Guardando ieri sera PiazzaPulita, il programma di Formigli su La7, è riemerso nuovamente attraverso un'inchiesta, lo sfruttamento, meglio chiamarlo con il suo nome vero: schiavismo, di persone straniere in grotte e scantinati trasformati in laboratori, per cucire e preparare capi di abbigliamento, venduti successivamente a prezzi decine di volte superiori, dalle auree case di moda del nostro meraviglioso e, a volte, famigerato Made in Italy.
Sfugge a noi comuni mortali, capire come si possa schiavizzare esseri umani in virtù e nel buon nome del bello. Siamo gli stessi che, coglionamente, gioiamo nell'acquistare ninnoli imposti dal subliminale a prezzi stratosferici, sfanculando ragione e decoro, in nome della moda, ennesima forma maniacale di questo millennio atta a sfruttare la nostra labirintite psichica che ci porta ad acquistare cellulari, camice, scarpe e quant'altro pagandoli a peso d'oro e permettendo a pochi tacchini d'infarcirsi sempre più. È un giro vizioso oramai senza scampo, attanagliante e fuorviante che ci ottenebra mente e coscienza, escludendo il disprezzo per il continuo sfruttamento di molti. Chi dovrebbe controllare, magna. Chi dovrebbe rifiutare il prodotto insanguinato, acquista. Chi dovrebbe seguire un decoro imprenditoriale, schiavizza. Non si sa in nome di chi, non si intravede un valido motivo o una tendenza ad invertire questo scempio umanitario, storditi come siamo da una soccombente pubblicità onnivora. Siamo in mano di pochi, confusi e rassegnati, al punto che riusciamo a lasciar passare quasi inosservato, ad esempio, il continuo martirio che avviene in Qatar per la preparazione dei Mondiali di calcio del 2022, dove bengalesi, indiani e pachistani muoiono per caldo o incidenti vari, ma che mi vedranno lo stesso, a Dio piacendo, spettatore entusiasta, avvolto da questa solita cappa obnubilante, dove bello equivale a costoso e faraonico.
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