorito il suo clan familiare nella maniera più sfacciata. È arrogante, incolto, rapace con le femmine, vendicativo con i maschi che non gli si sottomettono. In politica estera l’unico suo criterio leggibile è schierarsi con i forti e schiacciare i deboli. Parla un americano basico, con un vocabolario molto limitato. Odia la cultura perché non ne capisce l’utilità. Ha scelto per il suo governo figure pittoresche della destra più becera, quasi tutti incompetenti rispetto all’incarico.
La repressione lo eccita: ha chiamato “Alligator Alcatraz” il nuovo reclusorio per migranti, sostiene con un ghigno da cattivo dei B-movie che chi tenta la fuga verrà divorato dagli alligatori. Il suo ultimo gadget spremi-soldi è un profumo che viene venduto con una sua statuina dorata, l’oggetto è così pacchiano che perfino Vanna Marchi avrebbe qualche difficoltà a venderlo.
Viene il dubbio che Donald Trump sia veramente l’uomo delle Provvidenza: nel senso che è venuto al mondo per incarnare la fase terminale del capitalismo e annunciarne la fine. Torri dorate, e niente dentro. Più niente che sprigioni dai soldi, se non i soldi. Più niente che tenga in piedi la politica, se non la volontà di perpetuazione di una casta sempre più ristretta di megaricchi. Difficile perfino chiamare “destra” questa incarnazione della fine. Le persone di buone intenzioni, e specialmente i ragazzi, devono preparare il dopo senza farsi spaventare troppo da questo puzzo di morte.
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