mercoledì 5 maggio 2021

Coccodrillandia

 

Coccodrilli di tutto il mondo miagolate! Attendiamo grevi commenti e tanta tanta costernazione, il solito scioperetto e che chi dovrebbe controllare continui a fare la Settimana Enigmistica! Riposa in pace Luana!
Ventidue domande su quelle vite ingoiate dagli ingranaggi
di Stefano Massini
Nel 2021 si può morire a 22 anni fagocitati da un telaio? La risposta è sì, ed ha un nome e un cognome, Luana D’Orazio, morta in una fabbrica tessile in provincia di Prato. Questo il fatto: ci sono due operai, stanno lavorando, a un tratto uno di loro si gira e scopre che la giovanissima collega non c’è più, è stata inghiottita dalla macchina.
E poi? Poi basta. Semplicemente, abbiamo nel terzo millennio un essere umano risucchiato dentro un macchinario, come 85 anni fa avveniva a Charlie Chaplin nella celebre sequenza di "Tempi moderni".
Ecco, il punto è proprio questo, i tempi moderni evidentemente non sono moderni per tutti, e la tecnologia diventa high solo quando conviene, solo quando alimenta il fatturato, solo quando impreziosisce il brand sui depliant o sulla homepage, in sintesi solo quando la posta in palio è percepita come vitale, laddove sul posto di lavoro la tutela della vita non è vitale (il gioco di parole è voluto). E allora io quest’oggi mi asterrò da commenti ulteriori, preferendo dare forma scritta a una serie di domande a cui gradiremmo avere risposta.
Tanto per cominciare, se perfino i Vigili del Fuoco hanno impiegato del tempo a estrarre il cadavere dall’orditoio, come è possibile che un’operaia venisse esposta, da sola, a un simile rischio? A quando risale l’ultimo controllo sui macchinari? E perché la macchina non si è fermata appena ha percepito un corpo (sì, un corpo) estraneo?
Perché non esistevano meccanismi di allarme? Perché non c’erano fotocellule? Perché mancavano telecamere? Perché non c’era un blocco istantaneo d’emergenza del telaio, azionabile da chi ci lavora?
Come è possibile che in presenza di un tale rischio nessuno controllasse il ciclo produttivo? Come accettare che anche oggi si parli di "valutare se si sia trattato di un errore umano", ignorando che la sicurezza sul lavoro deve preservare soprattutto da quelli? I dipendenti dell’azienda erano consapevoli del pericolo? Luana aveva ricevuto adeguata formazione sull’uso dell’orditoio?
Visto che gli ultimi mesi di pandemia sono trascorsi nel segno della sicurezza sanitaria sul posto di lavoro, qualcuno mi illumina sul perché, nel frattempo, continuiamo a sommare morti su morti per scarsa manutenzione? Cioè si controllava che Luana indossasse la mascherina, senza badare che fosse esposta a finire in pasto a un ingranaggio meccanico? Il concetto di salute vale solo per il virus killer o anche per il telaio killer? Chi controlla che le regole anti-Covid (ad esempio il distanziamento fra le postazioni) non influiscano sui protocolli di sicurezza? Possiamo ricevere rassicurazioni che gli ispettorati del lavoro non abbiano minimamente diminuito i controlli a causa della pandemia? Quanto ha inciso la crisi di fatturato del Covid sugli investimenti in sicurezza? Dal momento che le autorità e le istituzioni si sono puntualmente indignate per la "barbara" morte di Luana, potremmo sapere cosa faranno di concreto oltre a indignarsi?
Aggiungo che l’espressione "morti bianche" si deve al fatto che mancherebbe il criminale braccio armato dell’assassino: ma siamo così certi che davvero non ci sia un colpevole? Vogliamo continuare a chiamarle morti bianche mentre sono molto rosse? E infine: possiamo sperare che nella nuova era del Recovery Plan ci siano contributi urgentissimi per mettere in sicurezza chi lavora? Esiste altra priorità? È la domanda più importante di tutta questa lunga lista, composta non a caso di 22 punti interrogativi, tanti quanti erano gli anni non solo di Luana D’Orazio, ma anche di Sabri Jaballah, morto il 2 febbraio sotto una pressa, sempre in provincia di Prato, sempre in una fabbrica tessile. No comment.

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