Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
martedì 28 febbraio 2023
Se manca la scintilla
E' difficile veder scoccare la scintilla in queste mattine, l'agevolamento ad affrontare il giorno e le sue ritualità, sempre e costantemente uguali, appunto, mancando il guizzo. E' una sensazione personale naturalmente, l'ovvietà mi sta impregnando lo spirito, la debacle della fantasia è campanello d'allarme.
Vivo il tempo che ci è concesso imbizzarrendomi alquanto per ciò che attorno a me avviene, ad iniziare dall'assassinio di migranti avvenuto a Crotone. Si, lo reputo un assassinio della nostra cosiddetta civiltà. E mi incazzo. Principalmente con me, incoerente imbolsito e pure flaccido mentalmente, e non solo. Non si può far finta di niente, non si può immergersi nella noia per certi versi appagante, e nemmeno continuare nella banalità del fiume che scorre senza storia, ritmato da paglie e respiri, cosicché la vita vergognosamente dilapida i suoi secondi, sempre meno numerosi. Non posso accettare che un ministro degli Interni dica cazzate invereconde, discetti da instabile su temi così gravi e tremendamente vergognosi.
Sono morte delle persone, tra cui bambini. Cosa ci dice la coscienza collettiva? L'abbiamo ancora o ne abbiamo agevolato il trapasso soffocandola con la nostra insana e squallida voglia di apparire su Instagram o TikTok?
Mi è capitato di vedere le immagini dell'uscita della bara dalla chiesa degli Artisti dopo il funerale, accompagnato da un enorme numero di cellulari issati per immortalare il momento. Riprendere un funerale per farne cosa? Per guardarlo dopo? Dopo che?
E allora mi pervade una sensazione di resa. Questo mondo mi fa sempre più schifo, mi nauseano gli imbecilli, probabilmente lo sono anch'io.
Bloomer, generazione Z, X, millenians. Non ne posso più di queste cenciose modalità d'approccio. Avverto molto menefreghismo, inganno, invidia, spossatezza mentale.
Mi ribellerò. Con forza e determinatezza.
E a culo tutto il resto! (cit.)
Parole illuminate
Grazie a Dio!
Elly e Marco
lunedì 27 febbraio 2023
Mestizia
Non fai in tempo a rallegrarti, sommessamente, molto sommessamente visto che una delle sponsor maggiori della Elly è nientepopodimeno che Lady Franceschini, ovvero la reincarnazione del Gobbo visto che non lo abbattono né trombe d'aria né maremoti, al secolo Michela Di Biase, e allora visti i trascorsi non resta che attendere gli sviluppi di quello che dovrebbe essere un nuovo corso. Ma la notizia ferale è che Beppe Fioroni pare abbia annunciato di lasciare il partito! Quale tremebonda notizia! Che sfacelo! Perdere un così grande compagno di viaggio! Beppe ripensaci! Il tuo contributo alla sinistra è stato fondamentale in questi anni. Ricordo...ricordo.. no! Non ricordo proprio un fico secco!
E allora addio Beppe, con la speranza che molti ingombranti armadi incompatibili con una vaga idea di socialismo, ti imitino al più presto!
Aria fresca, aria nuova, aria di sinistra!
Sarà vero?
Mah...
Interessante
Il piano di pace della Cina è già morto: per 3 motivi
Come avevo anticipato, il piano di pace della Cina è nato morto per tre ragioni principali che riassumo.
La prima è che gli Stati Uniti e la Cina si preparano per massacrarsi a vicenda. Che la guerra tra loro scoppi non è certo, ma è certo che la stiano preparando. Gli Stati Uniti non consentirebbero mai alla Cina di assumere un ruolo preminente nella contesa in Ucraina. Biden non prenderà la decisione suicida di accrescere il peso strategico di Pechino in Europa concedendo il ruolo di mediatore a Xi Jinping, “amico illimitato” di Putin.
La seconda è che gli Stati Uniti hanno voluto inserire in un documento ufficiale della Nato che la Cina è un nemico collettivo dell’Occidente contro cui tutti i membri dell’Alleanza Atlantica dovrebbero coalizzarsi. Mi riferisco al meeting della Nato del 14 giugno 2021 a Bruxelles. La Cina protestò vibratamente. La tesi di quel documento è che la Cina sia una potenza che destabilizza l’ordine internazionale: un’immagine in contrasto con il ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina. O la Cina destabilizza o stabilizza: tertium non datur.
La terza è che la Cina è sempre più vicina a fornire aiuti militari diretti alla Russia. Almeno per il momento, l’Unione europea e Biden dichiarano di non avere prove certe, ma le probabilità che i cinesi aiutino i russi militarmente aumenteranno se Putin si trovasse in difficoltà durante la prossima grande offensiva di terra o se la crisi a Taiwan dovesse subire un’accelerazione per mano americana.
Tutto sommato, il piano di pace cinese non è un piano di pace. È semplicemente un documento in cui la Cina ha pubblicato in forma solenne la sua posizione sulla guerra in Ucraina. Nessuna buona notizia per il blocco occidentale. La Cina rifiuta di condannare l’invasione russa, ma censura la penetrazione della Nato in Ucraina attribuendole la responsabilità principale della crisi. Di più: la Cina non chiede il ritiro delle truppe russe, si astiene dalle risoluzioni Onu contro la Russia e chiede pure il ritiro delle sanzioni.
Che cosa ne sarà del piano di pace della Cina?
Probabilmente cadrà nel dimenticatoio in poco tempo oppure verrà usato cinicamente da certi governi europei per fingere di volere la pace. Alcuni di questi loderanno il finto piano di pace cinese; altri, invece, fingeranno addirittura di volerlo sostenere per indurre le loro opinioni pubbliche contrarie alla guerra a sperare invano nella pace. È un fenomeno che si è già verificato con il finto piano di pace presentato dal governo Draghi, il 19 maggio 2022: una messa in scena respinta non soltanto dal Cremlino, ma – fatto davvero imbarazzante – persino dal governo di Kiev.
È vero che la Cina ha bisogno della pace affinché le rotte della nuova via della seta in Europa possano prosperare. Tuttavia la nuova via della seta riceverebbe più vantaggi dalla vittoria di Putin che da quella di Zelensky. Ricorrendo alla sociologia comprendente di Weber, che invita ad assumere il punto di vista di chi agisce ricostruendo la sua prospettiva cognitiva, ecco la mia conclusione: la Cina ha un interesse strategico verso la pace in Europa. Tuttavia, se guerra dev’essere, allora è meglio che a perdere siano gli americani. Una vittoria di Biden in Ucraina accrescerebbe ulteriormente il potere degli Stati Uniti sull’Europa che Biden userebbe per danneggiare la nuova via della seta cinese. Ogni avanzamento della Casa Bianca in Europa verrebbe utilizzato da Biden per ostacolare la Cina. E poi esiste un problema di prospettiva futura: Xi Jinping sa che, una volta assorbita l’Ucraina, la Nato punterebbe verso la Bielorussia. Le crisi con la Russia non finirebbero, tutt’altro. In Europa, il gioco tra Stati Uniti e Cina è a somma zero: se avanza il primo, la seconda arretra. Biden si oppone al piano di pace cinese come Trump si oppose ai 10 accordi commerciali e alle 19 intese istituzionali firmati tra Giuseppe Conte e Xi Jinping a Roma, il 23 maggio 2019, noto anche come memorandum d’intesa sulla collaborazione nell’ambito della via della seta economica.
Quanto alla prospettiva americana, l’intervento militare della Cina avrebbe svantaggi e vantaggi: lo svantaggio di accrescere le probabilità di successo di Putin; il vantaggio di spingere l’Europa a recidere i rapporti commerciali anche con la Cina. Con un colpo solo, anzi, con una guerra sola, Biden farebbe fuori Russia e Cina dall’Europa. L’Unione europea, invece, perde sempre e dappertutto.
Un ricordo non mieloso
La frusta morbida di un qualunquista
PICCOLO SCHERMO - Sul palco era spietato con i deboli e ossequioso con i forti. Mai di sinistra – era una leggenda –, credeva un po’ comicamente nel potere taumaturgico della parola. “Se non lavoro mi annoio a morte”
di Massimo Fini
Ho conosciuto Maurizio Costanzo nel suo momento più buio, quando si era bruciato sul braciere della P2 e tutti, anche coloro che gli avevano fin lì leccato i piedi, anzi soprattutto costoro come vuole la consuetudine flaianesca italiana (salire sul carro del vincitore, picchiare sul perdente) lo schienavano.
Il suo isolamento era impressionante, quasi un quadro di De Chirico, i personaggi si rifiutavano di andare al suo show – aveva penosamente ricominciato da Rete4 – e lui stesso si vergognava persino a uscir di casa.
La nostra conoscenza e anche un briciolo di amicizia risale a quel periodo (naturalmente ero stato molte volte al suo show, ma in quei casi i rapporti erano del tutto superficiali, Maurizio si limitava a chiedermi che cosa pensavo di dire, per appropriarsene o per tapparmi la bocca al momento opportuno a seconda che gli facesse più comodo). Gli feci quindi un’intervista post P2 per Amica in cui non gli scontavo nulla, ma davo atto a quest’uomo, precipitato da un giorno all’altro dalle vette del successo alla polvere, del lavoro, della fatica, della grandissima forza di volontà con cui stava cercando di rialzarsi. Fra i più accaniti e feroci con Costanzo c’erano i giornalisti della Rizzoli-Corriere per la quale Costanzo era stato adulato direttore dell’Occhio e della Domenica del Corriere (due fallimenti). Per questo era importante per lui ritornare, sia pur come intervistato, su un giornale del Gruppo come era Amica. E infatti Pietroni, il direttore di Amica, ebbe delle grane con i sindacalisti della Rizzoli molto predisposti al linciaggio (in questo come in altri casi, Tobagi docet). Costanzo mi è sempre stato grato per quell’articolo e, interpretando la cosa a modo suo, un po’ “mafiosetto”, come un favore mentre per me era solo un articolo scritto nei termini che mi parevano più giusti. Quando fu tornato in auge mi invitò ripetutamente al suo show per sdebitarsi di un debito che non aveva.
Nell’intimo Maurizio non era un uomo cattivo, solo un po’ vile. Non cercava mai lo scontro diretto, frontale di cui aveva orrore e un timore quasi fisico, la sua tattica era avvolgente e aveva trasmesso questo metodo anche alla moglie, Maria De Filippi (naturalmente parliamo di allora – siamo nei primi anni 90 – in seguito i rapporti di forza fra i due sarebbero cambiati, anzi si sarebbero ribaltati). Una volta che vidi la De Filippi in quel suo infame programma, Padri e Figli, le tolsi i panni di dosso sul Tempo di Roma. Lei, che non mi conosceva, mi telefonò la sera stessa, a casa, dimostrandosi dispiaciuta e attenta alle critiche che le avevo mosso. Un modo di fare democristiano, tutto sommato, visto che cosa è venuto dopo la Dc, meno sgradevole di altri.
È una comica leggenda metropolitana che Costanzo fosse un uomo di sinistra, utile a Berlusconi per dire che sulle sue Tv c’erano anche degli oppositori. Pupi Avati, che fu uno dei pochissimi amici, tre in tutto, a rimanergli vicino all’epoca dello scandalo P2, ed è quindi una fonte non sospettabile di astio, mi ha detto una volta: “Maurizio è antropologicamente fascista”. Io non mi spingo così lontano, dico che era un qualunquista della più bell’acqua. Inoltre, cosa rara per chi aveva milioni di fan adoranti, era uno che non se la dava.
Costanzo aveva il mito del lavoro, cosa singolare per un romano de Roma, si realizzava nel lavoro, fuori non esisteva. Mi capitò una volta di andarci a cena, con Nantas Salvalaggio e un altro giornalista che non ricordo, e lui fece praticamente scena muta. Del resto il suo orizzonte culturale non andava e non è mai andato oltre la Garbatella. Diventava protagonista e domatore solo sul palcoscenico, dove usava una frusta morbida, vellutata, insidiosa e spietata con i deboli, e pronto ad aprire il ventaglio dell’adulazione e dell’ossequio con i forti.
Il primo Costanzo, quello, se non ricordo male, di Bontà loro, faceva simpatia perché, con un fisico così insignificante, impersonava l’uomo della strada che punzecchiava, sia pur con prudenza, i potenti, e il pubblico si immedesimava.
Qualche anno dopo la vicenda P2, quando lui era tornato in grande spolvero, poiché passavo le vacanze nella vicina Talamone, era agosto, andai a trovarlo nella sua villa di Ansedonia, che affittava come ci tenne a precisare perché non aveva i soldi per comprarsela. Dopo aver attraversato un immenso parco, scortato dalle sue guardie del corpo e da numerosi famuli, entrai nella villa e lo vidi al centro di un grande salone, in piedi, con indosso una larghissima camicia (era già dimagrito) lunga fin quasi alle ginocchia, che gli dava un’aria da satrapo orientale, un po’ lascivo, con un telefonino in mano che non abbandonò un istante, facendo mille chiamate o ricevendone, nelle due ore che stetti lì. “Cosa vuoi, se non lavoro mi annoio a morte”, mi disse vedendo il mio sguardo perplesso e interrogativo. Durante il mese di agosto, che dovrebbe essere di riposo, organizzava il lavoro dell’annata. Sotto le sue finestre aveva uno degli angoli di mare più incantevoli d’Italia, fra l’incontaminata Feniglia e il litorale esclusivo di Ansedonia, ma non andava mai a fare il bagno. Praticamente non usciva mai, o quasi, stava lì rintanato nella sua villa o, al massimo sulla terrazza con una piscina che non usava, come un grosso ragno al centro della sua tela, e lavorava. Lei, Maria De Filippi, invece no, lei usciva, andava a cavallo, si divertiva. Quel pomeriggio la incrociai per un attimo, vestita appunto da cavallerizza, e mi parve più bella e affascinante di com’è in televisione. C’era un forte contrasto fra i tratti androgini, duri nella loro regolarità, di lei e la cedevolezza e la mollezza che era di lui. Mi parvero una buona coppia, affiatata, complice.
Avendo avuto successo con un talk show, Costanzo aveva una fiducia illimitata, infantile e un po’ comica nel potere taumaturgico della parola. Qualsiasi situazione si presentasse, la sua reazione era: “Parliamone”. Uno si è rotto la gamba? “Parliamone”.
Durante il lockdown, non avendo di meglio da fare, ho rivisto programmi del passato fra cui molti Costanzo Show. Devo dire che rivisti oggi sono, a parte l’insopportabile ‘Tv del dolore’, molto meno banali di quanto mi apparivano un tempo: persone che raccontano le loro storie, i loro drammi, il loro vissuto, artisti, politici, il tutto tenuto insieme da un filo psicanalitico o sociologico, comunque da un tema di fondo anche se non particolarmente profondo.
Non pensi il lettore che questa mia sia la solita sviolinata a un uomo che è morto. Anche questa volta non ho scontato nulla a Maurizio, come in quell’intervista su Amica in un lontano giorno di ottobre.
Super Slurp!
E per non farci mancare nulla, questa sera sulla rete ammiraglia, il cui Tg è diventato, come consuetudine italica, e per volere della restia Maggioni a lasciare la poltrona, l'Eco del Nero camuffato da democrazia, questa sera l'eterno slinguatore folle, il simbolo della Modifica di Pensiero per i Lor Signori al Potere, lo scrittore annuale di libri nemmeno buoni, a mio parere, per concludere una seduta, lo Slurp fattosi persona per ossequiare i potentati del momento, l'antitesi del giornalismo, il fulcro delle oramai imbolsite fregnacce pro loro, il Neo immarcescibile, al secolo Bruno Vespa, appiopperà a noi comuni pagatori seriali di canone una striscia di cinque minuti post TG1 Nero, ove si esibirà nella sublime arte della riverenza e, per incensare alla grande, intervisterà il/la/lo Premier Caciotta, al fine di confermare nei secoli futuri la sua duttilità di pensiero che gli ha permesso di restare in tolda per oltre quarant'anni.
Quale becera sceneggiata potrebbe arrecare più danno all'informazione libera se non questa?
E quindi v'invito di cuore a scanalare alla grande, evitando il tribale contatto mediatico!
W la Libertà, W il Giornalismo vero!
Tomaso
domenica 26 febbraio 2023
Scoop - dal futuro
Addio!
Voto travagliato
sabato 25 febbraio 2023
Un nome, un destino...
Finanzierungsgesellschaft für Residenzen Ag.
Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzzentren
No, non è un gioco e neppure sono impazzito. Riuscite a leggere queste parole? No? Non vi preoccupate, non è questo il nocciolo. Dietro a queste frasi incomprensibili, si nasconde un mistero profondo e, ahimè, terribilmente nocivo per tutta la nostra storia recente. Trattasi infatti di finanziarie svizzere, sempre loro di mezzo quando t'imbatti in mistero e occulti fondi che provengono da chissà dove - ci potrebbe stare anche il lavacro di soldi piovuti dal mondo infame della malavita organizzata - e che mai nessuno riuscirà a capirne la provenienza. Ebbene perché dico che se avessero indagato ai quei tempi, tra il 1967 e il 1975 probabilmente oggi saremmo tutti più liberi e meno imbolsiti.
Perché grazie a queste finanziarie, l'ho scoperto poc'anzi nel meraviglioso libro di Gianni Barbacetto - Una storia italiana - che vi invito a leggere, la società Edilnord Sas costruì con la prima il villaggio di Brugherio, in Lombardia. Altro socio accomandante, assieme alla finanziaria elvetica, e quindi veri proprietari dell'Edilnord, fu la Banca Rasini ove lavorava il padre di uno degli accomandatari, tale Silvio Berlusconi... e ho detto tutto!
Con la seconda finanziaria si costruì Milano 2, il futuro premier fonda un'altra società, Edilnord Centri Residenziali Sas di Lidia Borsani e C, una sua cugina. Ma i soldi, al solito, li mette la svizzera Aktiengell etc. etc. di 'sta ceppa!
Turbinio
L'Amaca
venerdì 24 febbraio 2023
Vorrei ma...
E' chiaro che non posso postarvi tutto il nuovo libro di Marco Travaglio! Ma sono sollevato di capire che non ero solo a pensarla così. Che la mia idea, becera rispetto al pensiero comune attuale, tutto sommato si può ritenere valida e non putiniana come ci vorrebbero far credere.
Vi posto ancora uno stralcio, invitandovi a leggere questo libro "Scemi di guerra"
Leggetelo con calma, prendetevi tutto il tempo necessario. Ne vale la pena!
Abbiamo abolito la storia. È vietato raccontare ciò che è accaduto in Ucraina prima del 24 febbraio 2022: gli otto anni di guerra civile in Donbass dopo il golpe bianco (anzi, nero) di Euromaidan nel 2014 e le migliaia di morti e feriti causati dai continui attacchi delle truppe di Kiev e delle milizie filo-naziste al seguito contro le popolazioni russofone e russofile che, col sostegno di Mosca, chiedevano l’indipendenza o almeno l’autonomia. Il tutto in barba ai due accordi di Minsk. La versione ufficiale, l’unica autorizzata, è che prima del 2022 non è successo niente: una mattina Putin s’è svegliato più pazzo del solito e ha invaso l’Ucraina. Se la gente scoprisse la verità, capirebbe che il mantra atlantista “Putin aggressore e Zelensky aggredito” vale solo dal 2022: prima, per otto anni, gli aggressori erano i governi di Kiev (l’ultimo, quello di Zelensky) e gli aggrediti i popoli del Donbass. Fra le vittime, c’è il giornalista italiano Andrea Rocchelli, ucciso dall’esercito ucraino. Un caso simile a quello di Giulio Regeni, che però nessuno conosce, perché “Andy” ha avuto il torto di farsi ammazzare dai killer sbagliati. Chiunque faccia un po’ di storia per “spiegare” la guerra e le sue cause viene scambiato per un putiniano che “giustifica” l’aggressore. Solo abolendo la storia si possono azzardare assurdi paragoni fra Putin e Hitler e fra Zelensky e Churchill, per farci credere che oggi, come nel 1938, un dittatore folle vuole impadronirsi dell’intera Europa. Ergo dobbiamo armare gli ucraini perché difendono anche noi: caduti loro, toccherebbe a noi. Solo abolendo la storia si può bestemmiare parlando di “nuova Shoah”, “nuovo Olocausto”, “nuova Auschwitz”, “genocidio”, “pulizia etnica”, “sostituzione ebraica” e via dicendo. Solo abolendo la storia si può raccontare che la Nato è un’“alleanza difensiva” (infatti, solo nell’ultimo quarto di secolo ha attaccato la Serbia, l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia che non ci avevano fatto un bel nulla) e “difende i valori della liberaldemocrazia” (infatti fra i suoi membri c’è la Turchia di Erdoğan, che arresta gli oppositori, chiude i giornali e stermina i curdi). Solo abolendo la storia si può credere al presidente Sergio Mattarella quando ripete che “l’Ucraina è la prima guerra nel cuore dell’Europa nel dopoguerra”. E Belgrado bombardata anche dall’Italia nel 1999 dov’è, in Oceania? E chi era il vicepremier del governo D’Alema che bombardava Belgrado? Un certo Mattarella.
(Marco Travaglio - Scemi di guerra)
Inizio da replica
“Mi piacciono gli italiani”, diceva Winston Churchill: “vanno alla guerra come se fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come se fosse la guerra”. Infatti, da quando un anno fa la Russia dell’autocrate criminale Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina, abbiamo trasformato quella tragedia in una farsa. Con un dibattito politico-giornalistico da bar sport, umiliante, primitivo, cavernicolo, ridicolo: tutto slogan, grugniti e clave. Fino al giorno prima eravamo tutti virologi ed epidemiologi, poi siamo diventati tutti strateghi esperti di geopolitica e questioni militari. Anche i politici e i giornalisti che fino al 24 febbraio 2022 pensavano che il Donbass fosse un prete nano.
(Marco Travaglio - Scemi di guerra)
L’Amaca
Se vi venisse in mente di...
Fedez, uovo pasquale che fa beneficenza a Carlo De Benedetti
E LA FONDAZIONE DELL’INGEGNERE - Spingitori di spingitori. I Ferragnez tendono a organizzare sistemi un po’ opachi: quanto delle vendite andrà a progetti solidali?
di Selvaggia Lucarelli
E fin lì è lecito si crei un clima divisivo. Poi però c’è il fattore beneficenza e il modo ambiguo in cui talvolta la utilizzano e a meno che non si sia tifosi anziché semplici osservatori della realtà, è impossibile non notare una propensione per la scarsa trasparenza.
Ci eravamo lasciati a Natale con la questione “pandori di Chiara Ferragni”. Vado a rinfrescarvi la memoria. Sotto le feste natalizie l’imprenditrice digitale aveva lanciato un pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni con annunci sulla sua pagina Instagram del tipo: “Questo Natale io e Balocco abbiamo pensato a un progetto benefico a favore di un ospedale, sosteniamo insieme un progetto di ricerca!”. I giornali più importanti del Paese avevano lodato l’iniziativa dedicando a Chiara-dal-cuore-d’oro titoli più zuccherosi del pandoro, si leggeva ovunque che parte del ricavato sarebbe andato in beneficenza.
Insomma, sembrava che a comprare pandori rosa confetto si contribuisse a una buona causa. E invece finì che, insospettita da alcuni particolari fumosi, telefonai all’azienda Balocco e scoprii che la vendita dei dolci non incideva sulla cifra finale della donazione, ma che si trattava di una semplice operazione commerciale: Chiara Ferragni aveva ricevuto il suo lauto compenso come testimonial e Balocco aveva già stabilito che avrebbe donato una cifra per l’acquisto di un macchinario per l’ospedale. Più pandori si vendevano e più si arricchiva l’azienda. La Ferragni si portava a casa una buona operazione economica ma pure reputazionale, perché un accordo con compenso era percepito da fan, cronisti e consumatori come un’opera di bene.
L’imprenditrice digitale – smascherata – non diede mai alcuna spiegazione, salvo poi due mesi dopo indire una conferenza per annunciare che avrebbe devoluto il suo cachet sanremese a un’associazione benefica. Insomma, le conferenze stampa in tema di beneficenza si fanno solo quando c’è da interpretare il ruolo dell’eroina buona, quando c’è da chiarire un passaggio opaco, tutto tace.
Arriviamo a oggi, perché se è vero che tra i Ferragnez, nel privato, tirerebbe aria di crisi, dal punto di vista commerciale mi pare che i due mantengano un certo affiatamento. Due giorni fa, infatti, nei supermercati italiani sono apparse le uova di Pasqua dell’azienda cremonese Walcor brandizzate “Fedez”. Sulle uova appaiono un disegno con le sue fattezze e i suoi tatuaggi, c’è il suo nome sulla carta e indovinate un po’? Il cantante indossa una t-shirt con su scritto “sosteniamo Tog”. Considerato che Tog è una fondazione benefica e che quel “sosteniamo” è su un uovo di Pasqua con la faccia di Fedez sopra, io consumatore suppongo che il mio acquisto contribuisca a una qualche operazione benefica. Per me è una sorta di déjà vu, vedo di nuovo uno dei due Ferragnez legato a un dolce delle feste e a una operazione di beneficenza i cui contorni non sono troppo trasparenti. Faccio qualche ricerca: nessuna spiegazione esaustiva sulla carta dell’uovo, idem sul sito di Walcor che non si perde troppo in dettagli: “Un’iniziativa importante dal punto di vista del sociale, visto che Walcor sosterrà il progetto della fondazione TOG, specializzata nella riabilitazione dei bambini affetti da malattie neurologiche complesse, tramite la Fondazione Fedez E.T.S.”. Quindi a dire il vero la cosa non è solo oscura, ma pure complicata. Non si capisce ancora una volta se il numero delle uova vendute inciderà sull’entità della cifra donata, non si capisce se è un’operazione benefica o commerciale o entrambe le cose, se Fedez sia benefattore o beneficiato e perché siano citate due fondazioni. Spingitori di spingitori di fondazioni. È poi curioso che la fondazione destinataria della beneficenza sia proprio di proprietà di quel Carlo De Benedetti che è anche l’editore del giornale (Domani), che a Natale ha ospitato la precedente inchiesta sui pandori di Chiara Ferragni. Fatto sta che telefono all’ufficio marketing di Walcor e la mia domanda su come si sviluppi il progetto benefico ha subito l’effetto di gettare nel panico l’interlocutore. Nella prima telefonata ammette infatti di non conoscere bene i termini dell’accordo con Fedez e aggiunge che la cifra devoluta in beneficenza non è proporzionale alle vendite, ma già stabilita, solo che è “un dato sensibile” e non si può comunicare. Mi spiega che Fedez ha ceduto a Walcor, dietro compenso, la licenza per l’utilizzo del suo nome e del suo avatar sulle uova e poi lui donerà una cifra alla fondazione Tog di Carlo De Benedetti. Preciso che questo passaggio andrebbe chiarito ai consumatori e mi chiedo come mai Walcor, visto che non donerà una percentuale del venduto, non faccia direttamente beneficenza, senza mettere la faccia di Fedez sulle uova. Dopo un po’ la persona dell’azienda mi richiama perché, dice, mi ha dato informazioni inesatte e mi invia una mail in cui mi spiega che le cose stanno così: loro hanno pagato Fedez per la licenza (quindi per Fedez è un’operazione commerciale, da cui guadagna). Fedez però ha imposto da contratto che loro donino anche una cifra alla fondazione benefica di Fedez, cifra che la sua fondazione poi donerà (in che percentuale?) a Tog di De Benedetti. Insomma, ricchi che donano a ricchi.
Spingitori di spingitori di ricchi. Non si capisce perché Fedez chieda da contratto non che Walcor doni direttamente all’ente destinatario della beneficenza, come parrebbe logico, ma alla sua fondazione che poi dona a sua volta. Verrebbe da pensare a ragioni fiscali o al fatto che in questo modo sembri che la beneficenza la faccia la sua fondazione, di fatto però i soldi sono di Walcor e questa è una bella operazione commerciale a tutti gli effetti: Fedez ha venduto a caro prezzo la licenza, Walcor venderà un sacco di uova con la scusa che comprarle è (anzi, sembra) una buona azione.
Insomma, i Ferragnez sono come le uova di Pasqua: bella confezione, ma dentro, spesso, c’è una brutta sorpresa.
Già comprato!