L’insostituibile ricreazione di Max Giletti
di Antonio Padellaro
Con Massimo Giletti senza se e senza ma. Primo perché siamo sempre stati dalla parte dei conduttori svantaggiati che non è affatto bello perculare. Gli Giletti hanno infatti una insostituibile funzione ricreativa e ci distraggono dalle brutture della guerra in quello spassoso angolo del buonumore chiamato Non è l’Arena. Secondo, perché il suo malore in diretta, fortunatamente superato (auguri sinceri), scala il podio tv dei mancamenti cult: “Oddio Massimo” (Myrta Merlino, giustamente preoccupata) compete con lo straziante “Ciro Ciro Ciro” di Sandra Milo. Quello fu originato da uno scherzo di cattivo gusto, questo dalla grandinata di insulti piovuta sul poveretto da parte della Zakharova e Sallusti (da ieri popolarissimi tra i giornalisti di La7) che gli hanno fatto perdere i sensi e concesso una meritata pausa. Terzo, perché il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio (con l’assai creativo piano per la tregua che ha unito Russia, Usa e Nazioni Unite in un imbarazzato silenzio), e lo spensierato Matteo Salvini con il fantasy “Vado a Mosca e ritorno con la pace”, hanno trasformato la politica estera in un intrattenimento.
Mentre il nostro Max, nel tentativo di trasformare un intrattenimento in politica estera, ha mandato in vacca entrambi, ma almeno ci fatto divertire. Alla vecchia battuta di Churchill sugli italiani che vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse una guerra, possiamo aggiungere ora il corollario: e studiano diplomazia all’Asilo Mariuccia International. Infine, a Giletti va dato pieno sostegno per il suo innegabile talento nel trasformare le figure di merda in ascolti. Perché allora non spedirlo a recitare l’ultimo discorso di Martin Luther King a un raduno del Ku Klux Klan in Alabama? O nella Curva Nord laziale tutto pittato di giallorosso con una coppa in mano? Forse però ha già raggiunto il top.
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