domenica 30 giugno 2019

Finalmente il Pensiero!


domenica 30/06/2019
Le due curve Sud

di Marco Travaglio

La banchina di Lampedusa invasa da due fazioni di esagitati che salutano la capitana Carola Rackete appena sbarcata e arrestata, alcuni insultandola e altri esaltandola, è la perfetta rappresentazione di questo povero Paese che non riesce più a ragionare, ma solo a tifare. E a twittare.

Chi volesse ragionare saprebbe distinguere tra ciò che ha fatto di buono la Sea Watch-3, cioè caricare da un gommone pericolante in acque libiche 53 migranti (un giorno magari le Ong ci sveleranno quale divina ispirazione le fa trovare sempre nel posto giusto al momento giusto nello sterminato Mediterraneo); e ciò che han fatto di inaccettabile, cioè infischiarsene della legge del porto sicuro più vicino (in Tunisia o a Malta) per creare l’ennesimo incidente politico col governo italiano, ricorrere al Tar contro il no di Roma e poi fregarsene della sentenza negativa, appellarsi alla Corte di Strasburgo e poi ignorare il verdetto contrario, violare i divieti di ingresso in acque italiane e di sbarco a Lampedusa, fino alla manovra spericolata e criminale di ieri, quando per poco non c’è scappato il morto tra i finanzieri della motovedetta schiacciata sulla banchina. Non lo diciamo noi fottuti giustizialisti. Lo dice il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, non certo sospettabile di filo-leghismo visto che aveva chiesto di processare Salvini per sequestro di persona e abuso d’ufficio per il caso Diciotti e ora ha disposto l’arresto in flagranza della Rackete: “Le ragioni umanitarie non possono giustificare atti di inammissibile violenza nei confronti di chi, in divisa, lavora in mare per la sicurezza di tutti”. Lo ribadiscono gli uomini della Guardia di Finanza sulla motovedetta: “La Sea Watch non ha fatto nulla per evitarci, siamo stati fortunati: poteva schiacciarci”. E il Reparto Operativo Aeronavale delle Fiamme Gialle di Palermo parla di “un atto di forza inaspettato, un gesto irresponsabile che ti puoi aspettare da un narcotrafficante o un contrabbandiere su un motoscafo”. Cos’hanno fatto e cos’hanno da dire ora i parlamentari-crocieristi de sinistra saliti a bordo della Sea Watch per garantirvi la loro personalissima “legalità”? E i fan dell’eroina non potrebbero almeno smetterla di chiedere la liberazione di un’indagata che, magari animata dalle migliori intenzioni, commette illegalità che non verrebbero tollerate in nessuna democrazia del mondo?

Chi volesse ragionare saprebbe distinguere fra la simpatia umana che ispira la giovane cooperante e le ragioni del diritto, che non autorizzano chi compie un gesto umanitario a commettere reati.

E non c’entrano nulla con Salvini che chiede arresti e condanne come se fosse il padrone dei magistrati e passa dalla parte del torto annunciando che i 42 migranti “possono restare in mare fino a Natale”. Parole e condotte che vanno censurate duramente, senza per questo tacere le illegalità della Sea Watch.

Chi volesse ragionare saprebbe distinguere fra l’apprezzamento per il coraggio di una donna che sfida le legittime leggi di un Paese che legittimamente non condivide con un atto di disobbedienza civile di cui si assume le conseguenze senza scappare né piagnucolare, opposta alla viltà di Salvini che dal suo processo è scappato grazie all’impunità parlamentare, e i doveri di uno Stato di diritto che non può farsi dettare la politica migratoria da un’Ong tedesca di bandiera olandese.

Chi volesse ragionare saprebbe distinguere fra le leggi di uno Stato democratico come il nostro e quelle di regimi totalitari o autoritari come l’Italia fascista, la Germania nazista, il Sudafrica dell’apartheid e l’India colonia britannica. Ed evitare paragoni impropri fra la capitana e i partigiani della Resistenza, Mandela e Gandhi. Il governo italiano non è frutto di un golpe militare né di un’invasione: è espresso dalla maggioranza del Parlamento regolarmente eletto un anno e mezzo fa, appena plebiscitata da consensi persino superiori alle Europee del mese scorso. Dunque le leggi italiane, giuste o sbagliate che siano, sono perfettamente legittime e conformi alla Costituzione, a meno di non accusare di alto tradimento i presidenti della Repubblica che le hanno promulgate (incluso Mattarella) e di incostituzionalità la Corte costituzionale che, quando interpellata, le ha validate. Oltretutto i reati contestati alla capitana (resistenza a nave da guerra, tentato naufragio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) non li ha inventati questo governo, ma esistono nei codici dell’Italia e di tutti gli Stati degni di questo nome da tempo immemorabile. Certo, per battersi contro una legge c’è sempre la disobbedienza civile. Purché non venga spacciata per la nuova Resistenza, specie da chi, anziché salire sulle montagne, la combatte comodamente assiso sul suo bel sofà.

Chi volesse ragionare vedrebbe che le due propagande, opposte ma speculari, della Sea Watch e di Salvini hanno motivazioni diverse, ma si alimentano a vicenda. La Sea Watch schiva i porti più vicini per puntare sempre solo sull’Italia perché sa di trovarvi il nemico perfetto: Salvini. E Salvini ha bisogno di una Sea Watch al giorno perché è il nemico perfetto per dirottare l’attenzione generale dalle vere emergenze a quella fasulla, ma elettoralmente più lucrosa: l’immigrazione che, purtroppo per lui, ormai scarseggia. Altrimenti gli toccherebbe spiegare se vuole votare o no, perché non espelle un solo clandestino, dove prende i soldi per la Flat Tax, dove sono finiti i 49 milioni rubati dalla Lega, cosa deve ad Arata&Siri, perché difende a spada tratta i Benetton, Arcelor Mittal e gli affaristi delle grandi opere inutili. Cioè, quel che per lui è peggio, gli toccherebbe governare.

sabato 29 giugno 2019

Tenerezza


Ma quanto mi piacciono queste “ola” questa spasmodica ricerca di un’identità stra-perduta, dimenticata, sbeffeggiata ora che han trovato un simbolo, che rispetto, dimenticandosi che quando quel piccolo ducetto minnito bloccava gli sbarchi creando in Libia dei simil lager e tu incontrandoli chiedevi loro spiegazioni, ti guardavano con la stessa espressione di Bernardo il servo di Zorro, sgattaiolando via e fingendosi impegnati! Che tenerezza mi fanno, che orfinismo mi trasmettono!

Subtropicale


Guyana equatoriale, foresta amazzonica, via Veneto La Spezia: nessuna differenza climatica tra questi luoghi, in una giornata talmente umida da pianificare un futuro e certo pestaggio al prossimo che tra qualche mese mi dirà “brrrr che freddo!”  
Quello che m’inquieta in becere giornate come questa è la probabile, quasi certa, prossima scatarrata frutto degli sbalzi che un girovago mattutino in modalità acquisti deve subire: una differenza di 10 gradi al supermercato, davanti al bancone dei formaggi una glaciazione della “canala” con dolori tipici di una scartavetrata ad ogni passo successivo. Appena uscito, la vampata tipica di chi entra per sbaglio nel camerino di Belen intenta ad oliarsi, la dilatazione delle vene le fa apparire come elastici post Bungee Jumping di Giuliano Ferrara; la successiva entrata dal macellaio, meno 15 gradi con l’esterno, risolidifica tutto, facendoti apparire come un terminator esausto alla scena finale con tanto di occhio rosso lampeggiante come il cuore di ET, non riferito ai due bulbi oculari ma ad altro. La successiva immersione nella tropicale realtà genera disorientamenti più che ascoltare una riflessione di Orfini sulla dignità della politica prepara al padre di tutti gli shock: l’entrata in farmacia con una temperatura prossima allo zero assoluto che farebbe protestare pure un pinguino dell’isola del Guano e spingere Babbo Natale allo sciopero bianco; dopo la vasocostrizione improvvisa che ti trasforma in ornamentale fontana di sangue con getti dalle orecchie, comprendo dagli espositori con fumenti, sciroppi per la tosse, bustine scioglicatarro, iscrizioni al torneo “richiamo e sputo orbitante” che questa è pura tattica commerciale e m’avvio sconsolato all’uscita sperando almeno in un passaggio da un cammello non troppo scazzato per l’afa.
(Ps: stavo per farmi un barbecue al centro di piazza Europa vestito da cosacco ma per fortuna l’esperto del TG mi ha sconsigliato di stare al sole durante le ore diurne e di mangiare molta frutta! Grazie o illuminato!)

Daniela su Orfini & C.


sabato 29/06/2019
IL CORSIVO
Orfini & C., statisti alla marinara
CROCIERISTI - I DEM SULLA NAVE ONG DIMENTICANO I CAMPI LIBICI E LE POLITICHE DEI LORO GOVERNI

di Daniela Ranieri

Il caldo gioca brutti scherzi: da due giorni ci sembra di vedere alcuni parlamentari del Pd a bordo della Sea Watch 3. Il miraggio è allucinante: Delrio in mocassino Capalbio-moda mare senza calzini sistema un materasso di fortuna sul ponte di prua mentre Orfini aggiorna il diario di bordo su Twitter e Davide Faraone si spara una ridda di selfie- con Delrio, con Giuditta Pini, con Riccardo Magi, con la capitana Rackete - rendendoli virali con gli hashtag di tendenza.

Orfini, nella sua fantozzianamente tragica mancanza di physique du rôle (pelle bianco-latte, asciugamano sulla spalla e cuffia in testa), ha un principio di ustione sul naso ma obbedisce a un dovere più grande della legge: “26 giugno, ore 22:31: Sono arrivato a Lampedusa. Quella luce gialla che vedete in foto è la #SeaWatch”. “27 giugno, ore 16:04: Siamo su un gommone. Proviamo ad avvicinarci alla #SeaWatch”. “Ore 16:22: Siamo sulla #SeaWatch”, eccetera. Chiamatelo Ismaele. Alle 19:28 la foto di uno splendido tramonto che potrebbe essere pure di Camogli o Ibiza accompagna le lancinanti parole di condanna: “I migranti sono in condizioni di sofferenza psicologica indescrivibile. Crudeltà, non c’è altro modo per definire il comportamento del governo”.

Dev’essere sempre il caldo, perché la indubbia crudeltà del governo attuale consiste nel tenere sulle barche delle Ong persone che avrebbero potuto benissimo restarsene al fresco nei campi di prigionia libici dove il governo Gentiloni, grazie al ministro Minniti, aveva profumatamente pagato le milizie indigene per trattenerle con tutti i comfort.

I meravigliosi selfiesul mare obnubilano la memoria: nel giugno di due anni fa, era Minniti che minacciava di chiudere i porti (minaccia che Delrio si fece in quattro per smentire, attenuare, ritirare), cosa che Salvini ha potuto fare perché non ha l’organo della moralità che invece i piddini ogni tanto si scoprono sviluppatissimo. E fu Renzi - che oggi, mentre i suoi si imbarcano per l’operazione Lampedusa, posta foto delle Dolomiti dall’aereo che lo scarrozza per il mondo a impollinare gli altri Paesi del suo formidabile know how - a dire: “Si è fatto bene a bloccare gli sbarchi. C’è un limite massimo di persone che puoi accogliere. Aiutiamoli davvero a casa loro” (Festa dell’Unità, Bologna, 1/9/17) e a vergare sull’indimenticabile Avanti: “Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa. Noi non abbiamo il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio. Se ciò avvenisse sarebbe un disastro etico, politico, sociale e alla fine anche economico”.

Ecco allora la delegazione marinara del Pd che solca le acque territoriali per raggiungere la nave con sopra i migranti, ai quali mancava solo questa, di disgrazia. Ma lasciando stare Orfini e Faraone, che di Renzi sono stati la proiezione ortogonale e prona, come può Delrio, persona seria, non notare lo stridore tra l’aver sostenuto acriticamente quelle politiche ieri e il portare oggi soccorso a persone che hanno subito fame e violenze nei centri di detenzione libici, prevedibile eterogenesi dei fini del memorandum d’intesa del 2017 tra Minniti e al-Sarraj? Speriamo almeno si mangi bene, a bordo: non vorremmo che i delicati stomacucci dei digiunatori a staffetta ne avessero a soffrire. Vabbè che Orfini ormai è praticamente un lupo di mare, dopo esser salito a gennaio sulla Sea Watch al largo di Siracusa, dato l’inspiegabile insuccesso della protesta del Pd intitolata “Non siamo pesci”. Stavolta non c’è con loro la Prestigiacomo, ministra di B. e mementovivente della Bossi-Fini e del decreto Maroni che creò il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina tuttora vigente, chissà per colpa di chi. Quale cultura di umanità e accoglienza possono vantare, oggi, i nostri statisti alla marinara? È come se Schettino facesse il testimonial della Costa Crociere.

venerdì 28 giugno 2019

A volte



Ho parlato della Capitana e subito il padrone con la faccia non propriamente intelligente di questo social, mi ha acceso la pagina di questi commercianti i quali per 20 euro vorrebbero appiopparmi una maglietta fresca fresca con l’eroe del momento pur sei trasgressiva della legalità. Mumble mumble... spulciando in questo bazar Worth Wearing si trovano gadget per ogni gusto: dai cani abbandonati, Croce Rossa, contro l’omofobia e via andare. Il sospetto, solo sospetto, che dietro queste sensibilizzazioni a gettone ci sia del lucro è un tantino gigantesco. Il zuckerberghismo impone che si spenda sempre e per ogni cosa. È più sono tragiche le vicende e più gli sghei tintinnano. A quando gadget per sostenere eremiti con la tv bloccata su canali porno o per mandare una sonda per compagnia a Insight su Marte? Dai Mark, dai Worth!

Anteposizioni



Questo cazzo di sistema da pochi fortemente voluto e forzatamente inculcato in tantissime teste acerbe e alloccanti, presenti ovunque, compreso forse la mia, girante attorno al nulla, perché è sul nulla che si basa e prospera; ha il volto di uno così, Lakshmi Mittal, il miliardone indiano dell'ArcerolMittal, la disumana abnorme multinazionale dell'acciaio a cui dell'ex Ilva di Taranto, acquistata in saldo, non solo non gli frega una beneamata minchia, tanto che è disposto anche a chiuderla in quanto nel sistema a cazzo cogitato e attualmente in auge, e che per rapidità di pensiero continuiamo a chiamare capitalismo, in realtà un'unione di forze malvagie che nella realtà si possono tranquillamente indicare come un sistema tecno-rapto-finanziario, è possibile possedere tutto, come a Monopoli, solo che in quel gioco gli altri partecipanti, se qualcuno prendesse tutte le vie più famose da Monte Napoleone in giù riempendole di alberghi, si romperebbero i coglioni abbandonandolo alla solitudine, invece nella realtà dicevamo uno come Mittal può arraffare tutta la produzione di acciaio e comprarsi la ex Ilva non tanto per farla funzionare, quanto per sottrarla a degli ipotetici avversari e, non contento, s'incazza pure se, come gli ha preannunciato questo governo, gli verrà tolta quella specie di immunità che lo tiene al riparo, assieme ai suoi adepti, da eventuali e sacrosante condanne, con relative soste in prigione senza passare dal Via. 
Quindi Mittal vorrebbe continuare ad agevolare la morte dei poveretti del quartiere tarantino Tamburi senza pagar pegno, senza dover loro nulla, se non l'occupazione, usata dallo stesso per farsi forte davanti alle richieste legittime di messa in sicurezza ambientale.

Ma in che cazzo di mondo viviamo? 

Qui è tutto stravolto: muoiono bimbi, proliferano i tumori ma in nome di quella cazzo di occupazione, in realtà schiavismo 2.0, tutto il resto risulta svilito, appassito, soffocato. 
Mittal protesta per la probabile revoca dell'immunità perché vorrebbe continuare a posticipare gli investimenti attenuanti le morti certe e certificate, contorniate da innumerevoli respiranti merda e quant'altro sbuffi da quelle cazzo di ciminiere, da quelle montagne di materiale pronto ad arricchire le già gigantesche tasche di questo magnante (non ho sbagliato: volevo sottolineare il fatto alla fin fine si magna, si magna) 
Ma in che cazzo di sistema siamo finiti, noi allocchi della generazione che si crede padrona del mondo mentre in mano ha soltanto uno smarth con cui viene controllata ed indirizzata verso un più lucroso e remunerativo shopping di merdaglia? 
Sono occorsi decenni di sceneggiate, di finta drammaturgia, di copioni usati scientemente, di rivalse, di ripicche, di sciacallaggi, di stampa amica e peripatetica, di messaggi subliminali, di concezioni e traguardi edulcorati, di fronzoli ed orpelli offerti come sostanze vitali per la massa, di mance, elargizioni, rimbotti, dichiarazioni alla "E' l'ora dei sacrifici per tutti", dei gianniagnelli trasformati in paladini, in blasoni della nuova nazione, di eroi in realtà fetecchie, di finti capitani d'industria celanti famelici denari pubblici, di prestiti mai più restituite alle scellerate banche, di signorotti sfoggianti l'osso di pollo in bocca, sfavillanti nel loro bisso ed issati mediaticamente a luminosi esempi da venerare come il ciccione in Korea, è bastato tutto questo per mortificare il Pensiero comune, le priorità sociali, il benessere, lo sviluppo di tutti i componenti questa nazione. Tutto stravolto, alienato, sconquassato. E poi ci dicono pure con non dobbiamo incazzarci, che dobbiamo permettere di vedere facce come queste che incarnano la presa per il culo continua ed estenuante di pochi, sui molti oramai rassegnati. 

Spiego


L’atto di disobbedienza civile è una forma di protesta di per sé ammirevole. Presuppone però una seria e perspicace organizzazione che continui, ampliandola, la battaglia che, in determinati momenti, può portare anche ad un moto rivoluzionario. Se delle persone, un partito, una città la perseguono, la devono applicare e necessariamente intraprendere sempre, ogniqualvolta vengano a mancare o ad alterarsi i doveri e soprattutto i diritti dei cittadini. Nella fattispecie il gesto della Capitana può essere annoverato tra queste forme di dissociazione sociale e conseguentemente diventare per alcuni ammirevole. Altra cosa è il sostegno dato a spot da parte di chi, e questa è già storia, ha pensato bene di nascondersi allorché in anni passati molti cittadini onesti furono depredati dei loro beni da ribaldi senza dignità, appioppando loro ninnoli prosciuganti conti correnti. L’appoggio a forme di disobbedienza civile quindi rischia di trasformarsi nell’ennesima farsa politica ad opera di un coacervo di idealismi impossibilitati a fondersi tra loro, vista la distanza abissale delle varie vedute sociali ivi contenute, i quali, ad intermittenza e per puro tornaconto elettorale, abusano di eventi per tentare un ritorno a galla, inconcepibile proprio per il suddetto appoggio a ticket; praticamente e per esemplificare il tutto, Orfini che con la bandierina si reca sul molo di Lampedusa per portare solidarietà alla cosiddetta Capitana, esemplifica completante quanto testé asserito.

Sarcasmo

Sia chiaro! Quei 42 poveretti vanno sbarcati. Subito!


Signori, avrei pure da segnalare un mio prozio che si diverte a passare col rosso asfaltando tutti quelli che incontra, alla sera va a cercare gli autovelox per tentare record di velocità, ed è sempre tranquillo perché tanto le multe non gli arrivano essendo evasore totale. Grazie e un saluto! Ah un’ultima cosa: ma la raccolta di fondi per quegli sfigati di Amatrice l’avete sospesa vero? Avete fatto bene, tanto chi se li caga più quei pastacottari tremolanti? Complimenti per l’iniziativa anche da parte del mio prozio!

martedì 25 giugno 2019

Ci risiamo


Esultano, faticando a rimaner lucidi, Lor Signori alla notizia che le Olimpiadi Invernali del 2026 si svolgeranno a Milano-Cortina. Inquieta riveder certe facce distese e sorridenti alla notizia della scelta del CIO, anche perché molte nazioni si sono saggiamente ritirate dalla corsa in virtù di studi internazionali decretanti il disavanzo economico tra le nazioni organizzatrici di eventi olimpici, dato al 95% dei casi. Ma in questa terra martoriata ed assetata da grandi eventi, da grandi opere, da grandi spartizioni, in questi tempi di carestia dove, per fortuna, degli screanzati hanno cominciato a verificarne le cause e soprattuto gli effetti benefici delle tanto adulate Grandi Opere, attese da molti come la rugiada dagli arbusti assetati dal sole, ogni progetto che plana, come gli aerei di Alitalia al tempo di Luca Cordero, irrora le papille gustative di chi, è un dato di fatto, ha sempre contribuito ad assestare colpi ferali al bilancio statale, senza preoccuparsi minimamente delle ricadute erariali, vedasi Italia 90 diretta e curata dallo stesso Luca Bellachioma o Torino 2006 che ancora stiamo continuando a pagare, con impianti tipo quello del bob divenuto nel frattempo cattedrale nel deserto .. ops! nella neve.
Pescante, Carraro e lui, Malagò gò gò, e poi Beppe Expo gioiscono ben sapendo che da qui al 2026 sarà un dedalo di progetti, progettini, adattamenti di strutture già esistenti, sulla carta il 93%, aumenti di costi, varianti, contro varianti, codicilli, urgenze, bandi e quant'altro fu studiato e modellato da tempo immemore per consumare denaro pubblico in nome del ritorno d'immagine. 

Per fortuna e per testardaggine della Sindaca più odiata della storia, abbiamo evitato il salasso delle Olimpiadi estive a Roma, e per questo la Raggi dovrebbe essere fatta santa subito. Non siamo riusciti a scansare le invernali del 2026, per fortuna a budget ridotto rispetto all'altra tipologia, mentre tutt'attorno giornaloni e profeti proni si compiacciono di tale manna olimpica, in questo tempo di chiamparinate pro tav, di occultamenti, di desertificazioni mediatiche riguardo ad uno dei più grandi bottini della storia recente, il Mose veneziano che ancor prima di entrare in funzione necessita già di costosissima manutenzione; di arsura generalizzata agognante betoniere e manodopera a buon mercato, innescanti sensazioni d'inquietudine come veder aprire un'enoteca nei pressi di un centro di alcolisti anonimi.

lunedì 24 giugno 2019

Casualmente


Casualmente, solo casualmente ieri sera ho avuto la sfortuna, o fortuna non saprei, forse il fatto che oggi ne scrivo potrebbe essere ascrivibile alla buona sorte e poi menoxmenofapiù, di assistere ad un breve passaggio su Rai Uno di uno spettacolo, classico dispensatori di premi, musicale presentato da Carlo Conti, abbronzato al solito. 
Chiamava sul palco personaggi strani, mai sentiti, per via che sto invecchiando o per il fatto che la spazzatura la guardo solo per differenziarla? Non lo so ma credo che il brutto sia brutto ad ogni età, tutti tatuati, uno vestito con un pantalone e giubbotto rosso paonazzo aperto con sotto niente se non una serie globale di scritte perenni, disegni al solito spavaldi della spavalderia divenuta normalità visto l'altissimo numero di corpi trasformati in taccuini di questa stolta era, e nell'attimo in cui è stato accolto da applausi ho creduto, sperato, implorato che la sua esibizione finisse lì, come dire "ecco mi sono pure fatto una scritta sulla testa pelata, che ne pensate? Dai applauditemi che il mio numero finisce qui e rientro nel camerino!" E invece no: ha preso il microfono ed ha iniziato a sciorinare frasi sconnesse, al ritmo meschino che ora va tanto di moda, e non ho nulla contro i suoi estimatori, rivendico solo il diritto sacrosanto di critica, assatanata ma pur sempre critica, e quello che più mi ha rattristato è stato vedere ragazzine andar dietro a quelle parole pescate in una cesta poco fornita, a voler significare che costui ha dei fans, del seguito, che frasi come "guardami mentre sto tamponando, mi chiamo Fernando per gli amici Nando" hanno proseliti, qualcuno le canticchierà al mattino. Esterrefatto per tanta sconcezza, mi sono domandato dove fosse finita l'arte e se questo folcloristico rumore possa aver un seguito, un ricordo, un archivio da cui, tra dieci anni, attingere tali, a mio parere, nefandezze. 
Se piace, a me non interessa. Sono libero di criticare come meglio mi pare e dir la mia senza fronzoli, né remore. 
Questi dispensatori di fetecchie, per me, per me, sono avanguardia di un tempo senza spessore, senza arte né parte. Non voglio zittirli, credo nella libertà, non sono qui a spernacchiare i giovani adoranti questi scarabocchi parlanti. Ho il diritto di evidenziarne la vacuità, il futuro anonimato, la mancanza di storia. Che potrebbe essere un requisito di questi tempi, ci mancherebbe. Ma che a me non piace. Punto.    

domenica 23 giugno 2019

Senza remore



Estikazzi! Questi buontemponi all’”armiamoci e lavorate” grazie ad un’illuminazione propria di chi destina tanto tempo al cogitare, se ne escono con una dichiarazione che indurrebbe ad agognare una nuova epoca di zolfanelli e di lampioni ad olio, tanto questa cazzo di centrale sta ad un golfo come il nostro già martoriato da scelte vomitevoli da Chiodo al Compagnone mai rimpianto. 
E se ne escono rivestiti da quell’abusato  ragionamento anteponente la salute al lavoro, la madre di tutte le cazzate con il suo apice all’Ilva di Taranto, che stravolge senno e alchimie tra occupazione e vita sociale dignitosa. Che sia trasformata in gas o marzapane o cherry non ha importanza: la centrale nel cuore della città va chiusa per sempre, per recuperare una dignità sociale mancante da troppo tempo, come Pitelli insegna.

sabato 22 giugno 2019

Oggi è così!



Quelle giornate un po’ così quando la valvola di sfiato si ottura e il merdometro interno non riesce a sfiatare! Vi sarà capitato pure a voi di vivere questi momenti altamente dequalificanti l’esterno riflesso nell’interiorità!
E allora pensi, rimugini, alterni battibecchi con te stesso, sfogandoti di quanto ti circonda, un mugugno intrinseco, un’irriverenza estrema con l’habitat che il fato o chi per esso t’ha assegnato.

Dove sono immerso, che cosa riesco ad intravedere di positivo? Sono spettatore di un avanzo di incongruenze che mi vorrebbero far spacciare per normalità! Chi? Lo chiamo sistema perché non riesco ad evincere i contorni di questo corridoio in cui mi hanno intrappolato: non sopporto i falsi moralisti, chi s’erge a capo gita, chi parla, straparla per denaro, chi si confeziona abiti per piacere, piacioni del cazzo. 

So di un famoso intellettuale che una volta è stato contattato per venire a parlare ad un incontro organizzato da una famosa associazione internazionale. Ebbene, sapete questo codardo, infingardo cosa chiese? Le spese del viaggio, e fino qui poteva andar bene, e 600 euro in “nero”. E tutte le volte che vedo un suo articolo altisonante, mi si rivolta lo stomaco, lo evito, non lo leggo e leggerò mai, questa merda finta pensante!

Tipi come lui ce ne sono a bizzeffe e se non sono pagati, agiscono naturalmente in modalità arraffante, pregna di soprusi morali e culturali.
E’ pur vero che se il Giudizio Universale della Cappella Sistina fu cogitato e miracolosamente eseguito dal genio michelangiolesco per avidità, Michelangelo era avidissimo, allora cascano le palle, tutto si ammoscia, i buoni pensieri, le speranze di esistenza di un livello superiore, appassiscono davanti a tanta mestizia.
Sogno l’agire disinteressato, il dispensar di valori posseduti ed elargiti in gratuità. E’ chimera? Direi di si. Quasi tutto viene fatto per denaro. E questo m’inquieta, m’adombra, mancando la libertà d’agire. Si dirà: non si può vivere solo d’aria. E’ vero. Ma un conto è acquisire risorse per dignità personale, altro è trangugiare pedissequamente solo per ossessione.

Sopporto e m’accheto nel pensiero comune che finge di non vedere atrocità infami, come quella gigantesca dei 27 milioni di bimbi fuggiti dalla violenza della guerra, perché sono immerso nel famigerato sistema, lo stesso che nel contempo mi sprona a digrignar denti pensando ad un cucciolo di cane abbandonato, ad addolorarmi per una balena spiaggiata, ad intristirmi vedendo le bottiglie di plastica in mare. Tutti eventi spregevoli certo, ma il mistero per cui non me ne frega nulla dei 27milioni di bimbi è qualcosa che urtica quel poco di normale che ho ancora in me. Lo so, lo so che dietro al menefreghismo umanitario si nascondono trame diaboliche sdogananti il fatto che produrre armi sia un bene per la nostra economia. 
Mi dicono, ci trasmettono il messaggio che non si possono chiudere le cosiddette fabbriche di morte, perché ne va del nostro Pil! Ecco il nocciolo, questo cazzo di Pil! I moniti della Lagarde, Moscovici, Gin Tonic Junker, Angela (Anghela), il nipotino con nonna ed erre moscia naturale, quel pazzo col ciuffo biondo a stelle e strisce, l’assassino rigonfio inoculante radiazioni in corpi altrui, le finzioni belligeranti in nome della pace, ossimoro devastante e normalizzato. 

Dicevo di essere in un corridoio, senza poter vedere spazi areati di immense sale, praterie per l’intelletto. Mi hanno tolto tutto facendomi indossare il grembiulino di scuola fanciullesca; non devo alzare lo sguardo, solo mirar pareti strette, pertugi ove sfogare rabbia, dissapore, incongruenze culturali immarcescibili.
Spero sempre nel miglioramento ma lo spread blocca ogni desiderio di rinascita. Ci lasciano credere che possiamo degustare la vita. Cazzata epica questa. La vera vita è solo nella libertà individuale e di comunità. 

A volte può sembrare che il mio dire si possa associare a quelli che credono alle scie chimiche e ai poveretti devoti del terrapiattismo. Può essere, certo che può essere. Parto però da un teorema: riescono a farci comprare quello che vogliono esponendo merci negli scaffali secondo degli studi; sanno che basta un niente e prendiamo delle cotte per tragedie mediatiche affossanti neuroni in stile Grande Fratello, delle barbaredursate per intenderci; sono certi che compreremo quel prodotto, che useremo dei nostri polpastrelli per strisciare carte al fine d’impossessarsi di ninnoli vuoti. Conoscono la smania comune portante ad aspettare notti per venire in possesso di luccicanti gadgets.
C’intruppano, lo sappiamo tutti. Che altro serve per solidificare la ribellione?      
    

giovedì 20 giugno 2019

Numeri astronomici vergognosi




La ripropongo questa foto per evidenziare dei numeri, astronomici che riportati a quelli di quel puntino farebbero, o fanno, sobbalzare dallo sbigottimento eventuali civiltà fuori da quel puntino, da dove si alza lo sdegno per tanta barbarie. 
Quel puntino siamo noi, è il nostro pianeta ripreso da 6 miliardi di chilometri da una sonda lanciata negli anni '90. 
Su quel puntino avviene un fatto che nessuna specie del pianeta o dell'Universo mai e poi mai potrebbe compiere. Solo la razza umana, si suppone, ha il coraggio di compierla; parlando di numeri astronomici: avete idea di come sia grande il numero 27.000.000? 
Ebbene Save The Children ci informa che sono proprio 27milioni i bambini sfollati a causa di guerre in questo periodo, che non hanno più accesso all'educazione, ai giochi, alla spensieratezza propria della prima fase della vita. Alcuni, moltissimi, sono soli, abbandonati, impauriti, piangenti nelle notti passati a fuggire, con addosso il ronzio delle bombe, delle urla, con appiccicato il fetore dei morti, il silenzio degli assassinati, il fragore del deserto aperto davanti alle loro coscienze nel pensare al futuro. In quel puntino molti cicaleggiano per cani abbandonati, s'impegnano a togliere le cicche dagli arenili, soccorrono gabbiani zoppicanti, tutte preoccupazioni lecite, ci mancherebbe, ma cazzo! Ventisette milioni di innocenti in balia del destino, senza spalle su cui appoggiare le testine gementi, senza mani rassicuranti per le notti, senza l'attenzione che solo un genitore può dar loro! 
Mi chiedo, e mi sento corresponsabile: che cazzo di sistema abbiamo inventato per fregarcene di tutto questo? 
Come facciamo a preoccuparci dei moniti delle Lagarde e dei loro templi di merda come il Fondo Monetario, come possiamo sussultare per l'innalzamento di quel cazzo di spread e non collassare davanti a questo numero inverecondo, fanghiglia in grado di ottenebrare le bellezze del genio a noi appartenente? 
E mai possibile che non si riesca a frenare la produzione della causa principale di quanto avviene, ovvero la vendita di armi, primo sponsor dei cosiddetti presidenti americani ad esempio, guardate l'ultimo quello zoticone biondastro che freme nel aumentare il numero di bimbi defraudati della loro fanciullezza e che un Cazzaro nostrano ha recentemente adulato? 
Come è possibile riuscire a ridere, gustare dei sapori di quel puntino mentre nello stesso istante molti di noi, i più indifesi, soffrono nel corpo e nello spirito senza comprendere il nesso, il disturbo, di essere diventati viventi, essendo già morti? 
Quel puntino dovrebbe essere spento, dissolto. Verrebbe da dirlo se non fosse per il sorriso, ne basta uno solo, di un piccolo estasiato ed impazzito dalla grande giostra della vita che, se fosse lasciata libera da nefandezze, sarebbe il più bel gioco dell'Universo.  

L’Arrivo





mercoledì 19 giugno 2019

In effetti...



In effetti è stata un’accoglienza trionfale che mi ha ricordato quella tributata a Stanlio e Ollio quando arrivarono con la nave a Londra. Da sempre, quando compaiono i comici, si muovono masse entusiaste!

Articolo molto interessante



Un Paese senza Occidente

di Ezio Mauro

Un’investitura ottenuta l’altro ieri dal vicepresidente Pence e dal Segretario di Stato Pompeo, in quella che a prima vista potrebbe sembrare una delle tante visite ad limina
compiute nei decenni a Washington dagli aspiranti premier in Italia.
Dopo un anno di governo in cui il Paese ha galleggiato confusamente dentro una geografia immaginaria, trasformando il Mediterraneo in un mare ostile veicolo d’invasione, rompendo con i partner tradizionalmente più vicini, polemizzando con la Francia di Macron, attaccando la Germania della Merkel, iscrivendosi come junior partner al gruppo di Visegrad, è sicuramente importante che il vicepresidente del Consiglio – nel momento della sua massima forza – abbia riscoperto il rapporto con Washington, registrando il baricentro della nostra politica estera.
Ma in realtà la vera identità con cui Salvini è arrivato in America è quella di uomo nuovo di una nuova destra italiana, che fa piazza pulita non solo delle ragnatele democristiane appese al soffitto della Prima Repubblica, ma anche della stagione berlusconiana, con la sua interpretazione cesarista e privatistica di una destra che pure il Cavaliere era stato capace non soltanto di raccogliere e impersonare, ma di evocare, suscitandola con una mutazione alchemica del moderatismo italiano.
Quei mondi sono finiti. E Salvini è andato a Washington come ambasciatore del nuovo mondo, anzi come leader in pectore
dell’ultradestra europea. Che non avendo ricevuto dal voto europeo quel consenso su cui puntava per rovesciare gli equilibri della Ue, cerca ora un sostegno esterno chiedendo alla Casa Bianca una copertura imperiale e una licenza continentale del trumpismo, da spendere a casa nostra col marchio d’origine controllata: dal taglio delle tasse al blocco dell’immigrazione, fino all’ultimo esperimento che filtra i migranti da far entrare in base al talento professionale e alle qualifiche tecniche, discriminando definitivamente i più sfortunati tra i disperati. In cambio, da oggi Salvini si mette a disposizione di Trump (trascinando con sé l’Italia in questa missione contronatura per un Paese fondatore dell’Unione) come grimaldello per far saltare le porte di Bruxelles e Strasburgo, scassinando la Ue, nella speranza di svuotarla rendendola inutile, o almeno di condizionarla dall’interno fino a paralizzarla. L’Italia, purtroppo, come piede di porco per manomettere la costruzione europea, su mandato tacito della Casa Bianca. Anche se l’incontro di lunedì ha certificato che non c’è bisogno di nessun mandato. I nemici sono comuni, gli obiettivi congiunti, la strategia è la stessa.
Dunque guerra allo «strapotere» (come l’ha chiamato in America Salvini) franco-tedesco, pieno appoggio alla Brexit, anzi pieno sostegno all’uscita hard promessa da Boris Johnson, attacco concordato e condiviso alle Nazioni Unite con minaccia di tagliare i fondi per le iniziative umanitarie.
Tra i bersagli delle sopravvivenze occidentali manca solo la Nato, ma arriverà. Intanto c’è la Bce, con Mario Draghi criticato ieri direttamente da Trump (dopo gli attacchi del passato di Salvini) perché il suo annuncio di possibili misure di sostegno a un’economia che non decolla incide sul cambio e dunque «rende ingiustamente più facile la competizione dell’Europa con gli Stati Uniti». In casi come questo, dove sta il governo dopo le strette di mano americane di Salvini? Con Draghi che sostenendo l’economia europea aiuta l’Italia, o con Trump che vuole fermare l’aiuto della Bce alle esportazioni, danneggiando il nostro Paese? Com’è successo spesso, la foto-opportunity davanti alla Casa Bianca illude i leader italiani in pellegrinaggio di essere i migliori amici dell’amministrazione americana, e Salvini si è spinto addirittura a un rovesciamento copernicano, sostenendo che l’Italia è «un punto di riferimento» per gli Stati Uniti davanti alla fragilità europea, il Paese a cui l’amministrazione Usa «si sente più vicina» in una comunanza «valoriale», «l’alternativa» al tandem che ha guidato fin qui l’Europa, da Parigi e da Berlino. Come si può vedere, dunque, siamo davanti a un’intesa ideologica ben più che strategica. È il sovranismo che si cerca, si riconosce e si raccorda tra le due sponde dell’Atlantico, destrutturando le alleanze tradizionali, mutilando le organizzazioni internazionali, minando quelle costruzioni sovrastatali politiche e istituzionali con cui tre generazioni nel dopoguerra hanno cercato di realizzare un sistema capace di garantire insieme la pace, la sicurezza e i diritti: per tornare al semplice rapporto di forza degli Stati nazionali, liberi di cercare qua e là la tutela dei loro interessi, senza un’idea, un’ambizione e una responsabilità dell’ordine globale dell’Occidente. In fondo, non è un caso se proprio questa parola è mancata nel vertice di Washington, perché è venuto meno il principio occidentale, sia per l’Italia sia per l’America, si è dissolto il concetto, che pure fa parte della nostra identità e dei nostri valori. Siamo diventati un Paese a-occidentale, condizione sterile perfetta per neutralizzare o depotenziare i valori liberal-democratici che sostanziano la democrazia in questa parte del mondo. Tanto che ci si può inchinare a Washington mentre si flirta con Mosca. Trump in questo è davvero il partner perfetto per Salvini, che si porta in tasca i Cinque Stelle, appagati dal dividendo marginale della loro predicazione gregaria anti-sistema. Un partner che suggerisce all’Italia un rapporto con l’America saltando per la prima volta insieme l’Europa e l’Occidente. Prima o poi si proverà a farci uscire dall’Europa. Per il momento accontentiamoci di essere fuori dall’Occidente, senza un dibattito parlamentare, senza una reazione nel Paese, senza una rotta. Senza che l’opposizione lo sappia.


Paragoni



Mi meraviglierebbe di meno vedere arrivare alla stazione di Migliarina l’Hogwarts Espress che aver letto le critiche di Landini alla proposta d’introdurre il salario minimo di 9 euro lordi all’ora.

Normale



Non stupiscono affatto le dichiarazioni di Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, che ha criticato il famigerato, per molti, salario minimo, 9 euro lordi all'ora.

«Siamo contrari a una misura negativa per le imprese e soprattutto per gli stessi lavoratori, i cui salari sarebbero schiacciati sulla soglia minima e perderebbero, insieme alla libera contrattazione, tutti i vantaggi che ne derivano, uno per tutti la bilateralità con i benefici relativi."

Ineccepibili le sue parole, dall'alto del suo scranno, che assurgono a prova certa e sicura sullo stravolgimento in corso da decenni sulla moralità nel mondo del lavoro.
Anche il reddito di cittadinanza concorre a rendere nitido il concetto formatosi negli anni, prima con la spinta all'off shore di Al Tappone nell'Era del Puttanesimo, successivamente con la devastazione dei diritti acquisiti, vedi articolo 18, per mano dell'Ebetino nell'Era del Ballismo.
Il pensiero comune, la normalità è che sia lecito corrispondere mance al posto di salari, incazzandosi pure se lo stato elargisca somme di denaro per salvaguardare la dignità umana e il cui importo, guarda a volte le coincidenze, supera le retribuzioni "normali" dei numerosissimi signorotti italici.
Calpestando la normalità, la socialità, uno come Merletti non compie nessun scempio di pensiero. Sono gli altri, noi, che preferiamo acchetarci a disonorare le lotte del passato. Facendo godere molti.

martedì 18 giugno 2019

Quando è moda è moda!



Scanzi!


martedì 18/06/2019
Che mestizia i renziani tornati dalle catacombe

di Andrea Scanzi

Quando la mestizia del governo attuale raggiunge l’azimut, ricompare puntualmente una iattura socio-antropologica pronta a rammentarci come non ci sia limite al peggio. Tale iattura ha il nome di renzismo, insuperabile parossismo di masserizia politica. Il caso Lotti è di una tristezza accecante e lo è ancora di più se ricordiamo come, anche solo tre anni fa, “Lampadina” (sì, gli amici lo chiamano così: e già questo basterebbe) stava per avere pure la delega ai Servizi Segreti.

Detto che il caso Consip – come tutta la rumenta che ruota attorno al Csm – sono solo invenzioni di Marco Lillo, l’affaire Lotti a qualcosa sta servendo. Prima di tutto, a ribadire quanto sia aleatorio il concetto di “autosospensione”. In secondo luogo, a ribadire il fiero cipiglio da cernia disossata di Zingaretti. In terza e forse ultima istanza, a far uscire dai propri sepolcri quei turborenziani che fino a tre anni fa giganteggiavano, assai fieri del loro nulla, e ora pascolano malinconicamente da un talk antelucano all’altro. Poiché il renzismo è ontologica espressione del nulla, ha da sempre come proscenio preferito il social più inutile e sommamente stitico: cioè Twitter.

È lì che il turborenziano ama brucare e ancor più pasturare, mitragliando cinguettii lividi e intrisi di crassa insipienza culturale: la loro smisurata assenza di doti e neuroni non smette di affascinare. Prendiamo un giorno a caso tra i tanti possibili. Venerdì scorso. È Lotti a dare il via alle danze, con un tweet trasudante supercazzole. Nel suo misero politichese Lotti non dice nulla di nulla, ed è per questo che il primo a esaltarsi è Gentiloni: lui, col niente, ci farebbe anche i fumenti. “La decisione di Luca Lotti merita rispetto. Una decisione non facile che apprezzo perché presa nell’interesse delle istituzioni e del Pd”. Purtroppo il volemosebenismo di Gentiloni, che fa il paio col ponziopilatismo dell’ineffabile Zinga, non è da tutti condiviso. Carlo Calenda, che su Twitter ci vive per il puro gusto di mostrare muscoli che mai ha avuto né mai avrà, tuona dall’alto della sua autoproclamata rilevanza: “Quello di @LottiLuca non è affatto un comportamento normale. È al contrario inaccettabile da ogni punto di vista. A quale titolo e con quale scopo si concertano azioni riguardanti magistrati? Il Pd deve dirlo in modo molto più netto rispetto a quanto fatto fino ad ora”.

Qualcuno non concorda e lui allora risponde a tutti a manetta (non ha ancora smesso), dimostrando come il tempo libero (almeno quello) non gli manchi. Tale attacco calendico genera uno straziante effetto domino, perché a replicare al renzianissimo Carlo sono altri turborenziani: una sorta di scontro fratricida tra evanescenze mosce. Il dibattito è oltremodo rasoterra e non può quindi mancare Michele Anzaldi. Come sempre esiziale il suo contributo: “Calenda che attacca Lotti via twitter è lo stesso Calenda che organizzava cene tra i leader Pd contro le divisioni? Prima voleva ricucire, ora da neo eletto Pd polemizza ogni giorno con un collega di partito diverso. Basta qualche anticipazione di giornale per una condanna?”. Sarebbe già tutto più che sufficiente per deprimersi in eterno, ma domenica ad Assisi si son pure risentiti le Boschi e i Giachetti. Mestizia purissima. Va poi sottolineato come, dalle catacombe del renzismo vilipeso, sia addirittura ricomparso un ardito fiancheggiatore mediatico oggi decaduto: il mitologico scriba Mario Lavia. Egli è sempre stato affascinante per quel suo non dire mai nulla di rilevante, e almeno in questo non è cambiato: “Tutto quello che volete ma qui un parlamentare è stato spiato”. Parole in libertà e sinapsi crivellate sul nascere: spiace. Riavvolgendo il nastro di questa sconfortante puntata tuttora in onda di “Quando c’era lui”, laddove il “lui” è nessuno e cioè Renzi, si ha nuova contezza di come la politica odierna sia deprimente ma con lui fosse persino peggio. Così, ora che son tutti politicamente postumi in vita, alla Diversamente Lince di Rignano e ai suoi ameni giannizzeri non resta che l’unica cosa in cui eccellono sul serio: portare altre vagonate di voti a Salvini.

Mai Démodé


Basta seguire le parole del Poeta (Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,
solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora) per assistere al rito sbarazzino di coloro che, sfanculando etiche ed etichette, sganciano i loro rimasugli nei cestini pubblici, magari dopo aver manifestato la sera prima apprezzamento e compartecipazione per le varie Grete ed affini, o aver piagnucolato per qualche capidoglio spiaggiato ingolfato di plastica. Signore dal portamento altero aprono la borsa andando a canestro meglio di Magic Johnson, per poi acquistare quotidiani di cultura ed inorridire per qualche strascico alimentare lasciato sul selciato dal solito gabbiano famelico, che vive e si sollazza grazie a questa eclatante idiozia di babbani credenti ancora nel motto “armiamoci e partite.” A questi diversamente inquinanti vada il mio buongiorno assieme al solito e mai démodé vaffanculo!

lunedì 17 giugno 2019

Chi?


Dice bene Medusei al riguardo di questo Motta (chi era costui?) il quale dopo aver agguantato il compenso per il concerto in piazza Europa, ha attaccato il Sindaco e la giunta con quel sinistrismo tipico delle verticali di Krug e dei luoghi ameni alla Capalbio.

“Sei stato estremamente scorretto e maleducato - ha scritto l’assessore rivolgendosi al panettone canterino - visto che questa amministrazione ti ha invitato per cantare e non per fare comizi politici, un po’ come se t’invitassero a casa a mangiare e ti lamentassi dei piatti che ti cucinano. Se vuoi far politica, candidati e prendi i voti. Ti invito a donare il compenso della serata a qualche famiglia italiana in difficoltà anche se, secondo me, sei più da donazione a qualche Ong.”

D’altronde questa vaga idea di socialismo (cit.) è deteriorata da tempo immemore da azioni e accaparramenti senza alcuna correlativa ed adeguata coerenza. Questo Motta (chi era costui?) rappresenta l’oggettivo deterioramento dei capisaldi di una lotta spenta ed avviluppata ai teoremi fassiniani finanziari edulcorati da commistione e fetido abbraccio a teorie e schemi tipici dell’Era del Puttanesimo. Non si emerge Motta (chi era costui?) evidenziando differenze post cachet; anzi ci s’immerge di più nell’anonimato melmoso.

domenica 16 giugno 2019

Perché no?



Partenza 1 settembre da Londra. Rientro il 19 novembre sempre nella capitale del Regno Unito. 4500 euro di costo, tutto compreso. Il giro del mondo in 80 giorni organizzato da Airbnb. Meditate gente, meditate...

Commento


domenica 16/06/2019
E pensare che volevano riscrivere la Carta

di Daniela Ranieri

Li abbiamo bloccati in 20 milioni, e va bene; ma l’abbiamo scampata bella. A leggere le intercettazioni in cui Luca Lotti, ex ministro della Repubblica, esprime con linguaggio da taverna ad alcuni componenti del Csm le sue preferenze in fatto di nomine a capo di Procure che indagano su di lui e sui genitori di Matteo Renzi, una spina nel cuore ci ricorda la raccapricciante circostanza per la quale il gruppetto di amici toscani di cui Renzi era il capo-scout e Lotti il paggetto, a un certo punto della nostra storia (appena 3 anni fa), si era messo in testa di cambiare un terzo della Costituzione. Costituzione che è fondata sul principio della separazione dei poteri, tra le altre cose e senza nemmeno tirare in ballo il respiro etico che la ispira. Il silenzio di Renzi sul cicaleccio del Lotti beccato – e sui suoi tweet allusivi, sinistri e cifrati di queste ore – non è solo l’eco tombale del suo proverbiale ciarlare, ma anche il rimbombo del nostro terrore, al solo pensare a chi stavamo dando in mano l’unica cosa ancora sacra del nostro convivere.

Un’antica leggenda tedesca racconta di un cavaliere che giunse di notte in una locanda dopo aver cavalcato su una pianura gelata. Alla domanda del locandiere “da dove venite?”, il cavaliere indicò un punto lontano oltre la pianura. Il locandiere sbiancò, e disse al cavaliere che aveva appena attraversato il lago di Costanza ricoperto di ghiaccio. Ecco, ci sentiamo più o meno così: il locandiere-trojan ha rivelato che il renzismo aspirante costituente, col suo codazzo di miracolati figli di banchieri presi dai presepi e dai campetti del Valdarno, era un lago gelato dagli abissi oscuri che abbiamo attraversato quasi indenni credendolo (alcuni) un placido campo di fiori innevati. (Ah: il cavaliere, dalla paura postuma, morì sul colpo).

sabato 15 giugno 2019

Oh Boss!



Ho ascoltato il nuovo album del Boss per la prima volta sul far del mattino, rimanendo estasiato e grato per quanto questo genio riesce nuovamente a trasmettere, sia che spari del sano ed ineguagliabile rock, che qui in Western Stars, dove l’alchimia tra melodia ed introspezione raggiunge vette da pochissimi esplorate. In cuffia chiudendo gli occhi ti ritrovi sulle immense strade coast to coast con a fianco te stesso e la sensazione di agguantare prima o poi una meta, o diventarne una per altri. Ho sbirciato i testi come la vergine il talamo, ho fibrillato davanti a questo capolavoro, un Born to Run alla Bacharach. In questi tempi cupi ove s’odono martelli pneumatici e babbei in balbuzie ricercanti rime bisunte evaporanti come peti, anelavamo alla ricerca di quel connubio tra arte e fantasia, in grado di riconciliare sinapsi e coclee! See ya up the road, Boss!

Travaglio


sabato 15/06/2019
La campagna d’estate

di Marco Travaglio

Un mese fa il gruppo francese Kering che controlla fra l’altro il marchio Gucci ha chiuso le sue pendenze con il fisco italiano sborsando sull’unghia 1,25 miliardi di euro: un quinto del costo del Reddito di cittadinanza, un quarto di quello di Quota 100, un dodicesimo di quello dell’annunciato taglio delle aliquote fiscali (detto impropriamente Flat tax), un ventesimo di quanto occorre per scongiurare l’aumento dell’Iva. Il governo, alla vigilia di una legge di bilancio lacrime e sangue, si arrabatta in supercazzole spericolate per risparmiarci una procedura d’infrazione e promettere all’Europa coperture che, anche se fossero vere, coprirebbero pochissimo del fabbisogno. E continua a dar la caccia agli spiccioli, senza far nulla per affondare il mestolo in quell’immenso serbatoio di fondi neri accumulati da chi ogni anno ruba al fisco, cioè allo Stato, cioè ai contribuenti onesti almeno 107 miliardi di euro (evasi fra Irpef, Iva, Ires, Irap, locazioni, accise, Imu, Tasi e contributi). Senza contare chi evade ed elude a norma di legge: per esempio le multinazionali del web, che fanno profitti da capogiro in tutto il mondo, ma non ci pagano le tasse da nessuna parte. Tantomeno in Italia: gli ultimi dati disponibili, quelli del 2017, dicono – tenetevi forte – che Airbnb, Amazon, Booking, Facebook, Google e Twitter tutte insieme hanno versato la miseria di 9 milioni di imposte. E non perché evadano: perchè lo Stato italiano ha deciso così.

Ora, il Fatto è un piccolo vascello corsaro. Ma, quando si fa sentire, ogni tanto qualche risultato lo raccoglie. Siamo stati i primi, per dire, quando tutti gli altri divagavano e fischiettavano, a squarciare il velo d’ipocrisia dei giornaloni e dell’establishment retrostante: cioè a ricordare che lo scandalo del Csm – politicamente parlando - è tutto targato Pd, per la presenza inquinante di Lotti&Ferri, due soggetti che abbiamo raccontato per anni in solitudine. Ieri Lotti s’è “autosospeso” dal Pd: una mossa senza conseguenze pratiche, ma anche la prova che – a furia di insistere – qualcosa può succedere persino in quel partito di salme tartufate. Ora abbiamo lanciato la campagna per una vera lotta all’evasione, che proseguirà per settimane nella speranza di smuovere la maggioranza giallo-verde. Anche perché le basterebbe attuare un punto cruciale del suo Contratto: là dove, accanto alla Flat tax, Di Maio e Salvini promettevano che “sarà inasprito il quadro sanzionatorio e penale per assicurare il ‘carcere vero’ per i grandi evasori”. Un impegno che fu imposto dai 5 Stelle, ma che Salvini aveva già assunto in campagna elettorale.

“Sono d’accordo – disse a Porta a porta il 18.1.2018 – per la galera per chi evade: se io riduco le tasse e tu non paghi io butto la chiave, sul modello americano”. Il 24 settembre, intervistato dal Fatto, Di Maio annunciò che “a fine mese nel decreto fiscale verrà previsto il carcere per chi evade”. Poi la Lega propose un mega-condono fiscale, eliminato solo a patto del ritiro delle manette agli evasori, rinviate al giorno della Flat tax. A febbraio però il ministro della Giustizia Bonafede, sempre sul Fatto, si impegnò a cancellare la peggior eredità del renzismo, cioè il “vergognoso aumento delle soglie di punibilità per alcune fattispecie di reato”, abbassandole. Invece sono rimaste tali e quali: nessun reato per chi omette nella dichiarazione dei redditi fino a 50 mila euro, per l’omesso versamento fino a 150 mila euro, per chi presenta una dichiarazione infedele fino a 150 mila euro e per chi non paga fino a 250 mila euro di Iva. In pratica, come scriveva ieri Stefano Feltri, chi fa ogni anno 300mila euro di fondi neri (pari a 150mila di mancate imposte) non rischia un minuto di galera, anzi non commette proprio reato, mentre chi ruba mille euro da un portafogli o due salami in un supermercato rischia fino a 6 anni di carcere. E questa è la principale ragione per cui si evade: perché il guadagno è altissimo e il rischio è zero. Il 3 giugno il premier Conte ha parlato agli italiani e ha promesso “un’organica riforma del fisco: non solo aliquote più basse, ma anche più semplicità e rapidità nel rapporto tra fisco e cittadini e un contrasto più duro all’evasione”.

Siccome, compatibilmente con i conti traballanti, c’è un sostanziale accordo fra Conte, Di Maio, Salvini e persino Tria sulla riduzione fiscale nella legge di bilancio (purché non in deficit), e proprio alla cosiddetta Flat tax il Contratto subordinava le manette agli evasori, è ovvio che queste debbano procedere di pari passo col taglio delle aliquote. Sarebbe un bel segnale di equità e di “cambiamento”: chi paga le tasse ne pagherà meno, e il mancato gettito verrà colmato a spese degli evasori. Non solo spaventandoli con pene più alte e soglie di non punibilità più basse. Ma anche disincentivando drasticamente l’uso del contante fino a farlo gradualmente sparire; approvando la Web Tax sui colossi della rete; e introducendo un sistema che consenta ai cittadini di “scaricare” tutte le spese, cioè di avere tutto l’interesse a pretendere lo scontrino, la ricevuta e la fattura per ogni acquisto o servizio pagato. Come propone Claudio Bisio, nei panni di uno strano premier, nell’ultimo film Bentornato Presidente. Ecco: su questi punti il Fatto racconterà esperienze virtuose di altri paesi, ascolterà esperti, formulerà proposte e continuerà a martellare il governo perché rispetti anche quell’impegno. Che è il più cruciale di tutti. Se la prossima legge di bilancio la farà Bonafede, anziché Tria, c’è persino la possibilità che lo Stato italiano si scopra meno povero del previsto. E che il “governo del cambiamento” si dimostri addirittura tale, smettendola di fare il Robin Hood alla rovescia e cominciando a far pagare la crisi ai ladri anziché agli onesti.

Click



Lampadina si è autosospeso dal suo partito chiamato ancora immeritatamente democratico; attonito, in un mix tra “ma che ho fatto di così strano?” e “le nomine correntizie sono la normalità in politica, pure nella magistratura!” Lampadina, lo chiamano così per via del suo accendersi nelle discussioni, con quel cognome che è tutto un programma, come se un circense fosse registrato all’anagrafe come Ammaestraleoni, facendosi da parte ha ricevuto solidarietà e stima dai tanti attorucoli di cui il nostro parlamento è pregno, cercando pure di rimodularsi a vittima sacrificale del sistema, rispolverando antichi anatemi di puro sapore, e fetore, del mai rimpianto Cinghialone socialista. Lampadina e l’amico figlio dei 110 all’ora usano, commercializzano della politica come il pizzicagnolo dell’affettatrice, in quel turbinio di accordi, mezze frasi, strizzatine d’occhi, sotterfugi da sempre elargenti cariche e poltrone ad adepti simil massonici, per il continuo, pervicace, ossessivo sfanculamento della meritocrazia, in ogni campo e luogo in cui siano presenti denari e centrifughe di potere, dalla sanità alle società statali o parastatali, dalle banche alla magistratura. Lampadina voleva consigliare, insufflare, inserire persone di credenza e stampo conosciuti, in tribunali potenti ed indaffarati nel futuro a giudicare pure lui, visto che è indagato per la vicenda Consip, e i genitori di un ex potente politico, suo amico fraterno, caduto per fortuna in disgrazia, nell’anonimato, pur avendo, attraverso varie Leopolde, cercato di risvegliare il pensiero sociale e culturale di questa nazione. 
Lampadina è soprattuto monito a tutti coloro che sognavano e sognano un paese migliore, leale e rispettoso delle fatiche in sinapsi di molti che, inopinatamente, immaginano serietà, fermezza, rispetto delle norme, capacità, curricula quale unico metro di giudizio per dispensar incarichi e prebende. Un mondo lontano e, soprattutto, senza Lampadina e quelli come lui.

venerdì 14 giugno 2019

Ancora Lui!



Ogni anno qualcuno sottrae ad altri qualcosa come 100 miliardi di euro destinati al bene comune. Come ciò possa accadere è facile da comprendere. Nell’era del Ballismo il finto segretario di un finto partito di sinistra escogitò delle norme atte ad aumentare l’evasione, parola mielosa alle orecchie dello zio del Pifferaio, tale Al Tappone, per il bene di pochi, che in effetti lo ricompensarono, basti pensare che le zone di Roma dove il PD prendeva più voti erano quelle dei Parioli, sulle spalle di molti. Ma veniamo ai dati (fonte il Fatto Quotidiano)

Le soglie di punibilità sono rimaste quelle alzate dal governo Renzi che nel 2015 ha reso quasi impossibili indagini e processi per reati fiscali: la soglia che fa scattare il reato di omessa dichiarazione di un reddito è salita da 30 mila a 50 mila euro; quella per gli omessi versamenti da 50 a 150 mila euro; se l’imposta non versata è l’Iva, la soglia è oggi addirittura 250 mila euro; e per la dichiarazione infedele si passa da 50 mila euro di imposta evasa a 150 mila. Cioè: chi fa ogni anno 300 mila euro di fondi neri (pari a 150 mila di mancate imposte) non commette reato, mentre chi ruba mille euro da un portafoglio rischia 6 anni di carcere.

Eppure sembrava che nelle Leopolde qualcuno riuscisse pure a cogitare...

Falso allarme



Per un attimo ci avevo creduto, devo ammetterlo. Avendo perso la regione Chiamparino aveva annunciato la saggia idea di lasciare, finalmente la politica. Ma dopo che il suo amico di una vita, Piero Grissino Fassino, è piombato in casa sua urlando e sbraitando che certe cose non si devono neanche pensare, Sergio ha fatto retromarcia, continuando l'eterna missione politica che dovrà protrarsi e tendere all'eternità. Impegnato come è stato a sponsorizzare il buco immane con il nulla intorno, la famigerata Tav, Sergio ha perso ogni capacità di relazionarsi con la realtà. Piero e Sergio andranno avanti ad imperitura memoria, consapevoli di essere insostituibili, quasi quanto la regale Elisabetta d'Inghilterra, alla faccia dei giovani, del sano ricambio generazionale, nel caso si trattasse di politica seria, ma questa parrebbe non esserla e, soprattutto, della decenza.

giovedì 13 giugno 2019

Allontanarsi



Ogni persona per bene dovrebbe ritagliarsi del tempo per leggere della vicenda attorno all'ex parlamentare forzista Paolo Arata, arrestato ieri assieme al proprio figliolo per tangenti e riciclaggio per agevolare Vito Nicastri, ritenuto dai pm vicino al boss mafioso Matteo Messina Denaro. 
Leggere per comprendere che la vicinanza di Arata agli ambienti della Lega, vedasi l'ex sottosegretario Siri rimosso dopo che venne allo scoperto l'indagine a suo carico per concorso in corruzione, è quanto di più rischioso, normale, ineluttabile possa accadere ad un paese disastrato, dilaniato dalle precedenti, subdole, mefitiche Ere politiche, quelle del Puttanesimo e del Ballismo.
Idealizzando questa nuova ondata del solito noto, mentre figli dei 110 all'ora e amichetti di desaparecidos tramano per giostrare a loro vantaggio cariche della magistratura, basta pensare al tronco mosso dal monaco buddista per far suonare l'enorme campana, in questo caso composta da gelatina con il risultato che il batacchio affonderà totalmente dentro di essa. Così è il partito del ministro dell'interno: una flaccida, indifesa, malleabile compagine, senza alcun nerbo, con molti punti oscuri, primo tra tutti la nomina dell'altro figlio di Arata a consulente al nucleo tecnico del Dipe, ad opera, pare, di Giorgetti, derivante dall'abbraccio ventennale e mortale con il famigerato Al Tappone, tra l'altro pagatore seriale di tangenti alla mafia sino al 1994.
Matteo Salvini al momento non risulta implicato in nulla, se non l'aver nobilitato Paolo Arata attraverso investiture di esperto nel campo eolico.
Dovrebbe al più presto illuminarci in tal senso, tra un selfie e l'altro e, soprattutto, anche lo stesso Gigino prendere distante e vele per allontanarsi il più possibile da questo eterno ritorno di tutto quello che si vorrebbe lanciare e perdere nello spazio più profondo.

mercoledì 12 giugno 2019

Ingiustizie




Così si scrive!


mercoledì 12/06/2019
Fritture alla Berlinguer

di Marco Travaglio

Nicola Zingaretti, che ci ostiniamo malgrado tutto a considerare una brava persona, ricorda sul suo blog Enrico Berlinguer a 35 anni dalla morte. E ne ha facoltà: iniziò la sua carriera politica nella Fgci quando il segretario del Pci era Berlinguer, ai cui funerali partecipò “tra fiori e lacrime portando una delle tante corone”. E ora guida il partito che, tra varie peripezie, fusioni e scissioni, discende (anche) dal Pci e prende (anche) una parte dei suoi voti. La figlia Bianca dice di domandarsi spesso cosa direbbe suo padre se fosse vivo (avrebbe 97 anni). E abbiamo come il sospetto che, col Pd, sarebbe tutt’altro che tenero. Difficilmente chi chiamava Craxi “il gangster” e ruppe con i “miglioristi” Napolitano&C. perché volevano l’abbraccio con quel Psi, apprezzerebbe un partito che si ricorda di lui ogni 11 giugno e negli altri 364 giorni dell’anno continua a inseguire il craxismo, cioè il rampantismo, il clientelismo e talvolta il tangentismo. E non solo per colpa di Renzi: l’oscena riabilitazione del gangster risale a D’Alema, Fassino e Veltroni ben prima del figlio di babbo Tiziano.

Ora Zingaretti dice di voler rinnovare il Pd partendo da Berlinguer: “recuperare un patrimonio di serietà, di etica pubblica e privata” e “combattere con ogni forza la battaglia del rigore e dell’intransigenza nella prassi della politica”, partendo dalla celeberrima “intervista di Berlinguer a Scalfari sulla ‘questione morale’’’ del 1981, con una “lotta senza quartiere alle bande, ai clan, agli egoismi e agli interessi particolari”. Forse ricorda poco e male quell’intervista, tanto citata per il titolo quanto dimenticata per i contenuti. Altrimenti sorvolerebbe. Perché, a rileggerla, suona come un durissimo j’accuse ai partiti d’oggi, Pd incluso. Quando Berlinguer diceva che “i partiti non fanno più politica”, ma “sono macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune… Non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un ‘boss’ e dei ‘sotto-boss’”, si riferiva alla Dc e al Psi; ma oggi potrebbe tranquillamente descrivere il Pd. Idem quando aggiungeva che “i partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo”.

E ancora: “Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali. E il risultato è drammatico. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti”. Come se Berlinguer, nel 1981, avesse letto gli atti delle ultime inchieste sulla sanità in Umbria e sugli appalti in Calabria, che vedono indagati l’ormai ex governatrice Pd Catiuscia Marini e il governatore Pd Mario Oliverio, col fior fiore della classe dirigente dem. O le carte dell’indagine di Perugia sui conciliaboli notturni fra i deputati Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri con membri del Csm e capi-corrente togati sul nuovo procuratore di Roma.
Che ha fatto Zingaretti in quei tre casi? In Umbria si è rimesso al buon cuore della Marini, che prima s’è dimessa, poi ha respinto le proprie dimissioni, poi se n’è andata di nascosto quando la frittata era fatta. In Calabria non ha detto una parola, infatti il plurindagato Oliverio e la sua corte sono tutti ai posti di combattimento. Sul Csm, ha convocato Lotti (non Ferri) e ha subito chiuso il caso perché “Lotti mi ha assicurato di non aver fatto nulla di illegale”. E se lo dice lui… Come se quella fosse una faccenda penale (né Lotti né i magistrati suoi interlocutori sono indagati per essersi parlati, ma per quel solo motivo quattro membri del Csm si sono sospesi su richiesta del Quirinale), e non di opportunità politica e di conflitto d’interessi (l’imputato per Consip che discute del neoprocuratore che sosterrà l’accusa contro di lui). In una parola, una “questione morale”, che Berlinguer sapeva distinguere da quella giudiziaria: “La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, denunciarli e metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, con la guerra per bande”. Il Pd non ha un codice etico e un collegio di probiviri per farlo rispettare? Sì, li ha. Che aspetta a deferirvi Lotti e Ferri perché siano espulsi? E che c’entra col sedicente partito di Berlinguer il neosindaco Pd di Capaccio-Paestum, braccio destro del governatore Pd Vincenzo De Luca e re delle fritture di pesce clientelari, indagato per voto di scambio con la camorra e festeggiato domenica notte da un corteo di ambulanze a sirene spiegate di proprietà di un imprenditore appena condannato in Cassazione per estorsione mafiosa? E come spiegherebbe Zingaretti al compagno Enrico l’alleanza in Sicilia con Miccichè, braccio destro di Dell’Utri pregiudicato per mafia? In attesa di tempi (e Pd) migliori, Berlinguer è meglio lasciarlo nella tomba. E sperare che non ci si rivolti troppo.

Quello scatto...


Sette ore di Pronto Soccorso, tu al di là della porta su una barella a farti curare, era tutto pieno, sottostimato come al solito, gli eroi che correvano di qua e di là, in quegli sgabuzzini adatti ad un paesotto non ad una cittadina come la nostra, ma questo è un altro problema creato nei decenni da orchi senza scrupoli, ah le parole di Enrico nella celebre intervista di Scalfari, trent’otto anni fa! Io in sala d’aspetto a trescare con il tempo, coi pensieri che mai t’abbandonano in situazioni come questa. Le ore snocciolavano, le domande no: avrà sete? Dove l’avranno portato? Poi sul far della sera la chiamata, entro dentro e subito ti vedo sereno e poi quel tuo scatto, quel virgulto di gioia irrefrenabile nel vedermi, quel tripudio di affetto, di amore che mi hai manifestato! Nessuno potrà mai replicare, rinvanghire, clonare, rimodulare la tipologia di affetto propria dei genitori. Un’esclusiva irripetibile da nessuno, neppure dal miglior cinese. Quello scatto di emozione, di cuore sibilante mai mi abbandonerà più, l’ho già rivissuto, compartecipato svariate volte che sono passate solo una manciata di ore, figurati andando avanti! Per quello scatto riuscirò a comprendere molto altro ancora, a contemplare meglio la parola amore, a riflettere levando gli occhi al Cielo. La gratuità che si incarna, si materializza per spronarmi a cercar altrove, volando alto, molto alto. Per quello scatto mi sento migliore, effervescente, dinamico, volenteroso, nuovo. Grazie di tutto, come sempre!