giovedì 23 giugno 2022

Gran bella domanda!

 

Finlandia nella Nato vuol dire missili Usa di fronte alla Russia
DI ALESSANDRO ORSINI
L’ingresso della Finlandia nella Nato, per quanto sia un progetto in costruzione, preoccupa molti pacifisti, i quali si domandano quali siano i pericoli per le generazioni future. La domanda non è peregrina. Occorre infatti sapere che, a differenza di ciò che generalmente accade in politica interna, le decisioni in politica internazionale si fanno spesso sentire dopo decenni. Così, ad esempio, l’ingresso nella Nato dei Paesi dell’Europa dell’Est è avvenuto tra il 1999 e il 2004, ma Putin ha invaso l’Ucraina soltanto nel 2022 per allontanare un esercito nemico dai confini nazionali. Allo stesso modo, l’abbattimento di Gheddafi è avvenuto nel 2011, ma la penetrazione della Turchia in Libia, conseguenza di quell’abbattimento, è avvenuta nel gennaio 2020 per respingere l’assedio del generale Haftar contro Tripoli. Ne consegue che la decisione di far entrare la Finlandia nella Nato potrebbe dare i suoi frutti avvelenati tra diciassette anni, quando i nostri bambini di un anno avranno l’età giusta per andare in guerra. Orbene, cerchiamo di capire perché la Nato apra le porte alla Finlandia proprio ora. La risposta possiamo trovarla soltanto ricorrendo al metodo storico comparato, ovvero ponendo a confronto il modo in cui la Nato ha assorbito i Paesi dell’Est Europa nel 1999 e nel 2004: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca (1999) e poi Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Slovacchia e Slovenia (2004).
In entrambi i casi, la Nato ha proceduto all’assorbimento di questi Stati in un momento di tragica debolezza della Russia, vale a dire quando la Russia, pur essendo contraria a quell’integrazione, non aveva le forze per opporsi. Non entro in dettagli, che ho disseminato nel primo capitolo del mio libro Ucraina. Critica della politica internazionale (Paper First) in cui ho ricostruito le relazioni conflittuali tra la Russia e la Nato dal 1999 al 2022. Mi limito a ricordare che, nell’agosto 1998, la Russia era andata in bancarotta ed era da poco uscita sconfitta dalla prima guerra in Cecenia (1994-1996). Nel 1999, sotto Eltsin, la Russia era a pezzi economicamente, politicamente e militarmente, oltre che tragicamente dipendente dai dollari americani. Nel 2004, sotto Putin, aveva iniziato la sua ripresa, ma era ancora esangue. La Nato ha così approfittato di questa debolezza per espandersi ai danni della Russia. Oggi tocca alla Finlandia giacché Putin, impantanato in Ucraina, non ha le forze per aprire un nuovo fronte. Non possiamo prevedere il futuro, ma possiamo certamente azzardare una previsione probabilistica basata sull’esperienza storica: quando e se la Russia si riprenderà economicamente e militarmente dalla guerra in Ucraina, quasi certamente attaccherà la Finlandia se questa ipotizzasse di installare i missili della Nato, che poi sono i missili americani, sul proprio territorio. Questo è uno dei grandi temi quasi mai toccato nel dibattito italiano: l’avanzamento della Nato è sempre l’avanzamento degli Stati Uniti per due ragioni. La prima è che le decisioni strategiche della Nato vengono prese dalla Casa Bianca e la seconda è che le armi della Nato sono armi americane: sono gli Stati Uniti che decidono che cosa fare delle bombe atomiche sul territorio italiano. Tutto questo ci consente di giungere alla seguente conclusione: il problema della Russia non è l’avanzamento della Nato verso i propri confini nazionali, bensì l’avanzamento dell’esercito americano. Una volta chiariti i termini della questione, e ribadendo la nostra fedeltà alla “scuola del sospetto” di Nietzsche, Marx, Freud e Pareto, la domanda con cui vogliamo contribuire al dibattito culturale sulla geopolitica in Italia è la seguente: è strategicamente giusto o sbagliato che Putin voglia impedire all’esercito americano di spingersi ai confini della Russia?

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