Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
domenica 31 dicembre 2023
Guanciale?
Cambio idea
Avevo detto che non li avrei più postati, spronandovi ad acquistare il Fatto.
Ma uno bello come questo è impossibile non conservarlo a futura memoria. Chiedo venia Marco! E tanti auguri di Buon Anno a tutta la redazione!
Capo danno
di Marco Travaglio
Ieri abbiamo reso omaggio ai migliori scoop del 2023 sulla sonante vittoria di Ucraina e Nato e l’umiliante ritirata di Russia (prima di scoprire la malaugurata inversione dell’ordine dei fattori), nonché sulla morte imminente di Putin, affetto da tutte le patologie note in letteratura medica (prima di scoprire lo sfortunato scambio fra la sua cartella clinica e quella di Biden). Ma i colpacci dei giornaloni nell’anno ormai finito sono ben di più. Grazie al titolo di Libero “Meloni uomo dell’anno” vergato da Fichi Sechi, innamorato pazzo di Giorgia (“Nel mondo ormai è un’icona pop”, tipo lady Diana) e pretendente al trono vacante di Giambruno, abbiamo scoperto perché la premier, già “donna, madre e cristiana”, insiste a farsi chiamare “signor presidente del Consiglio”: altro che otoliti, ha cambiato sesso e ora è uomo, padre, gender e pure un po’ queer, oltreché piuttosto incazzato con Sechi per lo spoiler. Dal quale Sechi, come dagli altri Angelucci Boy, abbiamo imparato che gli appalti truccati all’Anas e l’arresto del figlio di Verdini e cognato di Salvini (il ministro che controlla l’Anas) non sono una notizia. Dal Riformatorio del direttore editoriale Renzi (quello che decide) e del direttore responsabile Ruggieri (quello che prende le querele), abbiamo appreso che non è Renzi a doversi giustificare per aver incassato 3,2 milioni nel 2022 senza un mestiere ma con i petrodollari insanguinati di bin Salman: è Conte, per aver fatto politica per 20 mesi senza vedere un euro, tenendo chiuso lo studio legale e restando in aspettativa da professore universitario per prevenire i conflitti d’interessi. Si vergogni e arrossisca.
I giornaloni, poi, trasmettono la netta sensazione che i palestinesi di Gaza, specie le donne e i bambini, passino il tempo a spararsi e bombardarsi da soli pur di sputtanare il governo Netanyahu mentre si difende a mani nude. Invece i repubblichini Cappellini e Merlo ci hanno convinti che Conte, votando No al Mes, “ha salvato il governo”, che invece col Sì dei 5S presenti “sarebbe andato sotto”. Ora, siccome su 300 deputati votanti i No sono stati 184, i Sì 72 e gli astenuti 44, al Mes mancavano 112 voti e i 5S erano solo 34, quindi non si scappa: il voto di ogni 5Stelle vale almeno 3. Grazie a Rep abbiamo finalmente chiarito la vera missione di Elly Schlein, votata come segretaria dagli elettori Pd per fare cose di sinistra: prendere il posto di FI nella “prateria” del “centro moderato” che tanta fortuna già portò a Renzi, Calenda, Moratti e altri ectoplasmi, possibilmente sventolando l’Agenda Draghi non appena verrà rinvenuta da archeologi e speleologi dopo due anni ininterrotti di ricerche. Ma c’è tutto il 2024 per rintracciarla, magari insieme all’agenda rossa di Borsellino. Che però almeno esiste.
sabato 30 dicembre 2023
L'Amaca
venerdì 29 dicembre 2023
No così no!
L'Amaca
Già
Giorgetti è il migliore: ci ha regalato il “caos”
Vedi tante volte la vita: vai a dormire che sei il più intelligente ministro del governo Meloni (non che ci volesse tanto, obiettivamente), dopo essere stato uno dei migliori del governo dei Migliori, e ti svegli che sei il frontman di un’armata Brancaleone diuturnamente impegnata in figuracce, frottole, retromarce, sfregi al popolo, favori ai delinquenti, sottomissione ai poteri extra-nazionali e coglionaggine in economia.
Giancarlo Giorgetti da Cazzago Brabbia, profondo Varesotto delle feste nei capannoni della fu Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, rispondendo in audizione alla Camera alle domande della commissione Bilancio ha confessato l’inopinato: “Il nuovo Patto di Stabilità è un passo indietro rispetto alla proposta iniziale della Commissione, perché abbiamo introdotto, in un sistema già complicato, il caos totale, tantissime clausole per richieste di diversi Paesi”, tutti tranne l’Italia, evidentemente.
Essendo il Patto un “caos totale”, lui l’ha appena firmato (poi, contro il suo parere, il suo partito ha respinto la ratifica del Mes così tutti avrebbero parlato di quello e non del disastro di autorevolezza). Non solo: il Patto “rischia di diventare addirittura pro-ciclico”, cioè capace di spingerci alla recessione, stante che ci imporrà tagli per 12,5 milioni l’anno fino al 2031, soldi che non verranno certo sottratti agli armamenti (ci siamo impegnati con la Nato per l’aumento al 2% del Pil per le armi, 13 miliardi l’anno), ma alla Sanità pubblica e a tutti gli altri obsoleti orpelli del welfare.
Giorgetti, sempre molto elastico di natura (è stato sottosegretario o ministro nei governi Berlusconi, Conte, Draghi e Meloni), diventa così l’ambasciatore principe dei messaggi schizofrenogeni del governo, la cui capa Meloni, che annulla la seconda conferenza stampa per eterna influenza, da sovranista e orgogliosamente populista che era quando c’era da prendere voti, è diventata la vestale dei conti in ordine, dello spread “sotto controllo”, di “una Borsa che dal 2023 sta facendo registrare la maggiore performance d’Europa” (sulle spalle dei disgraziati) e si inchina ai mercati (lontani i tempi in cui strillava contro l’Europa ai mercati rionali).
Giorgetti è posseduto dal Super-Io di Mario Monti: “Abbiamo vissuto quattro anni in cui abbiamo pensato che gli scostamenti si potessero fare, che il debito e il deficit si potessero fare e si potesse andare avanti così senza tornare a un sistema di regole. Siamo assuefatti a questo Lsd, ma il problema non è l’austerità, il problema è la disciplina”. Ma di chi parla Giorgetti? Non sono stati loro i principali spacciatori di questa droga che si chiama debito, deficit, insofferenza alle regole sovranazionali? Non era Meloni che sotto la pandemia prometteva “1.000 euro a tutti con un click”? Non era il “vincolo esterno” la materializzazione dell’Anticristo? Non era “finita la pacchia” a Bruxelles? Non dovevano i dioscuri della Lega Bagnai e Borghi spezzare le reni ai poteri finanziari, ridare voce al popolo, rendere l’Italia di nuovo grande nel consesso internazionale ripristinando se del caso la “liretta”? Qual è la differenza tra Draghi e Meloni, a parte che uno è laureato e l’altra no? Dove stanno “l’Italia protagonista” e “l’orgoglio italiano” che Meloni e i suoi sottoposti vanno sbandierando sui social? Per Domani Giorgetti “ha scelto la strada della schiettezza”: davvero? Allora avrebbe dovuto dire che l’Italia non conta niente in Europa, il suo ministro dell’Economia non conta niente nel governo e manco nel partito nato nella terra fantasy detta Padania, visto che lui e Salvini non sono d’accordo su niente (vedi Mes), e che le nuove regole del Patto sono state firmate con un vertice privato tra Germania e Francia (“Giorgetti? Sentito al telefono”, ha detto il ministro dell’Economia francese Le Maire: manca poco che dicano che però cuciniamo bene). Come non avvertire la malinconia dei dipinti di Hopper nella foto che ritrae Meloni nel “vertice notturno” al bar dell’Hotel Amigo di Bruxelles con Scholz e Macron, lei che ha detto: “Per alcuni la politica estera è stata farsi foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente” (ce l’aveva con Draghi nella famosa foto in treno verso Kiev con gli stessi soggetti, poi si è ravveduta e ha detto che parlava del Pd, entità collettiva e astratta che a volte si materializza e si fa le foto con Francia e Germania) e si è visto cos’ha portato a casa lei: il “caos totale” e il rischio recessione. (Comunque noi qualche dubbio su Giorgetti l’avemmo quando nel 2019 con la consueta flemma apodittica disse al Meeting di CL che “il mondo in cui ci si fidava del medico è finito” e che la gente preferiva curarsi su Internet, tanto valeva investire sul privato; poco dopo è scoppiata una pandemia con le terapie intensive e i Pronto soccorso allo stremo e 1000 morti al giorno).
giovedì 28 dicembre 2023
Ai ahia!
Foglie ventose
Capita di andare a vedere un film d’autore, scarno di musica, dialoghi, ma nel complesso molto bello; tra lo sgomento di Morfeo che non mi ha avuto; senza radiolina in bocca. Il maestro Kaurismaki vuol trasmettere… azz! Non ho la giacca vellutata e la pipa! Andate quindi a gustarlo!
L'Amaca
di Michele Serra
Va bene che la politica italiana ha la consistenza etica e la fermezza ideale di un budino, ma forse un limite al ridicolo dovrebbe essere messo.
A meno che si tratti di un geniale espediente per rafforzare e ampliare il famoso piano di nuova egemonia, anzi di “nuova narrazione” della destra al potere: così come Dante, Manzoni, la Rai, il Risorgimento, la religione cattolica e il gioco dei pacchi in prima serata, anche l’antifascismo, checché ne dica la storia manipolata dalla sinistra, è di destra.
E che al governo i fascisti a tutto tondo si contino a bizzeffe, a partire dal capo dell’arditismo fiorentino, il camerata Donzelli, è un dettaglio al quale solo una propaganda malevola può appigliarsi.
A pensarci bene, è come quando il miliardario Berlusconi faceva pubblicità elettorale come “presidente operaio”, e si spacciò perfino per partigiano. Significava che non solo voleva vincere, voleva proprio stravincere, e pure pigliare per il culo gli sconfitti.
Ora c’è da seguire questa nuova sfida al buon senso (neanche all’ideologia, che è vizio da intellettuali; al buon senso, che è virtù da mercato rionale): l’antifascista candidato dai fascisti.
Già, perché la vera forza della destra italiana è che, pur di vincere, voterebbe per chiunque, perfino per un antifascista. E la vera debolezza della sinistra italiana è che, pur di perdere, non voterebbe per nessuno.
mercoledì 27 dicembre 2023
Time
Vai d’Amaca!
È il Film!
martedì 26 dicembre 2023
lunedì 25 dicembre 2023
Auguri dal Fatto Quotidiano
Dal prossimo anno non pubblicherò più l'editoriale di Marco Travaglio. Perché mi sembra essere giusto così.
Chi vorrà continuare a leggerlo dovrà abbonarsi al Fatto Quotidiano, uno dei pochi giornali senza padroni, quindi libero. E di questi tempi mi sembra un grandissimo privilegio poter leggere notizie non sottomesse ai voleri di loro signori. Non trovate?
Datemi retta: abbonatevi al Fatto!
Buon Natale dal Fatto Quotidiano
di Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Cinzia Monteverdi
Cari amici del Fatto, questa è la lettera numero 15 con gli auguri di un buon Natale e di un buon anno nuovo da trascorrere insieme. Già, perché stiamo per entrare nel 15° compleanno del nostro giornale, che per tutto il 2024 continueremo a fare alla nostra maniera: con più notizie che ci regalano più libertà.
Riassumere in poche righe l’anno che stiamo per lasciarci alle spalle sarebbe impossibile. Alla guerra fra Russia e Ucraina se ne sono aggiunte molte altre: soprattutto quella scatenata da Hamas il 7 ottobre col feroce pogrom di circa 1300 ebrei israeliani e moltiplicata dalla criminale reazione del governo Netanyahu a Gaza (ormai i palestinesi uccisi sono oltre 20mila, per il 70% donne e bambini). E in Italia, come purtroppo avevamo previsto, la presunta “nuova destra” di Giorgia Meloni ha riesumato tutto il peggio del vecchio berlusconismo proprio nell’anno della scomparsa del suo spirito-guida: impunità per i potenti, linea dura contro i deboli, guerra ai poveri, regali ai ricchi, condoni ai ladri, familismo amorale, scandali a manetta, allergia alla divisione dei poteri, alle regole e ai controlli indipendenti, attacchi alla libera stampa e alla magistratura.
Su tutti i fronti, ancora una volta, il Fatto Quotidiano ha fatto stecca nel coro del conformismo e del servilismo nazionali, dimostrando più che mai l’importanza di un’informazione libera e controcorrente: quella che possono garantire soltanto un giornale e un gruppo editoriale senza padroni, né in Italia né all’estero. La disfatta della controffensiva ucraina primavera-estate era stata ampiamente prevista dai nostri analisti (come peraltro dal Pentagono e da buona parte della stampa americana, meno embedded e meno sensibile alle veline Nato della nostra): se, anziché additarli per un anno e mezzo al pubblico ludibrio come “putiniani”, qualcuno li avesse ascoltati per tempo, oggi la pace o almeno la tregua nell’Europa dell’Est sarebbe più vicina o già siglata, centinaia di migliaia di ucraini e di russi sarebbero ancora vivi e l’Ucraina avrebbe potuto negoziare da posizioni più forti di quelle in cui si troverà a trattare dopo la sconfitta (di Kiev, ma soprattutto delle retrostanti Nato e Ue).
Anche su Israele siamo stati fra i pochi media a denunciare fin dall’inizio i crimini di guerra, oltreché di Hamas, del governo israeliano di Netanyahu, a cui incredibilmente gran parte dei media italiani perdonano tutto, anche se ha falciato molte più vittime civili in due mesi a Gaza di quante ne abbia seminate Putin in due anni in Ucraina. Ora fra qualche mese, non mi stupirei di leggere sui giornaloni ciò che noi abbiamo scritto fin dal primo giorno. Come già sta avvenendo sulla guerra in Ucraina.
“Siamo solo noi”, cantava Vasco Rossi. Ecco: un tempo eravamo solo noi quelli che dicevano ciò che gli altri non dicevano. Ora siamo solo noi quelli che dicono oggi ciò che gli altri diranno un anno o due dopo, quando ormai servirà a poco o a nulla: sempre a babbo morto, anzi a funerali avvenuti.
Non siamo certo infallibili, ma il fatto di non ricevere ordini, di non avere padroni da assecondare né pregiudizi da difendere, ci avvantaggia. E, quando sbagliamo, ci consente di riconoscerlo onestamente, perché non lo facciamo mai su commissione o per conto terzi.
Sul fronte interno, tutti i peggiori scandali del centrodestra sono esplosi grazie a inchieste o anticipazioni del Fatto: i pastrocchi finanziari del gruppo Santanché, le incredibili scorribande di Sgarbi (che stiamo svelando anche in collaborazione con gli amici di Report), il ministro-cognato-capotreno Lollobrigida che fa fermare à la carte un Frecciarossa in ritardo, il ministro Crosetto che vive da mesi nell’attico&superattico di un imprenditore della cybersecurity nonché fornitore dello Stato e del suo stesso ministero senza pagare un euro di affitto.
Naturalmente abbiamo appena cominciato a scoperchiare gli altarini del “nuovo”, anzi vecchissimo sistema di potere che ammorba l’Italia. E presto sveleremo altre storie di affari e malaffari, su cui già stiamo lavorando.
Il 2024 sarà un anno elettorale non solo per l’Europa e dunque Italia, ma anche per gli Stati Uniti, la Russia e forse l’Ucraina (se il voto non verrà rinviato) e avremo molto da raccontare. Noi ci auguriamo vivamente che le destracce che sgovernano il nostro Paese inizino, alle elezioni europee, la parabola discendente che meritano. Ma manterremo anche nei loro confronti il nostro atteggiamento imparziale: denunceremo i loro errori e orrori, ma saremo sempre pronti ad applaudire senza preconcetti eventuali meriti. Esempio: diversamente da altri, il Fatto non ha attaccato il governo Meloni quando ha agito per rafforzare il carcere duro ai mafiosi, anzi l’ha elogiato. E così abbiamo fatto quando la premier ha annunciato il prelievo sugli extra profitti bancari e il veto alle regole di austerità europea: l’abbiamo poi criticata quando ha battuto in ritirata su entrambi i fronti, genuflettendosi ai poteri finanziari italiani ed europei.
Queste sono la nostra coerenza e la nostra imparzialità. E per questo pensiamo di avere le carte più in regola di altri per avviare la campagna del No alla controriforma costituzionale meloniana del premierato in vista del referendum che dovrebbe tenersi nel 2025: perché nel 2014 avviammo quella per il No a una schiforma altrettanto verticistica e pericolosa, quella di Renzi-Boschi-Verdini, travolta dai No nel 2016. Altri invece scoprono i valori costituzionali solo quando a minacciarli è la destra, dopo avere sponsorizzato il Sì quando a conculcarli era il sedicente centrosinistra renziano. Sono gli stessi che tacevano o applaudivano alla legge-bavaglio targata Cartabia del governo Draghi e oggi riscoprono la libertà di stampa contro la legge bavaglio della destra.
A proposito: la nostra prima battaglia del 2024 sarà quella contro l’emendamento Costa – votato da FdI, Lega e FI, ma anche da Azione e da Iv che l’hanno addirittura proposta – che vieta di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare per intero o per stralci, privando non i giornalisti (che le conoscono), ma i cittadini delle necessarie informazioni sui motivi di un arresto. Noi del Fatto faremo obiezione di coscienza, continueremo a pubblicare le ordinanze testualmente tra virgolette e, quando saremo processati, ci appelleremo ai giudici perché ricorrano alla Corte costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro una legge che viola il diritto all’informazione sancito dall’articolo 21 della nostra Carta fondamentale e dalla giurisprudenza comunitaria. E che dunque speriamo venga presto disapplicata dai tribunali e ridotta a lettera morta.
Anche per questo, cari lettori, ci serve il vostro aiuto. Molti di voi, dinanzi alle cause civili e alle querele penali temerarie che ci sommergono (addirittura per le vignette, le caricature e la satira), ci chiedono di poter aderire a sottoscrizioni per pagare le spese legali, oltreché per fronteggiare i costi di produzione e della carta in continuo aumento e i cali della pubblicità (non sempre per ragioni legate al mercato…). Li ringraziamo, ma al momento contiamo di farcela da soli. Però un contributo ve lo chiediamo. Non a fondo perduto, ma in cambio del nostro lavoro quotidiano.
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Grazie di cuore.
E, a nome nostro e delle nostre redazioni,
Buon Natale e Buon Anno a tutti con il Fatto Quotidiano!
Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Cinzia Monteverdi
domenica 24 dicembre 2023
Pandoreide
Tra le strenne
sabato 23 dicembre 2023
Dixit
Slurp!
L'Amaca
venerdì 22 dicembre 2023
Ri Jingle Bells!
Pennivendoli
giovedì 21 dicembre 2023
Senza speranza
Sempre con lui!
Non c'è strenna migliore per questo Natale che leggere su "Il Giornale" che il Papa ha benedetto l'indagato Casarini!
Meraviglioso!
Il quotidiano che fu di proprietà del fu Indagato per antonomasia, trova il coraggio per esternarci il disagio di vedere un indagato coccolato da un Pontefice!
Sono e sarò sempre, saldamente, con Francesco, unica voce fuori dal coro di questo mondo che corre a 5000 battiti/ora verso la morte (cit.), avvinto dalla smania di soffocare l'altro, di aumentare i forzieri già stracolmi di ricchezze sottratte alla maggioranza dell'umanità. Sto con Francesco che intravede in Casarini ed in Mediterranea cuneo per cercare di scardinare la mentalità corrente che ci vede diversi, che studia azioni fasciste per spostare esseri umani sull'onda dell'occhio non vede cuore non duole.
Sto con Francesco perché il sentiero tracciato da Mimmo Lucano è quello giusto!
Se occorre, se necessita, si possono oltrepassare norme e codicilli. Il Bene infatti non conosce dogane.
Sto con Francesco perché attorniati da innumerevoli sepolcri imbiancati ciacolanti "Buon Natale!" occorre gridare in ogni luogo che non può seguire Mammona e fingersi buoni, né si può avere fascisti al potere e credersi nel benessere e nella ragione!
Occorre sussultare, ansimare, scuotere coscienze e cuori! Alla Papa Francesco per intenderci!
Anti bavaglio
L'Amaca