Copasir, il borbonico Urso e il reato di lesa draghità
DI DANIELA RANIERI
Noi siamo molto preoccupati per la serenità del nostro premier. Ci informa La Stampa che l’hanno molto irritato le “accuse politiche” e le “ombre” gettate sul suo governo in seguito alla pubblicazione da parte del Corriere del report dell’Intelligence sulla propaganda russa in Italia. A irritare Draghi, si apprende, non è tanto l’esistenza e la pubblicazione della lista di proscrizione in sé, figuriamoci; quanto il “clima di scontro tribale tra le opinioni”, in cui lui rischia “di passare per censore”, dal che Dio ci scampi.
Vediamo gli schieramenti in campo: da una parte c’è la tribù dei proscritti per un commento sui social o in Tv difforme dalla linea governativa sulla guerra in Ucraina; dall’altra, la tribù degli informatori pronti a riferire al capo del governo i nomi di chi parla male di lui. E lo scontro tra queste due fazioni è pari: un opinionista, uno studioso, un cittadino con una connessione hanno le stesse armi di una centrale dei Servizi, di chi gli commissiona i report, di un Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e infine di un giornale che pubblica dossier di dubbia natura.
Draghi non ci sta: era tranquillissimo quando gli è arrivato il report, non gli sono state “segnalate particolari emergenze, semplicemente perché, a detta di Gabrielli (capo dei Servizi, ndr) non ce ne sono. Il report lavora su fonti aperte, perlopiù commenti sui social e interventi Tv. Niente di misterioso, niente che possa minare la sicurezza della Repubblica”. Perbacco: e allora perché i Servizi segreti si sono scomodati a stilare e secretare una lista di innocui commenti di gente ininfluente e a inviarla al Copasir? E perché il primo quotidiano italiano la pubblica col titolo “La rete di Putin in Italia”, con le foto segnaletiche dei soggetti “attenzionati” per aver criticato il governo, o la Nato, o i nazisti ucraini (sempre siano lodati) e aver “diffuso fake news”? E qual è l’organo della Repubblica che decide quali notizie sono fake news?
Si può finire in un report dei Servizi per un commento su Twitter (o su qualunque altro mezzo di diffusione con cui esercitiamo il diritto costituzionale di manifestare liberamente il nostro pensiero), e la maggiore preoccupazione della stampa è che Draghi non faccia la figura del censore?
Nell’operazione “trasparenza” imperiosamente richiesta da Draghi (a chi?), rientra forse l’intervento di venerdì sera a Otto e mezzo del senatore di Fratelli d’Italia e presidente del Copasir Adolfo Urso, il quale s’è presentato con varie risme di fogli, tra cui il report appena desecretato dal capo dei Servizi Gabrielli, per dire: “Non c’è nessuna attività di Intelligence sull’opinione delle persone”; c’è invece un “bollettino di un tavolo interministeriale creato da Conte nel 2019”, quindi semmai la colpa è di Conte. Floris fa notare che il bollettino è una semplice rassegna stampa di opinioni divergenti dalla linea atlantista, il che dovrebbe far rabbrividire chiunque, tanto più che nell’articolo del Corriere sono presenti soggetti che nel report non compaiono, come Orsini e il sen. Petrocelli (che per il Corriere è un “grillino anti governativo”: cioè, i parlamentari devono essere tutti governativi, come nel governo Mussolini post-1925 e nell’Ucraina di Zelensky). Quale report ha desecretato Gabrielli? Non rabbrividisce Urso, che anzi rilancia segnalando con allarme che vi compaiono anche critiche al presidente del Copasir, che poi sarebbe lui.
D’un tratto ci dimentichiamo di tutta la vicenda delle spie russe che cospirano su Facebook e ci interessiamo a questo Urso. Che personaggio, con la sua dizione borbonica, la sua devozione per la burocrazia, la sua prosopopea autoritaria. Mentre al suo partito arrestano il candidato a Palermo con l’accusa di aver chiesto voti ai boss di Cosa Nostra, lui si preoccupa delle critiche alla sua persona, che potrebbero minare la sicurezza della Repubblica, poi seppellisce Floris, Caracciolo e Padellaro con la forza delle carte bollate (pareva Verdone nello sketch in cui tirava fuori il porto d’armi timbrato e catalogato: “Dice: chi te l’ha data questa? Questo!”). Ricapitolando: non solo non si può dire che Draghi è “allineato alle decisioni americane” e “disinteressato alle sorti del suo popolo”, né “strumentalizzare in chiave anti-Nato” le parole del Papa sull’“abbaiare della Nato alle porte della Russia”, frase inequivocabilmente anti-Nato che da oggi diventa pro-Nato. Ai reati di lesa draghità, lesa zelenskità e lesa azovità (guai a toccare i tatuati con la svastica, gli eroi di Gramellini e Bernard-Henri Lévy), bisognerà aggiungere la lesa copasirità (non si potrà più dire che è folle pagare il Copasir perché indaghi sugli ospiti dei talk-show, specie se russi, per verificare se tante volte dicono cose filo-russe). Resterebbe da capire chi ha commissionato il report dei Servizi, sempre se Draghi non si irrita.
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