mercoledì 11 settembre 2024

Un Micron indisponente

 


Democrazia abolita:che genio, Macron

GUARDIANO NEOLIBERISTA - Ha fatto strame delle regole per sbarrare il governo a Mélenchon e alla sinistra. Ma il più scarso politico d’Europa piace a tutto il nostro establishment blasonato e alla stampa padronale

di Daniela Ranieri 

Essendo Macron il più scarso politico d’Europa dopo Renzi e uno dei peggiori mai comparsi in Francia compresi Sarkozy e Luigi XVI di Borbone, non poteva non piacere a tutto il nostro establishment blasonato e ai nostri giornali padronali.

Come non amare l’unico leader europeo che, poiché la strategia Usa-Ue nella guerra per procura contro Putin sta andando così bene, vuole rilanciare mandando truppe Nato in Ucraina?

Ora Macron, arrivato secondo alle elezioni volute da lui per farsi spiegare bene dai francesi che tra lui da solo e i fascisti preferiscono i fascisti, ha nominato primo ministro Michel Barnier, esponente di Les Républicains, il partito di destra arrivato ultimo alle elezioni col 6,5% dei voti. Da noi è partita la corsa a elogiarne la lungimiranza e l’astuzia; persino uno come Barnier, una specie di Tajani francese, diventa praticamente Churchill. L’operazione necessita della concomitante demolizione di chi le elezioni le ha vinte; non il Rassemblement National di Le Pen, che è arrivato terzo e pure guadagna seggi, ma il Noveau Front Populaire, l’unione delle sinistre capeggiate da La France Insoumise di Mélenchon, arrivato primo.

In Francia, tradizione vuole che il primo ministro venga scelto fra gli esponenti del partito o della coalizione che vince le elezioni; siccome la candidata delle sinistre era Lucie Castets, Macron voleva nominare l’ex premier socialista Bernard Cazeneuve; al diniego di Mélenchon, Macron – sostenuto da tutti i Buoni d’Europa – ha avuto gioco facile a nominare Barnier, esponente di un partito che ha fatto eleggere 47 parlamentari contro i 193 della sinistra, il quale Barnier, tra l’altro, non ha mai preso posizione a favore del Fronte Repubblicano voluto da Macron per battere Le Pen, ciò che autorizza Mélenchon a dire che “questo è il governo di Macron e della signora Le Pen”, la quale Le Pen è infatti contentissima della sua nomina, almeno quanto sono contenti i nostri politici e giornali “moderati”: bizzarro, no?

Per Repubblica, che da mesi sostiene “la battaglia di Macron per fermare Le Pen” (s’è visto) e tifava per “il Draghi francese” a capo di un bel “governo tecnico à l’italienne”per fregare la sinistra, il presidente francese è un alacre statista che “scioglie finalmente il rebus della nomina del nuovo premier” (era un rebus, non un atto dovuto al popolo) e “si affida a un uomo di esperienza venuto dalla destra gollista”. Neutralizzati gli straccioni di Mélenchon, ecco Barnier, anzi “Mr. Brexit” (è stato capo negoziatore Ue per la Brexit), uno che darà “stabilità” alla Francia.

Per il Foglio Barnier, un “montanaro, uno che viene dalla Francia profonda e non dal solito microcosmo parigino” (non è un radical chic della gauche caviar, insomma), è “l’uomo scelto dal presidente della Repubblica per guidare il prossimo governo e garantire quella stabilità di cui la Francia ha bisogno come l’aria”. Già a giugno Ferrara stigamatizzava “la Francia che odia Macron, un popolo da psicanalizzare”; invece bisogna amare Macron, come bisogna amare Renzi, cioè gli arroganti perdenti. Infatti Renzi va in giro per le corti saudite e le tv europee a dire che “Macron ha vinto la sua scommessa”, ripetendo a pappagallo un titolo del Foglio, “Macron ha vinto la sua scommessa per salvare la tenuta repubblicana”, infatti, dopo aver perso le Europee, in patria ha perso 86 seggi, Mélenchon e Le Pen ne hanno guadagnati rispettivamente 49 e 53.

Il Corriere, che da mesi tifa per la neutralizzazione del Nuovo Fronte popolare (il 19 luglio titolava “La macronista batte il comunista”: Braun-Pivet è stata eletta presidente dell’Assemblea nazionale coi voti della destra gollista, operazione utile a frenare “il blocco che è arrivato primo”), oggi dà una bella strigliata a Mélenchon, colpevole di aizzare la piazza: “L’incarico di premier finalmente conferito al vecchio signore della destra (sic, ndr) Barnier indigna e esalta il tribuno di sinistra (sic, ndr) Mélenchon… che ieri pomeriggio è salito sul Tir scoperto in mezzo al corteo di Parigi per gridare insieme alla folla il nuovo slogan: ‘Macron destitution!’”. Ma non basta ritrarlo come un gilet giallo o un trattorista, bisogna deriderlo e umiliarlo: “Neanche nei suoi sogni più sfrenati Mélenchon avrebbe immaginato un’occasione simile – incarico a Barnier, esponente di un partito arrivato quarto – (e che sarà mai, ndr), per dare finalmente corpo alla sua voglia di insurrezione”. Il facinoroso non aspettava altro che il tradimento del voto popolare per salire sui Tir e spolverare la ghigliottina. Ci pensa il Corriere a rimettere a posto il picchiatello che dietro alla saggia decisione di Macron vede un “colpo di mano”, anzi addirittura “di Stato”.

Mélenchon non capisce che la democrazia è abrogata se le elezioni non rispecchiano i desideri delle élite economiche, e che se il popolo vota male basta ignorarlo, pratica in cui noi siamo maestri. Castets avrebbe fatto entrare i mercati nel panico, e sicuramente toccato la riforma delle pensioni su cui Macron ha perso la dignità, ma non il potere; Barnier offre la garanzia di non toccare la politica economica neoliberista che impera in Europa, e firmerà una Finanziaria 2025 ancora più severa sulla spesa pubblica, come piace ai sadici patrizi europei, rassicurando Bruxelles che ha avviato una procedura per deficit eccessivo contro la Francia.

Come i più avveduti hanno intuito da tempo, infatti, il vero avversario comune dei neoliberisti e del cosiddetto centro non è l’estrema destra, ma la sinistra. Da noi, i veri nemici del blocco borghese sono i 5Stelle. Perciò far cadere il governo Conte durante una pandemia per far posto a Draghi, operazione di cui esecutore è stato un politico cinico e inaffidabile come Renzi, è parsa una cosa buona e giusta ai nostri giornali d’establishment. Gli opinion leader padronali si sono fatti andare bene anche la Meloni (una “fuoriclasse”), anche se si ostina a non dire che è antifascista come loro desidererebbero per lavarsi la coscienza; l’importante è che sia supinamente atlantista, bellicista, contraria al Reddito di cittadinanza e amica del Sistema, dopo anni passati a vendersi come nemica delle élite sovranazionali. La politica economica di riarmo e di tagli alla Sanità e al welfare va tutelata a ogni costo. A questo serve il potere: non a rappresentare il popolo nelle sue varie estrazioni, ma a fare da cassaforte al Capitale, che deve stare al sicuro da gente come Conte e Mélenchon, protetto dai cani da guardia dei giornali.

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