Se il dito indica Ghiglia voi guardate Bocchino
DI DANIELA RANIERI
C’è un personaggio laterale nella vicenda del membro dell’Autorità garante per la privacy Agostino Ghiglia che si reca con l’auto di servizio nella sede di Fratelli d’Italia il giorno prima che alla trasmissione Report venga comminata dal Garante stesso una multa esorbitante di 150mila euro per aver diffuso una telefonata tra l’allora ministro della Cultura Sangiuliano e sua moglie, ai tempi dell’affaire Boccia: quel personaggio è Italo Bocchino. Chi guarda i talk-show lo sa: Bocchino è l’ospite-simulacro ideale del governo, quello che gli autori chiamano quando c’è da difendere l’indifendibile o quando qualcuno della maggioranza Meloni, se non Meloni stessa, l’ha fatta talmente grossa che una difesa nei suoi confronti esporrebbe chi la esercita a un immediato crollo di reputazione. Per questo si invita Bocchino: provocatore patentato, sempre sul filo della querela, mentre si dice giornalista, e quindi in teoria imparziale, in tv fa palesemente un altro lavoro: ora capro espiatorio, ora rivendicatore ufficiale, ora rivoltatore di frittate. Non che altri siano più imparziali di lui, pensiamo a chi veicola la propaganda di guerra euro-atlantista; ma nel caso dell’ex militante missino la smaccata faziosità è molto più di un requisito professionale: è una qualità virtuosa, persino atletica, che definisce il suo ubi consistam opinionistico.
Ebbene, Bocchino in questi giorni viene intervistato in quanto alibi umano di Ghiglia: trovandosi la redazione del Secolo d’Italia, che Bocchino dirige (finanziato con fondi statali, il quotidiano è stato negli anni il refugium peccatorum di molti politici di destra “trombati” alle elezioni), sullo stesso pianerottolo della sede di FdI (a proposito di imparzialità), Ghiglia ha potuto sostenere di non essersi giammai recato a concordare con la sorella di Giorgia Meloni, Arianna, la bastonata da rifilare a Report, ma appunto a parlare con Bocchino di un libro che a quanto pare costui deve presentargli a breve, libro che tuttavia non è ancora uscito (ha raccontato tutto Thomas Mackinson). Sorvoliamo sull’intervista camminata che Ghiglia ha “concesso” all’inviata di Report Chiara De Luca, in cui di fronte alla domanda: “Lei ha scritto in una mail che l’indomani avrebbe visto Arianna? L’incontro serviva a sistemare Report per la presunta violazione della privacy di Sangiuliano?” Ghiglia ha sfoderato tutta l’arroganza, l’impunità e la strafottenza mascherata da cortesia che da sempre contraddistinguono chi si sente potente, con un maschilismo e un paternalismo nei confronti della giornalista squisitamente odiosi (“mi faccia parlare con Sigfrido Ranucci”, quando era in difficoltà), perché qui appunto il personaggio rilevante è quello secondario, cioè Bocchino. Il quale non ha alcun problema, anzi, a incarnare ciò che nella vicenda di Garlasco è lo scontrino di casa Sempio, cioè la prova che se Ghiglia è stato 20 minuti a parlare con lui, non poteva essere contemporaneamente nell’ufficio di Arianna ad architettare ritorsioni contro Ranucci; e Ghiglia non avrebbe potuto trattare la questione con Bocchino, che vanta una “amicizia da anni” con lo stesso Ranucci. Begli amici… E che si va a inventare, Italo? “È stato il Pd che ha sanzionato Ranucci”, ha detto al Corriere, perché il presidente dell’Autorità è stato indicato dal Conte-2: incredibile.
Ma Bocchino è abituato; tempo fa la sua tesi era che il vittimismo della Meloni è stra-giustificato, perché l’Italia è di destra contro le bugie della sinistra, come da titolo del suo libercolo presentato alla GNAM (coi dipendenti che si ribellano e la direttrice che li segnala al ministero della Cultura: manco l’Ovra), e a riprova che siamo a un passo dalle gambizzazioni cita le 697 pratiche di diffamazione da lui intentate contro pericolosi utenti dei social, querelati con richieste di risarcimento a infornate multiple da agenzie a ciò preposte. Uscito di scena Sangiuliano a causa della sua stessa vanità, è a Bocchino che spetta il ruolo di costruttore dell’egemonia culturale di destra, che prevede la denuncia costante di tutti gli abusi, le minacce e l’odio che loro sono costretti a subire dalla sinistra, persino nel momento in cui un’Autorità di controllo nata per tutelare la privacy dei cittadini bastona una trasmissione della tv pubblica il cui conduttore ha appena subìto un attentato sotto casa con una bomba che ha distrutto la macchina di sua figlia. E se il governo usa figure e istituzioni di rilevanza pubblica per tutelare interessi privati, non c’è un problema di democrazia? (Sta’ a vedere che per una volta aveva ragione Schlein). E Italo, quando torna a casa dopo Otto e Mezzo e posa le chiavi all’ingresso, non si vergogna? Nel senso: non pensa mai “ma come sto buttando la mia vita, a forza di sostenere opinioni che nessuna persona mediamente rispettosa di sé esprimerebbe, nemmeno per tutto l’oro del mondo, e per di più gratis!”?
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