Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
martedì 31 luglio 2018
Mattino travagliato
Montanari da riflettere
lunedì 30 luglio 2018
C’ho provato!
Estratto
Strampalato, sfasato, incontrollato: proveniva da queste scempiaggini emozionali ed era diretto verso un'aridità mai provata prima; aveva assaggiato l'amore come uno a cui, vivendo di stenti, s'apparecchia una tavola imbandita senza freni costellata di primizie, di prelibatezze. Il suo cuore era impazzito, come non mai dinnanzi all'emozione squassante del fremito, del battito d'ali accomodante presso la zona vip dell'amore, ed i suoi livelli, le sue sensazioni erano decollate verso l'incognito. Tutto accanto a lui scolorì, divenne insipido, senza luccichii, senza appeal. Furore, spaesamento, delega alla gestione del poco che aveva. Tutto fu offuscato da lei, dal suo timbro vocale, dal suo battito di ciglia, dai suoi sguardi, dai rannicchiamenti di fronte, di gote, di labbra. Depose ogni difesa, si lasciò avvinghiare in ogni anfratto, perse conoscenza, limiti, confini, consegnandosi senza remore. Fu questo il suo errore fatale che lo portò, in pochi lustri, ad un'aridità inusuale, ad una pianura senza nuvole, ad un orizzonte tanto ristretto che il suo futuro, i suoi traguardi erano dipendenti da ore, a volte minuti, senza che potesse apprezzare la sana e misteriosa voluttà nel futuro, i giochi mixati ai sogni, le ansie cancellate dai desideri; l'arsura dei giusti non gli apparteneva, non la poteva non solo apprezzare ma, infaustamente, neppure comprendere.
La lotta era talmente impari che, il gettare lo scudo, più facile di sorseggiare l'acqua di fonte, i suoi progetti talmente soffocati, invalidati, temporizzati da risultare finanche comico l'atteggiamento ilare, sereno, oltre le linee nemiche che tentava, riuscendovi il più delle volte, di proporre agli astanti, mai dubbiosi sul suo atroce dilemma esistenziale. Non poteva credere di essere un "non-essere", di navigare in una vasca da bagno. Stentava a discernere, non osava domandarsi null'altro che una soporifera, infima, deturpante normalità, scansante paracarri, deglutente chicchessia, assolutizzante l'attimo in procinto di trasformarsi in ricordo. Già i ricordi! Pietre incastonate nel buio dell'intimo che solo pochi sorrisi anzi, un solo mostrar dentatura, era in grado d'illuminare, seppur per pochi, pochissimi attimi, un decilitro di carburante indispensabile per continuare questo cammino a tentoni che era, è, e sarà la sua piccola e già vetusta vita.
domenica 29 luglio 2018
Chiarimento (l’ennesimo)
Sempre in coppia Marco!
sabato 28 luglio 2018
Crassa, sempre crassa!
Nel Cosmo
Dove sta il punto?
Servire a qualcosa
Ora delle due l'una: o Anzaldi è convinto di convivere in una nazione formata da 60milioni di coglioni, o la mancanza di ritegno della sua psiche ha raggiunto livelli tali da richiedere una serie di sedute in analisi tendente all'infinito.
Come infatti non ricordarsi delle gesta politiche del suo pupillo, lo Sbruffone Rignanese, che prese a calci per il culo personaggi televisivi che portavano share in casa Rai, del tipo Floris, Giannini, Gabanelli, Giletti solo perché non erano d'accordo con il verbo, chiamiamolo così, leopoldiano?
Come non riandare all'impresa titanica di affondare sempre più il servizio pubblico al fine di consentir maggior incassi alla concorrenza, per modo di dire, di proprietà dello Zio Delinquente del suddetto Ebetino?
venerdì 27 luglio 2018
Cautelativamente
Nell'ambito dell'ennesima triste e nauseante storia coinvolgente un sacerdote, accaduta a Calenzano, trovato seminudo in auto, nel parcheggio di un supermercato, assieme ad una bimba di dieci anni, il Cardinal Betori arcivescovo di Firenze ha sospeso don Paolo Glaentzer dal ministero sacerdotale, usando un avverbio abbastanza scomodo per l'occasione: cautelativamente.
Ora sia chiaro, nessuno ha in mente di far di tutta l'erba un fascio, perché per fortuna esistono, e sono tanti, sacerdoti sani mentalmente e forti nello spirito.
Stanno però affiorando dalla melma dell'occultamento, molte storie squallide riguardo a persone che solo grazie ad una maldestra cernita pastorale, sono riuscite a divenir preti pur avendo carenze psico attitudinali e, se non fermate in tempo, in grado di provocar danni irreparabili in giovani vite.
La pedopornografia riesce a penetrare in queste menti malate, provocando quello che poi tristemente apprendiamo dai media.
Occorre una ferma, intransigente, ferrea azione di pulizia, di areazione, di novità in grado di spazzare questa pula nefasta. Senza usare cautelativamente, senza indecisioni, senza ritrosie. Per il bene dei più deboli e per la buona navigazione della barca di Pietro.
Passatempo
Travaglio!
giovedì 26 luglio 2018
Posizionamento
Tiè!
Altro clic mnemonico
Camminando per il Salento ho visto fermo al semaforo un uomo, abbronzato da fatica, appoggiato ad un carretto con sopra delle cassette di frutta. Le guardava con tenerezza, le accarezzava mentalmente rappresentando per lui la magra fonte di guadagno. Aveva lo sguardo spento, pregno di sfiducia e, nel contempo, una grande voglia di rivincita. Venti, trenta euro che solo l'acquisto di quella merce avrebbe monetizzato; l'ombra non arrivava a proteggerlo completamente, per cui gran parte dei suo stanco corpo era alla mercé del caldissimo sole. Ma non demordeva, non mollava la presa, confidando su improbabili acquirenti che però tardavano ad arrivare.
Non so se alla fine della giornata avrà venduto tutto o almeno qualcosa; la sua immagine, i suoi vestiti ombrati dalla fatica, la canottiera quasi sgualcita, i pantaloncini blu spento, i sandali consunti, spegnevano la possibilità della realizzazione del suo sogno di lotta, di ricerca, di ribellione.
Osservava le macchine ferme al semaforo, senza agitarsi, senza accenno di alcun cenno visibilità, sopraffatto immagino dalla delusione.
Lo penso a sera maledire il destino, confidando nella giornata nuova che non avrà tardato molto ad arrivare. I suoi dialoghi mentali con le cassette di frutta, la speranza che il caldo non afflosci la mercanzia. Scene di privazione, di grave difficoltà, di assenza di un'occupazione certa. Come l'affanno e la fatica inutile di ogni giorno dannato, dequalificante, enfatizzante altresì le diversità di ceto, di ricchezza, di dignità. Trasportate anch'esse, a fatica, sul carretto.
Come si cambia...
Un fuscello leggiadro, leggero, sempre in forma. Una bomba d'attacco. Il più forte. La dietorella giusta per lo scudo!
(per la serie "come cambia un uomo nel pallone!")
Nel rispetto
giovedì 26/07/2018
PAROLA PER PAROLA
Le strade comode sono una trappola
PUBBLICHIAMO STRALCI DEL DISCORSO CHE SERGIO MARCHIONNE HA TENUTO AL MEETING DI RIMINI IL 26 AGOSTO 2010
di Sergio Marchionne
Non mi capita spesso di avere di fronte una platea composta da così tanti giovani e mi sento investito di una grande responsabilità. Parlare ai giovani è una delle cose più difficili da fare. Lo è perché voi non amate le conferenze e i congressi che riempiono di parole giornate intere senza dire nulla. Non amate gli incontri formali, che lasciano ai partecipanti poco più di un badge da esibire, quasi fosse una medaglia. Ne ho visti centinaia in questi anni – e in alcuni rari casi sono stato anche chiamato a intervenire. Non li amo neppure io.
A costo di passare per rude, quello che ho sempre cercato di fare è parlare in modo chiaro e diretto, senza la presunzione di avere la verità in tasca. E questo è quello che vorrei fare anche oggi. Vi confesso che l’intervento che avevo preparato per voi era molto diverso da quello che invece sentirete. Avrei voluto parlarvi dei grandi temi su cui la nostra società – qualunque società che voglia davvero definirsi giusta – ha il dovere di interrogarsi. Avrei voluto riflettere sul senso della globalizzazione, quando porta benefici reali alle nostre vite; e sul non-senso della globalizzazione stessa, quando non ha nulla da offrire a chi è devastato dalla violenza della povertà. Avrei voluto raccontarvi di quando, undici anni fa, ho avuto la fortuna di incontrare Nelson Mandela, a Davos. Avrei voluto condividere con voi le questioni più spinose con le quali l’umanità si deve confrontare: come sia possibile restare indifferenti di fronte allo scandalo della distribuzione della ricchezza mondiale; come sia possibile parlare di sviluppo e benessere se gran parte della nostra società non ha nulla da mettere in gioco al di fuori della propria vita. Ma non posso ignorare l’importanza di quello che sta succedendo in Italia, collegato alle vicende dello stabilimento di Melfi, e la gravità delle accuse che ho sentito muovere verso la Fiat. E non è mia abitudine evitare i problemi. Per questo gli eventi delle ultime 48 ore mi hanno costretto a modificare radicalmente il tenore del mio discorso, portandolo a un livello molto più locale. E di questo vi parlerò tra qualche minuto. Anche se il titolo del mio intervento è Saper scegliere la strada, non ho intenzione di farvi nessuna lezione. Quello che posso fare per contribuire all’incontro di oggi è condividere con voi le mie esperienze, quelle che ho maturato, prima da ragazzo e poi da uomo, incluse quelle che ho vissuto come amministratore delegato della Fiat. Sono nato in Abruzzo, a Chieti, a circa 250 chilometri da qui ma, per ragioni familiari e per motivi di lavoro, ho vissuto all’estero la maggior parte dei miei anni. Ho dovuto abituarmi presto a cambiare casa, abitudini, amici. Avevo 14 anni quando la mia famiglia si è trasferita in Canada. Non è mai facile iniziare tutto da capo, in una terra sconosciuta e in una lingua straniera, imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti. Non è facile lasciare le certezze del tuo mondo abituale per le incertezze di un mondo nuovo. Aveva ragione Cesare Pavese quando disse che: “Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali - l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo. Tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso”. Ma è proprio per questo che viaggiare, cambiare ambiente e conoscere altre culture è uno straordinario modo per crescere – e per farlo in fretta. Anche dopo l’università, quando ho iniziato a lavorare, mi sono trovato costretto più volte a cambiare città e Paese. Si è trattato di passaggi sofferti, perché è stato come ricominciare sempre da capo. Quando ti trovi a vivere o a lavorare in un Paese che non è il tuo, devi imparare a gestire qualcosa in più rispetto agli altri. Mi riferisco alla diffidenza che ogni tanto percepisci, quella che qualcuno prova verso gli stranieri. E mi riferisco anche allo stato d’animo che tu stesso provi, collegato al fatto di non avere radici in quella società, e di avere invece dubbi e timori nell’affrontare un mondo nuovo. Sono dovuti passare quasi quarant’anni e altre due nazioni – la Francia e la Svizzera – prima che la vita mi riportasse in Italia, nel 2004, quando ho assunto la guida della Fiat. Le esperienze che ho compiuto in giro per il mondo sono state tutte importanti per la mia crescita professionale. Ed è questa conoscenza che ho cercato e sto cercando di mettere a disposizione della Fiat perché non resti isolata da quello che accade intorno nel mondo. Oggi la Fiat è una multinazionale che opera e gestisce attività industriali in ogni parte del mondo. Siamo presenti in tutti i continenti e abbiamo rapporti commerciali con oltre 190 Paesi. La partnership raggiunta con Chrysler nel 2009 è nata sulla base delle competenze tecnologiche della Fiat, ma si è resa possibile solo grazie alla sua apertura internazionale. (…) Ma Fiat e Chrysler stanno anche dando vita a un’integrazione culturale basata sul rispetto e sull’umiltà; un’integrazione che è una straordinaria fonte di ricchezza umana. Non è facile trovare un’impresa che possa contare su un’esperienza internazionale così ampia, basata non soltanto sull’accordo con Chrysler, ma anche sulla posizione di leadership in America Latina e sulle iniziative create in Cina e in Russia. (…) Sfortunatamente ho l’impressione che in Italia non ci siano interesse né fiducia verso questo bacino di informazioni. O forse, più semplicemente, non ne vogliamo sapere perché ci manca la voglia o abbiamo paura di cambiare. Molto spesso le ragioni del declino sociale ed economico di un Paese hanno a che fare con ciò che non abbiamo saputo o voluto trasformare, con l’abitudine di mantenere sempre le cose come stanno. Questo è stato per tanto tempo anche il grande male della Fiat. Quando sono arrivato, nel 2004, ho trovato una struttura immobile, che prendeva come base di riferimento i propri risultati invece delle prestazioni della concorrenza. Aveva perso la voglia e l’abilità di competere e di confrontarsi con il resto del mondo. Questo, purtroppo, è anche il rischio che corre il nostro Paese. (…) Ciò di cui c’è bisogno è riconoscere la necessità di cambiare, di aggiornare un sistema che garantisca alla Fiat di continuare a competere. Quella a cui stiamo assistendo in questi giorni è una contrapposizione tra due modelli, l’uno che si ostina a proteggere il passato e l’altro che ha deciso di guardare avanti. Non so quali siano i motivi di questo scontro, se ci siano ragioni ideologiche o altro. Quello che so è che fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi, non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti. (…) Troppo spesso, però, l’elogio del cambiamento si ferma sulla soglia di casa. Va bene finché non ci riguarda. (…) La Fiat – quella che è uscita con le proprie forze da una situazione che nel 2004 sembrava a fondo cieco; la stessa che oggi sta cercando nuove strade per diventare uno dei più grandi costruttori di auto al mondo – ha fatto la propria scelta. Ha deciso di stare al passo con la realtà.(…) Eppure ho sentito accuse assurde, che non voglio certo alimentare. Sento però il dovere di difendere non solo la serietà del nostro progetto, ma anche le ragioni di chi ha abbracciato questa sfida. Mi riferisco, in particolare, alla Cisl e alla Uil, che ci stanno accompagnando in questo processo di rifondazione dell’industria dell’auto italiana. L’accordo che è stato firmato per lo stabilimento di Pomigliano ha ottenuto prima il consenso della maggioranza delle organizzazioni sindacali e poi quello della maggioranza dei lavoratori. Rispettare un accordo è un principio di civiltà. (…) Mi rendo conto che certe decisioni, come quelle che abbiamo preso a Melfi, non sono popolari, ma non si può far finta di niente davanti a quelle che per la Fiat sono palesi violazioni della vita civile in fabbrica. Sono state spese molte parole sulla vicenda di Melfi. Vorrei essere assolutamente chiaro. La Fiat ha rispettato la legge e ha dato pieno seguito al primo provvedimento provvisorio della Magistratura. (…) La Fiat non pretende di essere salutata ogni giorno con le fanfare, come è successo quando siamo tornati dall’America con i 2 miliardi di dollari della General Motors o quando il presidente Obama ha annunciato l’accordo con Chrysler. Ma non troviamo giusti nemmeno i fischi gratuiti. (…) Quello che trovo assurdo è che la Fiat venga apprezzata e riceva complimenti ovunque, fuorché in Italia. La Fiat è un’azienda seria, gestita da persone serie con una forte carica di valori. Quest’etica di business è stata la chiave della rinascita, che ha strappato il Gruppo dal fallimento al quale sembrava destinato nel 2004. Oggi continua a essere il cuore della nostra azione.
Forse, a questo punto, vi state chiedendo in che modo la testimonianza che vi ho portato oggi e la storia recente della Fiat possa avere a che fare con voi. Da tutte le esperienze che ho fatto nella mia vita, mi sono reso conto che ogni storia di successo si basa sulla capacità di donne e di uomini di assumersi la responsabilità e l’impegno di imprimere una svolta culturale a un certo ordine di cose. Questo vale per un sistema industriale, ma vale anche per la vita di ognuno di noi. L’invito che posso fare a voi giovani oggi è quello di prepararvi a entrare in un grande processo di costruzione, di prepararvi a far parte della squadra che darà forma al futuro. Di solito si ritiene che la vita delle persone sia suddivisa in due momenti distinti. Quello della formazione e quello dell’attività lavorativa. Si crede che il primo periodo della vita serva a dare all’individuo quelle conoscenze sufficienti ad affrontare la fase successiva. Con l’idea che le nozioni apprese possano bastare a ricoprire ruoli e mansioni stabili nel tempo. Penso che una persona così si trovi del tutto disarmata di fronte a un mondo che cambia alla velocità della luce. Questo scriveva Hegel nella prefazione ai Lineamenti di Filosofia del diritto: “A dire anche una parola sulla dottrina di come deve essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta…. Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”. La conoscenza è come la nottola di Minerva. Arriva a cose fatte, quando la realtà è già passata. Quello che si studia nei libri sul mondo dipinge una situazione che è già un’altra. Per questo non è importante la strada che sceglierete. È molto più importante l’approccio con cui deciderete di percorrerla. Se c’è una cosa che ho imparato in tutti questi anni è che la prima garanzia che dobbiamo conquistarci per poter scegliere è la libertà. Essere liberi significa avere la forza di non farsi condizionare. Essere liberi vuol anche dire trovare il coraggio di abbandonare i modelli del passato. Le strade comode e rassicuranti non portano da nessuna parte e di sicuro non aiutano a crescere. Fanno solo perdere il senso del viaggio. La libertà di cui parlo è prima di tutto una libertà mentale, la condizione che raggiunge chi decide di confrontarsi con il mondo e di sposare l’etica del cambiamento. Le ore passate a studiare su un libro con centinaia di pagine o davanti a un computer non sono solo una strada per entrare nel mondo del lavoro. Vi danno la possibilità di prendere in mano quegli strumenti, culturali e umani, per affrontare un campo aperto, globale e uguale per tutti. Senza dubbio il mondo di oggi si trova in un momento difficile da capire e da gestire. In ogni epoca, milioni di persone si trovano a fare i conti con quello che è stato lasciato dal passato. È la storia della vita, quando capita di venire in possesso di un’eredità enorme. Non hai fatto nulla per averla. A quel punto, puoi scegliere cosa fare per chi domani dovrà raccogliere la tua eredità. Voi avete la grande occasione di mettere quello che siete, i vostri sogni e le vostre qualità in questo progetto, per creare un domani esattamente come lo volete. La forma e il significato della società del futuro dipenderanno dai vostri ideali, dal vostro modo di pensare e di agire. L’uomo che segue il proprio comodo è condannato a vivere in una prigione che si è costruito da solo, dove i muri sono troppo alti e troppo spessi per far passare l’aria o vedere la luce. Chi guarda solo a se stesso non sarà mai una persona libera perché non ha altro spazio se non quello limitato e fragile di uno specchio. La vera libertà esiste solo nell’impegno. Penso che questo sia anche il senso del titolo del vostro meeting, che richiama molto da vicino quello che lo stesso Hegel disse sulla natura umana: “Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione”. Credo che sia anche l’unico modo per trovare una realizzazione personale e dare un significato più profondo alla nostra vita. Nel seguire la propria strada, la responsabilità di ogni individuo, di ognuno di noi, è enorme. Circa 500 anni fa, Niccolò Machiavelli, ci ha offerto questo spunto: “Il ritorno al principio è spesso determinato dalla semplice virtù di un uomo. Il suo esempio ha una tale influenza che gli uomini buoni desiderano imitarlo e quelli cattivi si vergognano di condurre una vita contraria al suo esempio”. Se c’è un segreto nella Fiat di oggi, è proprio questo: abbiamo avuto la fortuna – e forse anche la capacità – di costruire un’azienda di uomini e donne di virtù. Sono persone che sentono il peso della responsabilità di ciò che fanno, che agiscono con decisione e coraggio, che non si tirano indietro quando si tratta di dare il buon esempio. Sono persone che sanno che solo una condotta morale può assicurare merito e dignità a qualunque risultato. Questo è l’augurio con cui vorrei lasciarvi. A prescindere dalla strada che sceglierete, auguro a ognuno di voi di diventare come la persona descritta da Machiavelli, uomini e donne di virtù.
mercoledì 25 luglio 2018
Toninelli, Toninelli!
martedì 24 luglio 2018
Niente foto, solo emozioni
Basta selfie, pose, inquadrature al tramonto, basta primi piani, artistiche riprese di bellezze nostrane!
Occorre far galoppare la fantasia, rincorrere il dettaglio descrittivo verbale. Perché continuare a scattare, a perdersi la diretta di qualsiasi avvenimento con il motivo a volte demenziale di "avere un ricordo da sfogliare a casa, magari d'autunno, soli, senza beltà attorno, ritrovandosi a frinire, lacrimando, su attimi sfuggiti?"
Cercherò di autolimitarmi l'immagine, lasciando alla mia memoria, già imbolsita, di rinvangare attimi, emozioni papillari, profumi scorrazzanti in sinapsi. E se un giorno me li dimenticherò, pazienza! M'innervosisco infatti a vedere attorno a me tantissimi miei simili inforcare lo smartphone per immagazzinare immagini levando alla diretta, all'emozione dell'attimo, la fragranza propria del vivere un qualsiasi momento confezionato dal presente già storia, come un piatto speciale da consumare nel confine-istante, vacillante verso i ricordi.
E allora vi trasmetto foto-mnemoniche della breve vacanza in Puglia: due signore in una spiaggia libera del Salento, avvolte da un mini ombrellone, chinate quasi sull'arenile: una sensazione di tristezza perché stavano quasi aggrappate l'un l'altra, in quello spazio-ospizio, in silenzio, attendendo chissà cosa, sguardi lontani, forse erano madre e figlia, mai una parola tra loro, solo la costante ricerca dell'ombra, una sorta di eliofobia esasperata. Tristezza nel ricordarle: il mini ombrellone, quasi ombrellino, sarà stato alto non più di un metro e mezzo, di tonalità azzurro grigio; le due donne non erano completamente in costume, avevano dei camicioni di cotone celanti i loro corpi logori; sono stato su quella spiaggia per almeno un'ora e mezza: mai viste scambiarsi un cenno, un commento, una parola a mezz'aria. Parevano costrette da chissà chi a rimanere in quella sofferenza, i loro volti erano maschere di cera, gli occhi puntavano verso l'infinito nell'attesa di qualcosa che gli fremesse le ciglia, di un diversivo mai arrivato, almeno sino a quel momento. Ogni tanto la più anziana cambiava posizione, rimanendo magistralmente dentro l'elisse d'ombra, che il moto del sole striminziva in continuazione, quasi avesse raccolto la sfida. Non guardavano nulla accanto a loro, quasi smaniavano nella speranza che l'orologio accelerasse sfidando leggi fisiche. Intorno la vita di spiaggia si srotolava senza alcun cenno di attenzione verso questa eclatante sofferenza.
(1-Continua)
Inspirare!
Un racconto per sperare
Epistolario
lunedì 23 luglio 2018
Da Capalbio con fetore
Ci voleva un'inchiesta di un giornale di destra, il Tempo, per confermare quello che si sospettava da parecchio: nella spocchiosa Capalbio, frequentata da coloro che vivono di blaterate sinistrorse, adepti di un oramai inverecondo radical chic, l'accoglienza è una parola che si accosta per di più agli inviti alle verticali di Krug.
La finta rifugiata ha raccolto infatti solo 11 euro e tanti insulti. Complimenti pensatori del bla-bla!
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