giovedì 13 luglio 2017

Interessante, illuminante...


Lo evidenziai già tempo fa. 

Se cliccate qui Lampadina centenaria vi collegherete al sito dei pompieri di Livermore (California) e vedrete in tempo reale la lampadina più longeva al mondo, accesa dal 1901.

Silvia Morosi e Paolo Rastelli sul sito del Corriere della sera a questo indirizzo Articolo pubblicano un articolo molto interessante sulla cospirazione mondiale delle lampadine che, come sottolineano gli stessi autori, non è frutto di qualche mente malata tipo scie chimiche, ma una verità supportata da prove e che, per certi versi ed in modalità molto più costose per noi, rientra nel mefitico piano, molto nascosto e velato a noi poveri mortali, che potremmo riassumere in due parole: Obsolescenza Programmata.

Ma torniamo alla lampadina accesa da più di cent'anni: fu costruita nella fabbrica di Shelby il cui direttore all'epoca era Adolphe A.Chaillet, un francese emigrato negli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento e che si è portato nella tomba il segreto di queste lampadine eterne. 
Sappiamo che il filamento è di carbonio e non di tungsteno, riempito di gas inerte, come fece la General Eletric dal 1913 sui modelli nati da un brevetto a lei riconducibile e che assicuravano più durata. 
Già la durata! 
Fu proprio questo il problema sorto negli anni Venti. I grandi produttori di lampadine si riunirono nel 1924 e dettero vita al Consorzio Phoebus il cui scopo fu quello di ridurre la vita delle stesse, per poterne venderne di più.
E se ora con l'avvento dei led, la longevità delle lampadine non è più un problema, che dire dell'Obsolescenza Programmata riversata in altri campi del consumismo?
Che dire dei fantomatici chip, annientanti dopo un certo tempo stampanti, pc, tv, auto e quant'altro?
Favole? Fobie?
Ricordiamoci sempre che siamo chiamati da questa era a consumare sempre più, per non sentirsi colpevoli dell'arretramento dell'economia della nazione. Il famigerato Pil deve crescere, continuamente, inesorabilmente. Gli altri, coloro che dirigono attraverso il loro pingue portafogli le nostre coscienze, spasimano nella nostra arsura ad avere due, tre cellulari, televisioni sempre più moderne, per visionare programmi stordenti, cucine, frigo, auto e, visto che sono posseduti, discretamente, silenziosamente, studiano robot sempre più tecnologici per estirpare lavoratrici e lavoratori, per un lucro portato agli altari sommi di una deificazione creante sempre più disoccupati i quali, come un cane che si morde la coda, saranno impossibilitati a breve nell'acquisto schizofrenico di altre cianfrusaglie, programmate per durare un tempo sempre minore. 
Dalla nostra cervice intanto, lor signori, ci hanno già tolto una parola, spettro per le loro anime: riparazione. Giammai sia che ancora qualcuno di noi la pronunci in luogo pubblico! Quello che si guasta, per usura e, forse, progettazione, va sbattuto via! La frase "non conviene ripararlo, fa prima ad acquistarne uno nuovo" è il dogma di questa mortifera ideologia, con pochi vincitori e molti, moltissimi sconfitti. Sostanzialmente però felici. Felici di aprire l'ennesimo debito in cambio di un buffetto tecnologico, calmante l'ansietà di non concorrere all'innalzamento del dio Pil. 

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