Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
martedì 31 gennaio 2023
L'Amaca
Meditativo
Grande articolo Maurizio!
Cara Liliana Segre ricordare la Shoah a molti serve solo a lavare la coscienza
di Maurizio Maggiani
Della memoria, signora Liliana, me ne sono fatto una passione di vita, addirittura di lavoro, racconto storie per fare la mia pur piccola parte nel rendere giustizia delle vite dei dimenticati della storia, dei dispersi nella sconfitta, di chi non ha avuto voce o non gli è stata concessa. E della memoria so questo, quello che credo sappia anche lei, che non la si può imporre per decreto. La smemoratezza sì, è stato fatto più volte e con buoni esiti, e quella che stiamo vivendo è epoca di smemoratezze, di pagine voltate senza nemmeno essersi presi la briga di leggerle; la memoria no, la memoria non si può imporre. Perché la memoria è elezione, è promessa, è giuramento, è passione; la memoria è assunzione di responsabilità, è disponibilità alla testimonianza, al martirio dunque. Per un testimone non c'è un giorno, c'è solo tutta una vita, celebrare il rito annuale della memoria è costringerla nell'immota consuetudine della circostanza; la memoria ha bisogno del costante movimento, del continuo rinnovarsi, per poter essere non solo viva, ma vitale, fecondo mandato. Chi porta memoria da sé non è niente, esiste solo quando c'è chi lo accoglie, lo ascolta, lo vede, lo legge, e nel farlo si fa partecipe, a sua volta testimone. È disperante il lavoro della memoria, è un lavoro di una fatica senza fine destinata a non avere mai un punto di arrivo, un traguardo da poter dire, ora il mio l'ho fatto; non l'hai mai fatto davvero il tuo, i decreti della smemoratezza sono rinnovati giorno dopo giorno, a disposizione hanno mezzi di persuasione, di coercizione, di punizione incommensurabili rispetto alla fragilità della tua voce.
Io sinceramente non credo che il pericolo maggiore all'accettazione di verità e giustizia sia nel negazionismo. Non lo credo perché una palese menzogna, un intrallazzo così palesemente schifoso, non avrà mai la possibilità di imporsi sotto gli occhi del mondo intero. La mia non è né bella speranza né fiducia cieca, ma la semplice constatazione di come sia poco conveniente, di come sia assai più faticoso negare che fingere di accettare, liberarsi il più in fretta possibile del debito pagando il meno che si può.
Vorrei citarle signora Liliana un breve scritto del filosofo di origine ebraica Gunter Anders, che credo lei conosca. Fa parte dei suoi Stenogrammi filosofici del 1965, consideri la data, e ha per titolo Il Nascondiglio Migliore.
Certamente sono migliaia e migliaia quelli che non solo non hanno niente da obiettare al dibattito sulla «rielaborazione del passato», ma ci esortano anche al rimorso, raccomandando addirittura vivamente la lettura di «Anna Frank». Attenzione! Tra queste migliaia, sono centinaia coloro la cui esortazione diventa puro tatticismo giustificazionista. Ciò che sperano di realizzare con essa non è solo di rendere invisibile la propria colpa, includendola in una colpa collettiva, ma soprattutto di avere in questo modo l'opportunità di ripetere il passato. Quando c'invitano a piangere il passato è perché sanno che l'occhio velato dalle lacrime non riconosce mai il presente o il futuro e che per loro non c'è nascondiglio migliore della società dei contriti.
La Shoah è storia e questo dà forza alla memoria, e la memoria costringe la storia alla verità, e questo ne informa le ragioni. Ma perché della Shoah non rimanga che un rigo su un libro scolastico, è indispensabile che la memoria si insedi nella comunità, accolta certo nei suoi atti costitutivi, ma quotidianamente nel suo agire, che lo conformi, che sia parte dell'assunzione di responsabilità di ognuno nei confronti di tutti. È solo così che il testimone passa di consegna, che si moltiplica nelle generazioni, che non muore mai. E questo è un lavoro ancora tutto da fare, perché questa che ci siamo costruiti è epoca di smemoratezze in una società e in un sistema che non conosce l'interesse generale, ma riconosce solo, e ne va fiera, gli interessi, l'interesse di una nazione, l'interesse di un ceto, di una lobby, di un partito; un lavoro che non è alleggerito dalla ritualità, ma semmai appesantito, un lavoro a cui tutti sono chiamati, un bracciante di questa mia campagna non meno che un insegnante di scuola, il costante lavoro dei giusti. Intanto il suo lavoro signora Liliana non finirà mai, mai nel tempo, mai nello spazio, e così potrò anch'io essere un piccolo compagno di strada che non si stuferà mai di quanto sarà lunga, che non ne avrà mai abbastanza.
Voglia, la prego, accogliere assieme alla mia stima il mio affetto, le voglio bene signora Liliana, senatrice della Repubblica. —
Per vostra opinione
Travagliamente sovranisti
Cercansi sovranisti
di Marco Travaglio
lunedì 30 gennaio 2023
E io che...
... mi sforzavo ad immaginare la faccia del demonio!!
Uscito lo scorso ottobre negli Stati Uniti (non esiste ancora una traduzione italiana) il libro When McKinsey comes to town, scritto dai giornalisti investigativi del New York Times Walt Bogdanich e Michael Forsythe racconta che per la società i profitti vengono prima di tutto
di Mauro Del Corno dal Fatto Quotidiano
A torto o a ragione McKinsey è considerata la società di consulenza più prestigiosa al mondo. Qualche anno passato nei suoi uffici apre spesso le porte a prestigiose carriere manageriali, anche grazie alla vasta e potente rete di networking che mantiene saldi i legami tra dipendenti ed ex. Sono molti i capi d’azienda che amano ricordare il loro trascorso nel gruppo statunitense. Tra quelli italiani, l’attuale amministratore delegato di Leonardo ed ex numero uno di Unicredit Alessandro Profumo, l’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo ed ex ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera o Vittorio Colao, ministro per la Transizione digitale nel governo Draghi ed ex capo di Vodafone. Come per tutte le società di consulenza, il lavoro di McKinsey è quello di suggerire alle aziende strategie per ridefinire i loro modelli di business e fare più soldi. Benché le presentazioni in power point consentano di sbizzarrirsi con la fantasia, quantomeno nelle illustrazioni, alla fine la ricetta è più o meno sempre la stessa: delocalizzare, tagliare personale e ridurre gli stipendi. In poche parole rosicchiare quote della ricchezza ai lavoratori per destinarla ai proprietari delle aziende. McKinsey ha però tra le sue peculiarità anche quella di presentarsi suoi clienti, e all’opinione pubblica, come una società ispirata da valori profondi e radicati, affermando di agire in base a principi che dovrebbero “rendere il mondo un posto migliore”.
Uscito lo scorso ottobre negli Stati Uniti (non esiste ancora una traduzione italiana) il libro When McKinsey comes to town, scritto dai giornalisti investigativi del New York Times Walt Bogdanich e Michael Forsythe racconta una storia un (bel) po’ differente. I due giornalisti si sono avvalsi tra l’altro delle testimonianze di un centinaio di dipendenti ed ex del gruppo. Dalla colossale bancarotta di Enron alla crisi dei mutui subprime, dalle epidemie di dipendenza da oppioidi, alla diffusione del fumo di sigaretta, sono molti i disastri finanziari e/o sociali in cui Mckinsey fa capolino. Raramente, precisano gli autori, con implicazioni legali. Ma quello che emerge è qualcosa forse scontato ma in contrasto con i principi propagandati: i profitti prima di tutto.
Questa la premessa dei due autori: “Poiché McKinsey non rende nota la lista dei suoi clienti né i consigli che ha dato, i cittadini statunitensi e, in misura crescente del mondo intero, non possono essere consapevoli della profonda influenza che la società di consulenza ha avuto ed ha sulle loro vite, alle loro retribuzioni alla qualità dell’assistenza medica che ricevono e all’educazione a cui accedono i loro figli”. “La cultura della segretezza è la base su cui è costruito questo business” scriveranno poi i due autori nell’epilogo. Ispirata dalla convinzione che il “mercato fa sempre meglio”, la società di consulenza, ha ad esempio avuto un ruolo nel plasmare politiche come la privatizzazione dei servizi sanitari e nel taglio dei budget per la sanità, nell’adozione di pratiche finanziarie spregiudicate, sfociate nella crisi del 2008, nell’aumento della conflittualità tra compagnie assicurative e i loro clienti con la riduzione dell’entità dei rimborsi effettivamente versati.
Una delle vicende più note è quella del lungo lavoro svolto da McKinsey con la società farmaceutica Purdue, produttrice del farmaco antidolorifico oppioide Oxycontin, che tra il 2004 e il 2019 ha pagato commissioni per poco meno di 84 milioni di dollari. La dipendenza da questo medicinale, non di rado degenerata in quella da eroina e/o fentanyl, ha causato 700mila vittime solo negli Stati Uniti. McKinsey ha elaborato strategie per facilitare le prescrizioni del farmaco, immettere sul mercato confezioni con maggiore quantità del prodotto, sminuirne gli effetti collaterali, screditare le testimonianze dei genitori di giovani vittime. La società non ha mai ammesso di aver tenuto comportamenti sbagliati ma ha pagato 641 milioni di dollari per chiudere i contenziosi legali sulla vicenda.
Valori in fumo – Da 70 anni McKinsey è consulente dell’industria del tabacco. Nel 1956 iniziò la collaborazione con Philip Morris, dopo aver consigliato una riduzione dell’organico la società iniziò ad occuparsi anche delle strategie per vendere più sigarette. In particolare l’industria del tabacco iniziò a dosare la nicotina nei quantitativi più idonei per creare dipendenza tra i consumatori. Nel 1964 vennero resi pubblici gli studi che mostravano una diretta correlazione tra fumo e cancro al polmone, probabilmente già ben noti ai produttori di sigarette. Negli anni seguenti McKinsey fornì lo stesso servizio a British American Tobacco e R.J. Reynolds a cui consigliò di investire il più possibile in strategie di marketing per rivitalizzare i suoi marchi (Camel soprattutto) prima che entrassero in vigore regole più restrittive per la pubblicizzazione delle sigarette. E mentre aiutava le aziende a vendere più sigarette la società incassava commissioni dalle agenzie governative e dagli ospedali, consigliando loro come ridurre i costi della sanità appesantiti anche dalle patologie legate al fumo.
Nel 2006 la giudice statunitense che si era occupata delle pratiche dell’industria del tabacco emise una sentenza di 600 pagine. Vi si legge tra l’altro: “I dirigenti delle aziende erano a conoscenza dei danni provocati dal fumo da almeno 50 anni. Nonostante questa consapevolezza hanno costantemente e ripetutamente, con furbizia e inganno, negato queste evidenze al pubblico. Hanno promosso e venduto i loro prodotti letali con zelo avendo come unico obiettivo il successo finanziario senza alcuna considerazione per la tragedia umana e per i costi sociali che questo successo comportava“. Dieci anni dopo questa sentenza, nota il libro, McKinsey era ancora consulente di Philip Morris (diventata Altria) per aiutarla a vendere più sigarette. La società ha tra i suoi clienti anche Juul, il più grande produttore di sigarette elettroniche.
A tutto gas – Un altro terreno di caccia di McKinsey è l’industria petrolifera. Tra i clienti di McKinsey si annoverano Exxon Mobil, Shell, Chevron, British Petroleum, la saudita Aramco, la russa Gazprom, la venezuelana Pdvsa oltre alla compagnia carbonifera australiana Bhp. Tra i principi a cui dice di ispirarsi la società c’è anche “la protezione del pianeta” ma l’attività svolta per queste società non sembra essere stata ispirata dall’obiettivi di ridurne l’impatto sull’ambiente. Anzi, in più di un’occasione il lavoro è stato quello di aumentare il più possibile la produzione di giacimenti di fonti fossili, incluso la più inquinante di tutte ovvero il carbone. Nel 2020 tra i clienti di McKinsey non compariva nessuna società impegnata esclusivamente nello sviluppo di fonti rinnovabili. L’opportunità di continuare a lavorare per l’industria petrolifera è stata messa in discussione da un gruppo dei dipendenti più giovani della società che non hanno però trovato supporto nei partner senior. “Se non lo faremo noi lo farà Boston Consulting” è stata la risposta tranchant.
Conflitto d’interesse in pillole – Un altro degli ambiti in cui McKinsey è molto attiva e fa una buona fetta dei suoi guadagni è la sanità. In più occasioni la società è stata consulente degli enti governativi e di vigilanza (in particolare la Food and drug administration statunitense) e contemporaneamente delle società farmaceutiche e ospedali privati. Durante i 4 anni della presidenza Trump, ad esempio, la società ha incassato 77 milioni di dollari dalla Fda mentre negli ultimi 3 anni circa 400 milioni dalle 9 case farmaceutiche che assiste. Il potenziale conflitto di interessi viene scansato dalla società affermando che i diversi team non condividono informazioni tra di loro. In realtà proprio è questa promiscuità che rende i consulenti McKinsey particolarmente appetibili per chi deve fare approvare un farmaco e incassare miliardi dalla sua vendita. Il libro narra il caso di Biogen e del suo costoso farmaco aducanumab contro l’Alzheimer. Nonostante risultati deludenti della fase di sperimentazione, la Fda ha approvato il medicinale. McKinsey, consulente di entrambe le parti, ha sostenuto vigorosamente il lancio del farmaco che, secondo gli esperti, ha generato false speranze per milioni di malati aumentando a dismisura, e inutilmente, i costi per i programmi di assistenza sanitari. Come consulente del governo britannico McKinsey ha suggerito tagli a spesa e personale del servizio sanitario nazionale e un maggior ricorso ad operatori privati, indicando tra i soggetti più idonei alcuni suoi clienti.
Resistere, resistere, resistere – Le pratiche adottate dalla compagnia assicurativa statunitense Allstate su suggerimento di McKinsey hanno rivoluzionato il settore. In meglio per gli azionisti, in peggio per i clienti. La società ha elaborato strategie per risparmiare il più possibile sui rimborsi. La compagnia assicurativa si è rifiutata di fornire ai giudici che esaminavano una vertenza le “ricette” elaborate dai consulenti nonostante una multa di 25mila dollari al giorno per ogni giorno di ritardo, pagando alla fine 7 milioni di dollari. Alla fine le indicazioni sono venute alla luce. Semplici, in fondo. Cercare di concordare rimborsi veloci ma ridotti, al di sotto di quelli previsti nelle polizze, nel 90% dei casi. Nel rimanente 10% la sollecitazione è stata di ingaggiare un legale e trascinare la vertenza il più in lungo possibile. Poiché questo modo ruvido di porsi nei confronti dei propri clienti ha consentito ad Allstate di aumentare sensibilmente i profitti e quindi i dividendi per i soci, la tecnica si è diffusa a macchia d’olio in tutta l’industria assicurativa.
La democrazia può attendere – Sono diversi i contratti di consulenza di McKinsey con governi non propriamente democratici o con società ad essi riconducibili. Molti i lavori con le agenzie cinesi e con società riconducibili al governo centrali. Il caso più discutibile è probabilmente quello della collaborazione con il regime del principe saudita Mohamed bin Salman, ritenuto dalla Cia il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khassoggi. In particolare la società ha collaborato allo sviluppo di sistemi di monitoraggio del dissenso espresso attraverso i social media. Dopo l’uccisione di Khassoggi, e a differenza di altre società occidentali, McKinsey non ha ritenuto necessario interrompere i suoi affari nel paese mediorientale.
La replica di McKinsey – Il libro, che ha da poco ispirato anche un caustico editoriale del commentatore di Bloomberg Adrian Wooldridge dal titolo “I passi falsi di McKinsey evidenziano un problema dell’intero settore”, ha indotto la società ad emettere una nota sulla questione. Secondo l’azienda di consulenza il libro “travisa radicalmente la nostra società e il nostro lavoro”. Viene quindi negata qualsiasi implicazione nella crisi finanziaria del 2008 e si rimarca come le consulenze della società abbiano contribuito a far crescere il Pil globale, aumentare i posti di lavoro, ridurre le emissioni di Co2 (nel 2022 a record storico secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, ndr). McKinsey ricorda di aver lavorato anche per il New York Times, sebbene non si capisca bene perché questo dovrebbe indurre i giornalisti del quotidiano statunitense a non condurre approfondimenti sulla società. “Per quasi 100 anni, la nostra azienda ha lavorato duramente per anteporre il successo di altre istituzioni al nostro. Anche se non siamo perfetti, crediamo che questa missione sia più importante che mai“, conclude la nota.
domenica 29 gennaio 2023
Satiricamente
sabato 28 gennaio 2023
Estika!
Chic!
Per meditare sull'allocchismo
Perfetto (al solito)
L'Amaca
venerdì 27 gennaio 2023
Riflettente
«Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti…»
Wiston Churchill
Mai dimenticare!
Chapeau!
giovedì 26 gennaio 2023
Come no!
Ma certo si figuri, ci mancherebbe! Il signor MMD, boss che si vanta di aver ucciso così tante persone da riempire un cimitero, chiede le miglior terapie e cure per la sua malattia!
Mentre gente comune, onesta lotta negli ambulatori per accorciare le code frutto di una gestione da terzo mondo, mentre i ricchi possono andare a consulto dai luminari oncologici e i poveri no, mentre le cliniche di super lusso sorgono come funghi, questo assassino che non si pente dei suoi misfatti, esige cure e medicinali all'avanguardia.
E un vaffanculo no?
Dovere di uno stato democratico è garantire le cure per tutti, carcerati compresi.
Ma da lì a cercare le miglior medicine irraggiungibili per i comuni mortali, è tutta un'altra cosa!
E rivaffanculo!
Molto interessante
L’altra metà di Agnelli: tra Bilderberg, P2, soldi offshore e il tribunale
E ora, per la serie “Una pentolaccia piena di vespe”, la posta della settimana.
Caro Daniele, mi è parsa molto fuori luogo la beatificazione di Gianni Agnelli. Il presidente Mattarella lo ha addirittura definito “alfiere del prestigio della Repubblica”. Da quando evadere le tasse per centinaia di milioni con società offshore è prestigioso? Da quando vale tutto? (Rita M.)
Dal 1994, ovvero da quando il piano piduista di rinascita democratica cominciò a essere implementato: i lavori sono ancora in corso. Certo, nessuno ha ricordato quello che scrisse Luigi Cipriani (“Nel 1952 nacque ufficialmente il Bilderberg Group. Nel 1967 venne alla luce che il Bilderberg era finanziato dalla Cia. Fra i componenti italiani del Bilderberg c’erano Giovanni Agnelli, Vittorio Valletta, Guido Carli, Amintore Fanfani e Giovanni Malagodi. Tra gli statunitensi: Gerald Ford, Henry Kissinger, David Rockefeller, Andrew Goodpaster, comandante delle forze Usa in Europa, Allen Dulles della Cia, e il generale Morstad, comandante della Nato. Nel 1973 Giovanni Agnelli e David Rockefeller si fecero promotori di una sorta di nuovo Bilderberg, allargato al Giappone: la Trilateral, con funzioni analoghe a quelle del Bilderberg (…). Il massone Valletta inventò le schedature dei lavoratori Fiat.
Booom!
L'Amaca
Daniela e il Mito (?)
Agnelli: lo sciatore pieno di charme contro i comunisti
NEL VENTENNALE DELLA MORTE - Macchine, Juve, donne e finanza Giovanni Agnelli ha segnato la storia industriale e del costume del Paese degli anni 70 e 80
Agnelli santo subito . O di come un playboy miliardario con molto potere e molti averi diventa, a vent’anni dalla morte, un principe rinascimentale, un santo, un sex symbol, un genio. E dello strano caso di due giornali che intervistano in stereo il proprio editore che parla di suo nonno, di cui è erede assoluto, in una specie di doppia riunione aziendale noiosissima sull’argenteria di famiglia, tutta numeri e auto-elogi. E di come l’unico a essere guarito dalla piaggeria verso Agnelli (e relativa dinastia) sembra essere Berlusconi, che ai tempi d’oro teneva la foto di Gianni sul comodino “al posto del santino della Madonna”. E del trasferimento di adulazioni e lusinghe da Gianni a John (evidentemente si ereditano pure quelle).
Come può un uomo che porta una cravatta così (accorciata, ndr) essere l’uomo meglio vestito in Italia? Lui però lo era. Agnelli, documentario Sky.
Una grande allucinazione collettiva prese l’Italia negli anni 80. Chi si faceva di eroina, chi pensava che la disco music fosse musica, chi credeva che Agnelli, siccome abbiente, fosse l’epitome dell’eleganza.
Il sistema ha rivelato una forte vitalità. Per il capitalismo familiare legato al territorio, che è grande parte del nostro tessuto economico, il ventennio che abbiamo alle spalle è stato positivo. John Elkann, ad di Exor e presidente del gruppo Gedi, editore di Stampa e Repubblica, su Repubblica.
Non c’è dubbio che il capitalismo familiare stia benone; per John questo è sintomo di ottima salute del mondo del lavoro, festeggiata oggi dai migliaia di operai in cassa integrazione, dagli esuberi di Pomigliano, dai licenziati di Termini Imerese, dai 4 mila cacciati da Mirafiori, etc. Lo testimoniano i suoi giornali.
Aveva uno charme leggendario, a cui anche io, sulle prime, ho cercato di resistere.Henry Kissinger, Stampa. Aveva la saliva (degli altri) sul polsino.
Agnelli ha rappresentato il sogno degli yuppies, il desiderio di milf, cougar e signorinelle pallide… Uno scatto, nel ranch argentino Los Cardos, nel 1978, ritrae lo zio in camicia denim, appena sbottonata, i capelli svolazzanti, lo sguardo, fingendo sorpresa, era però attento alla posa: è il ritratto più vero e riassume il portamento, lo stile e l’astuzia ricercata dell’uomo più importante. Il Giornale. Fortebraccio lo chiamava “l’Avvocato Basetta”, e diceva che era abbronzato come un marron glacé. Son gusti.
Restano gli interrogativi sul destino della Fiat. Memoria a Torino, cuore ad Amsterdam e cervello a Parigi? Rep & Stampa a John Elkann. Fiat- Chrysler ha sede legale ad Amsterdam. La transumanza di holding e ricconi da tutto il mondo verso Amsterdam, dove fisco e burocrazia sono praticamente assenti e tali da favorire in ogni modo i grandi capitali, mo’ si chiama cuore.
Non abbiamo venduto proprio niente: abbiamo anzi comprato Chrysler per creare FCA. John Elkann, ibidem.
“L’Avvocato avrebbe mai venduto la Fiat?” “Mai. Intuiva che dopo di lui sarebbe accaduto”. Jas Gawronski, intervistato da Aldo Cazzullo, Corriere. Chi mente? Il nipote o l’amico?
Nonostante una gamba distrutta e un tutore, sciava con più eleganza di chiunque altro. Doc Agnelli, Sky. A leggere le apologie odierne, si direbbe che anche da morto se la cava.
In barca mangiava più volentieri: pasta al pomodoro e pesce fresco. Si divertiva a tirare sul prezzo: il pescatore chiedeva 100, lui chiudeva a 80. Poi gli dava 100 lo stesso. Ma voleva far vedere che sapeva trattare. Jas Gawronski. L’umanità si divide in due: chi trova divertenti e chi ripugnanti le tirchierie e le stravaganze dei ricchi.
Il sistema bancario e finanziario italiano, che da sempre aveva beneficiato della Fiat, in quel momento non ci ha sostenuto. Una vera e propria violenza. John Elkann, Rep. Nel 2002 banche nazionali a internazionali diedero alla Fiat un prestito da 3 miliardi di euro. Una violenza inaudita.
Ma quello è stato anche il momento in cui la mia famiglia si è unita per fare fronte comune. John Elkann, ibidem.
Infatti lui è in causa con sua madre, figlia di Gianni, per contendersi l’eredità del nonno.
Mi colpisce quanto, a 20 anni dalla sua morte, il ricordo di “Gianni” – qui a New York nessuno lo chiama l’Avvocato – sia sempre vivo, affettuoso, nostalgico… Tory Burch, la grande creatrice di moda, per qualche ragione finisce col parlare di lui e mi confessa che per lei è un “Role Model per l’eleganza e il fascino” . Mario Platero, Rep. Coraggio, fatevi forza.
La gente saliva sulla rampa del Lingotto dove c’era la bara di Gianni Agnelli come i musulmani vanno alla Mecca. Doc Agnelli, Sky.
No comment.
Il vero pericolo lo corse su un’altra barca, lo Stealth: sbagliò manovra, finì su uno scoglio, il timone che teneva sino a un attimo prima saltò in aria, per poco non lo trapassò. Visse l’incidente come uno smacco, perché era un ottimo velista.
Jas Gawronski.
Una metafora più precisa per le sorti dell’industria italiana in mano ad Agnelli & Eredi non si poteva trovare.
“L’Avv. Agnelli vorrebbe conoscerla, siamo qui alla prima fila”. Questo biglietto mi venne recapitato da un commesso in un auditorium torinese… fu un tuffo al cuore. Dovevo essere rosso in volto. Gestii con cura – da minuscolo pianeta – i momenti di vicinanza a quel sole. Un sole irresistibile per fascino.
Mario Monti, Rep.
Professore, si contenga.
I comunisti conquistarono Torino e il Piemonte, un vero choc per Agnelli. Carlo De Benedetti, doc Agnelli, Sky.
“Il miracolo italiano ha fra le sue condizioni e i suoi costi situazioni come questa del 1957 a Pisa: la Marzotto chiude, la sezione Fiat di Marina di Pisa, una vecchia fabbrica di aeroplani licenzia, nel 1957, 290 operai; 279 sono iscritti alla Fiom, quasi tutti comunisti e socialisti, 30 segretari di sezioni comuniste” (Mario Isnenghi, Storia d’Italia). Fu un vero choc la Fiat per i comunisti, semmai.
Chiamato a svolgere la funzione di senatore a vita dal Presidente Cossiga portò in Parlamento una acuta sensibilità verso quelli che riteneva essere gli interessi comuni della società italiana. Sergio Mattarella, Rep. Di Agnelli si ricorda la fiducia votata nel ’94 al gov. Berlusconi; fino ad allora i senatori a vita si erano sempre astenuti.
La borghesia non si mobilita come la classe operaia e la sua presenza non è nelle piazze, la sua reazione è stata troppo sentimentale, doveva essere più razionale. Gianni Agnelli, nel doc a lui dedicato. Da qui, nel 1980, la marcia dei 40 mila a Torino che chiedevano “il diritto di poter tornare al lavoro”. La vittoria del Bene, di cui oggi si raccolgono i frutti.