Elezioni. Fatta l’Europa, convinciamo gli europei (magari a non scappare)
di Alessandro Robecchi
Credo di esprimere un sentimento diffuso se dico che le imminenti elezioni europee creano un entusiasmo paragonabile alle gare di hockey su prato, e lo dico con tutto il rispetto possibile per una cosa importante, seppur di nicchia, come l’hockey su prato.
Anche prestando qualche attenzione al cosiddetto dibattito politico, la cosa è piuttosto deprimente. Provate voi, per esempio, a seguire gli arabeschi, che so, di Giorgia Meloni. Prima si avvicina al Ppe, litiga con Le Pen, Salvini lo tirerebbe sotto con la macchina, flirta con la signora Von der Leyen. Poi – contrordine patrioti – torna a parlare agli spagnoli di Vox, che sono leggermente più a destra del generalissimo Franco, e fa comunella con quella Le Pen da cui si dissociava tre giorni prima. La sora Giorgia si sforza di sembrare parecchio atlantista e si fa dare i bacini in testa da Biden, però non nasconde la sua simpatia per Orbán, che pare più amico di Putin. Insomma, anche un camaleonte avrebbe qualche difficoltà a mimetizzarsi nelle posizioni europee dei patrioti italiani, che infatti continuano a confondere la gente parlando di pastasciutta nello spazio (il cognato) o lottando a mani nude contro i dinosauri (il ministro dell’Istruzione e del Merito, ah ah) o della feroce dittatura comunista che c’è stata in Italia (non si sa quando, forse ai tempi dei dinosauri, e questo è il ministro della Cultura, sic).
Insomma, tutto ’sto tira e molla pare non aver spiegazione, se non quella di creare un giorno un’alleanza di centrodestra in Europa, portando il Ppe ad allearsi con la parte destra invece che con quella sinistra (che, en passant, sarebbe di sinistra come io sono frate trappista) e poi contrattare il debito pubblico italiano, che tanto per cambiare aumenta. Insomma, tutta la fumosa politica di Giorgia detta Giorgia di fronte alle elezioni europee è che punta a uno sconto. Questa mobilità giorgesca tra destra moderata e destra estrema, punta anche a bastonare i suoi alleati e a trasformare le elezioni europee in una specie di referendum su di lei. Da una parte, infatti, c’è Salvini, che tappezza le città italiane dicendo che lui difenderà la nostra casa e la nostra macchina, tipo polizza cristalli. Lui punta tutto su Vannacci, il che è già satira politica, e gli piacciono i tedeschi dell’Afd, quelli che rilasciano pensose interviste per dire che insomma, le SS non erano poi brutte come le si dipinge. Dall’altra parte c’è Tajani, con un appeal rispetto al quale l’hockey su prato sembra la Champions League, e che campeggia sui muri italiani in una bella foto che lo ritrae insieme al defunto Berlusconi, per dire di quanto è vivo il progetto.
Si dirà che c’è anche una sinistra, che partecipa alle elezioni europee, e la prima reazione a questa notizia è: “Ah, sì?”. Anche qui c’è un rischio labirintite, perché si può scegliere a catalogo, nel mazzetto dei candidati, tra chi parla di pace e chi tirerebbe i dadi urlando: “Attacco la Kamchatka!”, che sennò Putin arriva a Lisbona. Si vorrebbe più Europa, insomma, pare che si intenda più soldi per le armi, mentre di sanità o welfare si parla pochissimo, quasi zero, perché è una cosa démodé e i liberali si incazzano. Si dice che andrà a votare un elettore su due, il che è brutto e deprimente, non un bel segnale per la democrazia, eccetera, eccetera. Anzi, per portarci avanti col lavoro potremmo anticipare i titoli dei giornali del 10 giugno quando tutti si stupiranno che alle elezioni europee mancava la metà degli europei. Chissà perché.
Nessun commento:
Posta un commento