martedì 19 gennaio 2016

Caos


Vengono le crisi onnivore, vengono ansia, impotenza. Viene tutto addosso quando mancano certezze. 
Notizie per sapere se vi siano miglioramenti per una persona per bene che sta lottando, magnificamente, nei meandri di "bastardi" sconosciuti, fino a lunedì scorso di proprietà di "altri" e conseguentemente lontani, non appartenenti alla tua cerchia ristretta di affetti, non ve ne sono. 

Allora che fare?

Verrebbe voglia di gridare al fato, alla sorte bastarda. 
Invece mi rifugio nella preghiera, assillante, molte volte asfittica, permeata da dubbi, domande, richieste, intercessioni fini a se stesse. 
Chiudo la camera, m'affogo di qualunquismi, maledizioni alle iatture, capestri pendenti dalla camera. 

Che fare? 

Già, l'attesa. Sconfinata prateria ove tutto ritorna maleodorante, ove il domani non è certezza, ove quesiti irrisolti da millenni s'accomodano in poltrona, tronfi e sicuri dell'irresolutezza. Non se ne vanno manco quando imploro il Signore della Vita!

Che dire? 

Come concertare ansie e terreni paludosi con la certezza dovuta alla storia personale pregna di cattoliche convinzioni? 
Cerca la semplicità mi dicono! 
La cerco, ma a fatica l'intravedo lontana, nei monti delle terre nere mai frequentate per presenza di adipe in coscienza. 
Sapessimo detergerci i sentimenti, riportare il fulcro dell'alito vitale dentro le spesse coltri devianti, saremmo in grado di discernere, di godere dell'indissolubilità dei doni dello Spirito! 

Sono umano più di tanti, fallace, inconcludente, sciatto, acquoso. 
Leggo parole vitali, le assaporo, le ingurgito, le faccio mie. Scopro che dai monti, solo alzandosi, qualcosa di reale s'intravede tra i fumi di questo vivere malsano, artefatto, irriguardoso verso chi soffre, chi spasima per un nuovo respiro, chi arranca inconsapevole nel gelo generato dall'inettitudine malcelata dietro a conflitti, scontri, potere, avidità.
Signore illumina questo mondo, illumina questi cuori, illumina questo chiarore senza senso, generato dall'idea nefasta di noi poveri somari indaffarati nel nulla, spazzati dai rovai di dubbi eterni (cit. Guccini) ingarbugliati nel srotolar doni, incombenze, tendenze, scissioni, pianificazioni innaturali. 
Insomma: l'umanità, l'umano, io t'imploro: porta la Luce, porta il Senno, porta l'Architrave, porta il cuore ad emozionarsi ancora, a sperare, a cercare bellezza e fibrillazione.
Porta l'Alba, il Chiarore, le striature del cielo che fan brillar pupille assonnate dall'ovvietà imperante. 
Porta tutto questo vicino. 
Palpabile. 
E, possibilmente, secondo il tuo volere, fallo star bene.
Grazie. 

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