Guerra in Ucraina. Draghi ha fallito: si conferma il Lukashenko di Biden
di Alessandro Orsini
La strategia del governo Draghi è fallita sul campo. Draghi aveva assicurato che l’invio delle armi avrebbe permesso l’uccisione di migliaia di soldati russi costringendo Putin alla resa. I soldati russi sono morti eppure Putin non ha fatto altro che aumentare la pioggia di fuoco sull’Ucraina. Il 90% delle case di Mariupol è stato distrutto e l’acciaieria Azovstal è stata espugnata. Di più: la brigata Azov si è consegnata ai russi e adesso Putin ha preso a devastare Severodonetsk e altre città limitrofe. L’esercito ucraino, ridotto a brandelli in Donbass, dichiara di attendere nuove armi dai Paesi della Nato, ma Putin fa sapere che, per ogni colpo subito per mano occidentale, la Russia restituirà il danno moltiplicato per mille. Andando avanti di questo passo, l’estensione dei bombardamenti ai Paesi Nato diventerà sempre più probabile e con essi la terza guerra mondiale. Eppure Mario Draghi continua a giurare che questa sia la strada giusta: “Più armi invieremo – assicura Draghi – prima Putin si arrenderà”.
Negando il fallimento macroscopico della strategia Nato in Ucraina, Draghi aggiunge una nuova prova alla nostra tesi e cioè che Draghi è il Lukashenko di Biden. Questo non significa che Draghi sia come Lukashenko. Significa, ben diversamente, che il rapporto di subordinazione diretta tra Draghi e Biden è pari a quello tra Lukashenko e Putin. Davanti all’evidenza empirica del fallimento della strategia Nato in Ucraina, un certo numero di giornalisti e studiosi invoca un dibattito democratico per concordare una strada diversa dall’invio illimitato di armi sempre più pesanti: armi che, non lo ripeteremo mai abbastanza, anziché fermare l’avanzata di Putin, la rendono soltanto più devastante. A questi studiosi e giornalisti, sorretti da un manipolo di politici coraggiosi, occorre aggiungere la maggioranza della popolazione italiana. Questa realtà di fatto viene negata dal Corriere della Sera che risponde con una tesi surreale: “Se la maggioranza degli italiani si oppone all’invio illimitato di armi in Ucraina è perché alcune spie russe parlano nelle trasmissioni televisive manipolando l’opinione pubblica”. Questa tesi si caratterizza per due punti deboli che rendono auto-evidente la sua assurdità. Il primo punto debole è la sproporzione enorme tra gli opinionisti in campo. La quasi totalità dei volti televisivi appoggia acriticamente il governo Draghi e la strategia mortifera della Nato in Ucraina. Siamo in un rapporto di cinque a uno: per ogni intellettuale critico ci sono almeno quattro opinionisti che parlano in favore della Nato. Il secondo punto debole è che queste presunte spie russe sarebbero
impegnate a favorire la Russia contro l’Ucraina. È vero esattamente il contrario.
Mentre chi scrive cerca di elaborare una strategia per salvare il governo Zelensky preservando un pezzo di Ucraina democratica, il governo Draghi promuove una strategia che sta provocando la distruzione di tutta l’Ucraina e la sua caduta progressiva sotto il giogo della Russia. Infatti, una volta conquistato il Donbass, Putin attaccherà anche Kiev se la Nato non accetterà di dare a Putin quelle garanzie che pretende per garantire nei decenni la sicurezza nazionale della Russia. In Italia siamo dunque al capovolgimento della realtà che caratterizza le dittature con tanto di liste di proscrizione basate sul nulla: chi, come il sottoscritto, si batte per salvare la vita dei civili ucraini e preservare un pezzo di Ucraina democratica viene accusato di essere filo-putiniano da coloro che, come il governo Draghi e il Corriere della Sera, si battono per la distruzione totale dell’Ucraina, il massacro della sua popolazione civile e la caduta di Kiev sotto il giogo di Putin.
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