lunedì 23 dicembre 2024

Del ventiquattro


Sollazzo e facezie, elongazioni spirituali 
finemente affiorano nel caos di palle lucenti. 
Ricordi stantii fluttuano nella pochezza mnemonica.

Portare noia spingendo i suoi afflati negli affluenti ove stagna la ragione, è far festa?

Dove sono gli angeli sfioriti in quest’ecatombe, nella fredda aria tra cime di cipressi eretti e circondanti quel potere di regnare che scorre vorace?

Frenesie e sciocchezze attorno ai dirupi irti nel nulla, ove prega la madre i suoi figli evaporati.

Nulla può essere dipinto, pure la Grotta. Tutto è avvolto dallo strano sentir rigurgito. 

Ruota tutto inutilmente tra dedali di cocciutaggine, il cielo è restio a stellare luce, la notte che abbaglia non abbacina, quando bimbi muoiono in sì tanto dispregio, sarebbe inutile.

domenica 22 dicembre 2024

Jingle Bells!




L’Amaca


La confusione sotto il sole

di Michele Serra

Lo stragista di Magdeburgo non è un islamista, tutt’altro: è un immigrato saudita bene integrato, diventato islamofobo e filonazista, oltre che supporter di Elon Musk (le due cose, purtroppo, non sono in contraddizione). All’opposto, il nuovo capo della Siria è un combattente jihadista, ufficialmente classificato terrorista, che parla e agisce (speriamo sia tutto vero) come un interlocutore equilibrato della comunità internazionale e un convinto fautore dell’unità politica e culturale del suo Paese.

C’è davvero molta confusione sotto il sole, e nella confusione non può che aumentare il tasso di pazzia e di instabilità che mescola le carte della storia. Ma merita una piccola riflessione il doppio, clamoroso ossimoro dell’arabo integrato che diventa stragista, e del leader jihadista che diventa “un interlocutore”. Qualcosa ci dice che non è possibile classificare in modo rigido (e un poco questurino) la moltitudine dei movimenti e delle ideologie che sconquassano il mondo. Se il bravo arabo integrato uccide, e il cattivo arabo ribelle tende la mano, viene spontaneo chiedersi se la nostra classificazione di quel mondo non sia lacunosa, schematica e pregiudizievole.

Ma poi, e forse soprattutto: contano anche le persone, una per una, la loro indole, la loro psicologia e la loro storia. Così come i “bravi ragazzi” possono diventare femminicidi, il “bravo immigrato” può diventare stragista, e un generale jihadista può sedere a un tavolo di pace. Niente è già scritto. Tutto può ancora accadere. E questa, a pensarci bene, è una buona notizia.

Capita


Ogni tanto non sono d’accordo Direttore! E non mi considero bigotto e neppure censore! 

Abbassare i Tony 

di Marco Travaglio 

“Tony Effe, il centrodestra con Gualtieri. Il silenzio di Schlein”. Il titolo del Corriere è la miglior sintesi di come ci siamo ridotti da quando tutti sono “liberali” perché non sanno cosa voglia dire. Tony Effe è un giovane rapper che, come tutti i rapper, canta testi scorretti, eccessivi, osceni. Piace a molti adolescenti perché parla del loro mondo col loro linguaggio. Non un ideologo o un predicatore di tesi: un frullatore di frasi sue e non sue, giochi di parole e parolacce dette o sentite da lui o da altri. Il Comune di Roma sa che attira gente e lo invita al Concertone di Capodanno, che non è un ritrovo del Rotary: è una festa per ragazzi che non possono permettersi veglioni costosi. Ma una trasversale convergenza di bigotti, laici e democristiani (i cristiani sono altra cosa: la Santa Sede non dice una parola), maschi e femmine (e femministe), destri e sinistri, tutti fossili ignari di quel mondo, insorge: ma come, uno che dice quelle cosacce, e in pieno Giubileo, dove andremo a finire, poi non stupiamoci dei femminicidi, signora mia. Gualtieri cede alla canea censoria e revoca l’invito. Gli altri cantanti si ritirano per solidarietà col censurato. Che prenota il Palaeur per il 30 e il 31 e fa subito sold out, mentre il Concertone resta deserto. Salvo che si esibisca il sindaco con la chitarrina con cui accoglie le pop e rock star di passaggio. Incluso Vasco che, se esordisse oggi, sarebbe bandito per versi tipo “è andata a casa con il negro, la troia”. Idem Renato Zero (“sbattiamoci”, “se ti do il pelo tu che mi dai?”, “triangolo”), Dalla (“toccava il culo a una signora e rideva e toccava, sembrava lui il padrone”, “disperato erotico stomp”), Guccini (“l’avvelenata”), Raf (“ti pretendo, è inutile che dici di no, sei l’unico diritto che ho”) e i big mondiali del sesso-droga-rock&roll: Nirvana, Rolling Stones, Clash, Eagles, Marley ecc. Tutti big che ebbero la fortuna di nascere nel secolo delle ideologie, quando i “liberali” si contavano sulle dita della mano di un monco, ma a nessuno saltava in mente di decidere cosa dovessero o non dovessero cantare.
Ora i rapper sanno che, per salire su un palco pubblico, devono scatenarsi su Vola colomba bianca vola. E i registi, per evitare guai, devono dissociarsi da gentaglia tipo Woody Allen (sempre assolto, ma marchiato a vita dalla taccia di molestatore) e Bernardo Bertolucci di Ultimo tango a Parigi, finito al rogo nel 1976, riabilitato nell’86 e ora rispedito sulla pira in Francia dall’ultima versione del bigottismo: il femminismo misto al woke. Bertolucci con Tony Effe non c’entra, se non per l’idea ridicola che chi vede uno stupro in un film corra a commetterne uno e chi ascolta un rap diventi ipso facto un femminicida. La censura è sempre stupida, ma quella “liberale” batte tutti i record di idiozia.

sabato 21 dicembre 2024

Forza Jorge!



Lo silenziano, lo ignorano, lo dileggiano. Ma quest’uomo è nella Verità.

Non capisco

 

Davvero non capisco come abbiano potuto estromettere quel tipo da un veglione di capodanno. Non capisco, bastava leggere i suoi testi, sani, poetici, glabri da ogni sconcezza, per capire che in fondo in fondo qualche pennellata d’artista lo abbia insufflato. Davvero non capisco…
Questo il testo di una canzone di Tony Effe...
«Prendi la tua troia
Le serve una museruola
Metti un guinzaglio alla tua ragazza
Ci vede e si comporta come una troia»
«La tua tipa tra i miei seguaci
Mi vede e dopo apre le gambe
La scopo e poi si mette a piangere»
«Bitch ogni giorno non mi lasciano libero
Le ordino da casa come su Deliveroo».
«Lei la comando con un joystick
Non mi piace quando parla troppo
Le tappo la bocca e me la fotto
«Bionda, mi piace quando è italiana
Mora, se è sudamericana
Rossa, bella e maleducata
Basta che a letto fa la brava».
«Prendo una bitch, diventa principessa
Le ho messo un culo nuovo,
le ho comprato una sesta
Arriva Tony, inizia il party
Volano schiaffi e reggiseni da ogni parte
Con una sola botta faccio due gemelli
Copro la mia puttana di gioielli
Ma non sei la mia tipa, quindi niente anelli»
«Sono Tony, non ti guardo nemmeno
A novanta così neanche ti vedo
Mi dici che sono un tipo violento
Però vieni solo quando ti meno»

L'Amaca

 

In memoria di militi ignoti
DI MICHELE SERRA
Chissà se ci sarà mai uno scrittore, o un regista, in grado di raccontare la storia stupefacente dei circa diecimila soldati nord-coreani mandati a combattere al fianco dei russi in Ucraina. E molti a morire.
I soldati di tutte le guerre sono, al 99 per cento, pedine disperse su una scacchiera immensa e sconosciuta. Non meno stranito e sballottato di un coreano a Kursk doveva sentirsi un siciliano sul Carso nella guerra, scelleratissima, del ’15-18, crimine dei nazionalismi europei trionfanti e anticamera della carneficina della Seconda Guerra Mondiale. È la famosa carne da cannone, schiavi spediti a morire lontano da casa, come dalla notte dei tempi (che ci faceva un fante macedone alle porte dell’India, duemilaquattrocento anni fa?).
Ma in questo caso lo straniamento è aumentato dal misterioso isolamento che avvolge quel popolo silenziato, sequestrato alla storia. Riesce difficilissimo immaginare mogli, figli, case che quei giovani uomini hanno lasciato per andare a combattere la guerra di Putin. Non si sa niente di loro, non si legge un’intervista, una dichiarazione, una frase, perfino la precaria lettura del mondo che noi chiamiamo “informazione” non riesce ad arruolare quei fanti. È solo emerso, a un certo punto, che il traffico porno sul web, in quei paraggi, è molto aumentato, e tutti abbiamo pensato: poveretti, fuori dalla galera che chiamano Patria, hanno scoperto il nostro porco mondo. Mi chiedo se ci saranno mai lapidi, con nome e cognome, sopra le tombe di quei caduti. Che almeno da morti abbiano identità di persone. O neppure quella potranno avere, e a celebrarli solo una stretta di mano tra generali.