venerdì 29 agosto 2025

L'Amaca

 

L’applauso generalista
di MICHELE SERRA
Mi chiedo sempre, ogni anno da molti anni, da cosa dipende l’applauso indiscriminato che il Meeting di Rimini riserva a chiunque governi (avrebbe una cordiale accoglienza anche Gengis Khan). C’è un’ipotesi fausta: quell’applauso dipende da un lodevole sentimento di ascolto, molto cristiano, che in politica genera un atteggiamento super partes decisamente anticonformista in tempi di faziosità spinta.
Ma c’è un’ipotesi infausta: è che tutto fa brodo purché il sapore sia quello del potere, e dunque non contano le idee e le posizioni politiche, conta quella sorta di “centralità” inamovibile, ecumenica e un poco ipocrita che un tempo fu della Dc, oggi è di Cl. In questo senso, applaudendo tutti, quell’assemblea applaude se stessa, la propria eternità, la certezza di esserci sempre e per sempre perché a riunirla non è il tifo per questo o per quel politico, è sentirsi arbitro della partita. E l’arbitro non vince e non perde: arbitra.
Dev’essere una bella sensazione, sentirsi a proprio agio dentro qualunque temperie politica e di fronte a qualunque bandiera.
Però quelli non super partes (mi metto nel novero), oltre allo svantaggio di patire per le sconfitte fino a guastarsi l’umore, hanno anche il vantaggio di vivere le vittorie come se li riguardassero personalmente, come se fossero anche il frutto del proprio impegno — benché non sia un impegno, come dire, di tipo generalista.
Per i super partes non ci sono i gol fatti e quelli subiti, i gol sono tutti uguali e tutti meritevoli di esultanza, chiunque li abbia fatti. Dev’essere anche piacevole, perché mette al riparo dal senso di sconfitta. Però, non è un po’ comodo?

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