mercoledì 22 giugno 2022

Travaglio

 

L’Etat c’est Lui
di Marco Travaglio
Putin ha già vinto. Non tanto in Ucraina, dove purtroppo continua ad avanzare. Quanto in Italia, dove il Parlamento è ormai ridotto a una parodia della Duma. Ci si attendeva un soprassalto di dignità del fu Potere Legislativo dinanzi a un governo che lo bypassa sistematicamente e lo degrada ad aula sorda e grigia, anzi a bivacco di manipoli. Dinanzi a un premier che pensa di dover informare le Camere di quel che fa, anziché chiedere alle Camere cosa deve fare. E dinanzi al sottosegretario Amendola che, alla richiesta di M5S e Leu al governo di presentarsi alle Camere prima di decisioni importanti (come Conte a ogni Dpcm), risponde: “Impossibile: vorrebbe dire che il governo è commissariato dal Parlamento” (salvo poi cedere sul punto). La versione moderna di L’Etat c’est moi del Re Sole. I pieni poteri sognati da Salvini sono cosa fatta e a tutti (o quasi) sta bene così.
L’aspetto più avvilente del presunto “dibattito” parlamentare, insieme alla distanza siderale dalla realtà dell’Ucraina e dal comune sentire degli italiani, era proprio il mantra dei governisti: non vorremmo essere qui, ci scusiamo di disturbare il manovratore, promettiamo di non farlo più. A parte rari interventi raziocinanti, era il campionato mondiale di adulazione al Capo, un sequel della saga di Fantozzi. Casini ricordava che i dittatori sono più svelti dei governi democratici, ergo il Parlamento non rompa: Draghi parla, le Camere applaudono e tutti a casa. Monti sosteneva che non è il momento di dar voce al Parlamento (che sull’Ucraina non si riuniva dal 3 marzo) perché il premier ha altro da fare. Richetti, l’altro calendiano oltre a Calenda, esortava Draghi a “resistere” non si sa bene a chi, dipingendolo come un San Sebastiano trafitto “h 24” da feroci quanto imprecisati oppositori (forse gli uomini invisibili che stringono la mano a Biden). Infatti il fratello d’Italia, teoricamente oppositore, era più governativo dei governativi. I cui interventi – M5S, Leu e Lega esclusi – erano un coro di vestali del culto mariano e servi encomi ai trionfi diplomatici del premier, peraltro mai visti. Alcuni davano una leccatina pure a Di Maio che, conscio dell’ora grave, era impegnatissimo a reclutare truppe per il nuovo Partitino della Poltroncina dopo Udeur, Ncd e Iv. Le sole deviazioni dal discorso unico del partito unico erano gli insulti a chi vuol ridiscutere l’invio a casaccio di armi e agli analisti non allineati (“prezzolati da Mosca”), non bastando le liste di proscrizione. Ma alla fine anche quel penoso dibattito, impensabile in una democrazia ma perfetto per la Russia e la Corea del Nord, ha avuto la sua utilità. Ci ha svelato il nuovo articolo 11 della Costituzione, ancora secretato come i bollettini del Dis: “L’Italia ripudia la Costituzione”.

Nessun commento:

Posta un commento