martedì 1 luglio 2025

Certificazione

 





Natangelo

 



Armatevi

 

Da Fincantieri a Piaggio, chi si riconverte al riarmo
DI GIANNI DRAGONI
L’industria delle armi è a caccia di fabbriche civili da riconvertire nella produzione militare, per far fronte alla valanga di soldi che arriverà dall’incremento della spesa militare dei paesi Nato al 5% del Pil voluto da Donald Trump. Fincantieri è pronta a convertire due siti che producono per il settore civile, Castellammare di Stabia e Palermo, trasferendo le attività civili in Romania e Vietnam.
Più complesso invece avviare nuove produzioni partendo dal prato o riconvertendo fabbriche civili, per esempio – come si è ipotizzato – se si producessero cartucce in una fabbrica di capsule da caffè. Ma le industrie si stanno muovendo per intercettare le commesse che potrebbero arrivare dai 400 miliardi di euro di spesa militare aggiuntiva stimata fino al 2035.
Un caso è quello annunciato ieri dall’Ad di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, a Bloomberg. L’azienda pubblica intende sviluppare produzioni di navi militari in Campania a Castellammare di Stabia, cantiere già in passato impegnato nel militare, e a Palermo, dedicato alle riparazioni navali. Castellammare e Palermo sono due buchi neri nel bilancio di Fincantieri, tornato a un piccolo utile consolidato nel 2024. “Possiamo facilmente aumentare la capacità militare e semplicemente riallocare la capacità produttiva civile esistente altrove nel nostro vasto sistema”, ha spiegato Folgiero. “Abbiamo un forte vantaggio derivante dalla gigantesca opportunità di un’impennata della spesa in Europa e all’estero”.
La prima fase della riorganizzazione dovrebbe durare dai sei ai 18 mesi dopo l’approvazione del piano aziendale che sarà presentato in autunno, ha detto Folgiero. Il piano comporterebbe lo spostamento di alcune attività di costruzione navale civile dall’Italia, la Romania otterrebbe più lavoro nella fabbricazione dell’acciaio per le navi da crociera e Vung Tau in Vietnam avrebbe maggiori volumi di navi specializzate, dati i suoi costi favorevoli. Castellammare ha già contribuito ad alcune lavorazioni militari, per le navi logistiche Vulcano per la Marina.
Il gruppo tedesco Rheinmetall, secondo fonti sindacali citate da Radio Popolare nei mesi scorsi, cerca stabilimenti in Italia per ampliare la produzione. Il gruppo ha costituito una joint venture con Leonardo in vista di una commessa per carri armati per l’Esercito da 23,2 miliardi in dieci anni. L’Ad Armin Papperger nel messaggio di fine anno aveva detto che la direzione è portare parte degli stabilimenti di componentistica per auto nella divisione armi e munizioni.
Secondo Radio Popolare il messaggio è arrivato anche alle tre sedi italiane di Pierburg, controllata di Rheinmetall, che si occupa di riduzione di emissioni nocive, valvole e pompe. Due stabilimenti, a Lanciano e Livorno, e una sede a Torino per oltre 400 dipendenti. “Pierburg sta riconvertendo due stabilimenti tedeschi verso il militare, a Lanciano oltre all’automotive facciamo le linee di produzione: potremmo doverle riadattare a quei cambiamenti”, ha detto Andrea de Lutiis della Fiom di Chieti.
Ci sono poi altre iniziative citate dai giornali locali. La Faber di Castelfranco Veneto ha rispolverato i vecchi impianti per ogive e bossoli, per ricominciare a produrli. Lo stesso si pensa per la vicina Berco, azienda in crisi che vede nel militare un’alternativa.
Anche la Piaggio Aero di Albenga (Savona), azienda decotta che non trovava compratori sembra aver trovato un futuro nel militare. È stata comprata dalla turca Baykar, che ha poi costituito la joint venture Lba Systems con Leonardo per fabbricare droni in Italia. Selçuk Bayraktar, presidente di Baykar e genero del presidente Recep Erdogan, ha detto il 15 giugno: “Insieme a Leonardo stiamo costruendo una nuova generazione di sistemi unmanned, intelligenti, e concepiti all’insegna dell’interoperabilità”. Bayraktar ha confermato che ci sarà lavoro per Piaggio: “Le sinergie sono possibili e stiamo già lavorando nel sito di Albenga”, dove verrà prodotto il drone TB3.
La fabbrica di Leonardo di Ronchi dei Legionari era destinata alla chiusura, invece verrà salvata dalla produzione di droni. A Grottaglie, il sito nato per produrre le fusoliere dei jet civili Boeing 787, messo in ginocchio dalla crisi del costruttore americano, Leonardo produrrà droni, sia con i turchi sia le ali per l’Eurodrone.
Ad Anagni, nell’ex sito Winchester, sorgerà una fabbrica di produzione di munizioni della franco-tedesca Knds Ammo, con fondi della Ue.
Attenzione però alla sorpresa finale. “Se si parte da zero ci vorrebbero da due a tre anni per ottenere tutte le autorizzazioni e le certificazioni necessarie per le produzioni militari”, avverte l’esperto Michele Nones, vicepresidente dello Iai. “Serviranno ancora da uno a tre anni perché l’Europa possa lanciare la propria macchina industriale. Gli Stati Uniti sono più avanti”, ha fatto notare Lorenzo Mariani, Ad di Mbda Italia (missili).
“Questo significa – chiosa un insider – che il grosso delle commesse per andare al 5% del Pil andranno alle industrie americane, che hanno la capacità per espandere la produzione. Trump lo sa e la sua mossa è stata diabolica: spenderà di meno per la Nato, ma farà guadagnare più soldi alle industrie americane”.

Ronf Ronf

 

I russi russano
DI MARCO TRAVAGLIO
Siccome siamo il popolo più ostile al riarmo, la propaganda guerrafondaia è in piena azione per convincerci che non c’è alternativa. I russi avanzano in Ucraina salvo brevi parentesi da 40 mesi, ma ogni attacco è il più terribile di sempre (strano: due mesi fa i russi, tutti homeless ubriachi, avanzavano a dorso di muli e motorini). Anche la frase più banale in russo, tipo il “non ci sconfiggerete” di Lavrov, diventa una “minaccia all’Europa”. Invece non solo Kiev, che almeno è in guerra, ma pure Polonia, Finlandia e i tre Stati baltici che riabilitano le mine antiuomo per spargerle ai confini con Russia e Bielorussia, inviano segnali di pace. Ogni guasto o black-out, incidente o ritardo è colpa degli hacker e cyber-sabotatori russi. Che vantano più avvistamenti della Madonna di Civitavecchia: spingitori di migranti dall’Africa, mandanti di Al Bano e Iva Zanicchi, truccatori di ogni elezione vinta da chi deve perdere, istigatori di proteste pro Pal, autori di fake news sul cancro di Kate e del video di Macron menato dalla moglie, seminatori di merda nella Senna per le Olimpiadi di Parigi, spie che usano “telecamere antistupro” e “di sicurezza”, “antenne sui tetti delle ambasciate”, “droni russi su Cernobbio per spiare il Centro di ricerca Ue o uno stabilimento Leonardo” (si scoprì poi che non erano né droni né russi, ma interferenze nostrane ai sensori antincendio guasti), computer privati (Libero: “Accendi il pc, Putin ti spia”) e persino “Hvaldimir, la balena beluga sospettata di essere una spia russa e trovata morta in Norvegia” (Rep e Libero). Ieri le cronache sul blocco radar che ha mandato in tilt i voli al Nord e sull’ennesima giornata di paralisi dei treni al Centro-Sud erano affiancate da un rapporto degli 007 britannici su “attacchi cyber da Mosca” e da titoli ammiccanti sul “caos trasporti”: come se a spiegarlo non bastasse Salvini.
Non vi dico l’effetto straniante di leggere queste minchiate sul volo Roma-Trieste, atterrato con la consueta ora e mezza di ritardo per “ritardato arrivo dell’aeromobile” (scusa che vale per l’intera giornata, tanto nessuno domanderà mai il perché della ritardata partenza del primo volo che si trascina dietro tutti gli altri), più un ulteriore quarto d’ora perso sulla pista perché non si riusciva a collegare la presa elettrica del velivolo a quella dell’aeroporto. Appena sceso, ho cercato i sabotatori russi armati di tronchesi, ma devono essermi sfuggiti. Strano che nessuno abbia ancora smascherato gli agenti putiniani che han segato i tubi per far crollare l’insegna di Generali sul grattacielo-banana di Milano. Forse perché ormai hanno capito l’antifona: appena giunti in Italia, scoprono che i servizi pubblici e privati riescono a non funzionare benissimo anche senza di loro. E si riposano.

L'Amaca

 

Violenza e sale in zucca
di MICHELE SERRA
Il problema dei violenti è che spesso sono anche sciocchi. O meglio: non essendo abbastanza intelligenti, si illudono che la violenza possa risolvere ciò che la loro ragione non arriva a capire.
Prendete questa dichiarazione del signor Ben Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale di Israele e falco del governo Netanyahu: “L’obiettivo finale della guerra (ovvero dell’ecatombe di Gaza, ndr) è la completa sconfitta di Hamas, in modo che nessuno possa mai più massacrare i nostri cittadini e rapirne centinaia”. Detto che l’aspirazione alla sicurezza degli israeliani, specie dopo il 7 ottobre 2023, è del tutto comprensibile e legittima, è mai possibile che nessuno riesca a spiegargli che ciò che lui chiama “distruzione di Hamas” ha assunto le forme e i modi della cancellazione di un popolo; e dunque, anche ammesso che la detestabile egemonia di Hamas a Gaza possa avere fine, l’odio dei superstiti sarà inestinguibile, e dopo Hamas nascerà qualcosa di peggiore e di ancora più esiziale per Israele?
Ammesso e concesso che al signor Ben Gvir delle persone palestinesi, bambini e donne compresi, non importi nulla, come può non capire che quello che sta accadendo a Gaza non solo non giova alla sicurezza degli israeliani, ma la rende più precaria che mai?
Le macerie e le stragi chiamano altro sangue, e alla lotteria della Storia non è detto che sia il sangue altrui. Ma i Ben Gvir di tutto il mondo non hanno abbastanza sale in zucca per capirlo, e come tutti i fanatici gettano le basi della loro rovina. Trascinando, nella loro rovina, anche gli innocenti.