mercoledì 8 maggio 2024

L'Amaca

 

Il protocollo delle dichiarazioni
DI MICHELE SERRA
Esiste un vero e proprio protocollo della dichiarazione politica sui fatti giudiziari.
Primo punto, uguale per tutti: si esprime fiducia nella magistratura. Secondo punto, uguale per tutti: si dichiara di non voler commentare gli atti giudiziari.
Terzo punto, sempre uguale per tutti: si commentano gli atti giudiziari. Quarto punto, diversificato: se l’inquisito o il condannato è della tua parte politica, esprimi perplessità su modi e tempi dell’inchiesta; se è della parte avversa, denunci la gravità dello scandalo e ne chiedi le immediate dimissioni.
Quinto punto, ancora uguale per tutti: denunci con sdegno il comportamento degli avversari politici, che hanno la pessima abitudine di accanirsi contro le grane giudiziarie del nemico e di considerare irrilevanti quelle dell’amico. La stessa precisa critica potresti rivolgerla a te stesso, per simmetria, ma non lo fai perché ti manca il tempo materiale per ragionare su quello che stai dicendo e capire che non è possibile rimanere inchiodati a parole così risapute, così ovvie che prima ancora di aprire bocca chi ascolta sa già quello che stai per dire.
Ecco, quest’ultima terribile cosa (chi ascolta sa già quello che stai per dire) basterebbe da sola, se fosse percepita, a cambiare radicalmente il linguaggio politico.
Ci si sforzerebbe di essere almeno un poco sorprendenti, almeno un poco inediti.
Basterebbe uno scarto di pochi centimetri per spalancare intere praterie.
Per esempio, esordire dicendo: “Piuttosto che dire le cose che vi aspettate che io stia per dire, non dico niente. Ne approfitto per salutare la mamma a casa”.

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