Se fra duecento anni qualche ricercatore volesse fotografare
con una parola la crisi morale di una nazione baciata dai mari, bella ma
sfigurata da una stirpe di ribaldi rimasta al potere per decine di lustri, tra
i quali alcuni ancora forse in vita con identità camuffate come ad esempio un
ex musicante su navi da crociera divenuto miliardario e puttaniere, indagato,
condannato, risorto innumerevoli volte e con una dozzina di mogli e fidanzate
che lo accudiscono a caro prezzo, lo studioso potrebbe riassumere lo sfracello
morale e repressivo in un unico ed onnicomprensivo termine: Alitalia.
Hangar oltre che di aerei di "amici degli amici degli
amici degli amici" di chiara matrice romanesca, deposito sconfinato di
sconcerie finanziarie, museo degli orrori di imprenditori solo di facciata,
veri Mister Hyde nella realtà vampiresca intenta a depredare risorse pubbliche
a fini e scopi di arricchimento privato, la società di bandiera dello stato
banderuola ha accumulato debiti forsennati aventi funzioni di accalappiatori di
voti, di consensi, di sottoboschi illegali.
Nel 2008 sarebbe finita dignitosamente in mani francesi se
non fosse stato per un omuncolo che al grido patriottico finto come i suoi
capelli, attraverso una manovra che se si perpetrasse durante una tranquilla
giocata al Monopoli, provocherebbe l'arresto degli ignari e festanti
partecipanti, ha fatto sparire debiti per quattro miliardi dentro una nuova
società finita sulla schiena statale, cioè nostra, per portare il poco di buono
rimasto, pur in stato vegetale, nelle mani di un signore che se nuotasse nelle
acque australiane di Fraser Island provocherebbe le ire ambientaliste a tutela
degli innumerevoli squali presenti per il loro rischio estinzione, in quanto spauriti pesciolini al cospetto
di tal Roberto Colaninno, un uomo abituato a razzie, vedi Telecom, con acquisti
di società il cui debito per l'acquisizione viene subito scaricato sulla stessa
e le cui azioni vengono gonfiate di prezzo al fine di "tonnare"
allocchi nazionali e le stesse, una volta acquistate dal popolino, vengono
rivendute dai nobili soci acquirenti che incassano a loro volta il guadagno,
scaricando costi e perdite sull'ignaro piccolo azionista che crede ancora che
il mondo borsistico non sia una Chigago anni '30.
Alitalia, dopo aver pagato oneri immensi ad amministratori
scaltri e senza scrupolo, dopo aver assunto personale in proporzioni indegne,
sino a pochi giorni fa credeva di aver trovato in Etihad il classico arabo
amante dei luccichii, degli addobbi, da sviare e confondere magari con
abbondante presenza gnoccosa per riottenere un viatico di qualche anno, al fine
di proseguire nello spendere e spandere contro ogni logica economica, all'ombra
appunto dei petrodollari benedetti.
Non è così: sfoltire di 3000 unità, immunità su perdite
precedenti e su eventuali contenziosi ma soprattutto ingresso dentro la società
che gestisce Fiumicino, di proprietà dei pecorari laniferi trevigiani, inoltre
nuova vitalità a Linate ed addio all'aeroporto di Varese, Malpensa.
Hai capito questi arabi! Mettono i soldi e vogliono anche
guadagnarci! E Lupetto Lupi già con le braghe calate al ginocchio che continua,
in una classica ottica ciellino-rilassante, a rassicurarci dicendoci che tutto
procede a gonfie vele... per Etihad!
Mi aspetto da un momento all'altro però l'arrivo del Grullo
in versione pilota che, con un panegirico "intortante" di qualche
ora, prometterà il saldo di tutto il debito di Aitalia in un mese, il suo
rilancio in due, e l'acquisto di Lufthansa in tre, il tutto tra gli applausi
sinceri degli arabi, molto amanti della commedia grottesca italica.
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