mercoledì 9 aprile 2025

Anonima scalante




Chi sarà mai questa signora? Anonima, silente, mimetizzata tra gli aurei scranni, la leghista Maria Cristina Cantù deve aver pensato - paradosso questo - a qualcosa che la facesse emergere tra i soloni leghisti - altro paradosso - escogitando un emendamento che la portasse sul proscenio del coacervo dei rapto arraffanti 49 milioni. E cosa ha cogitato? Di far ricadere i costi socio-assistenziali delle Rsa sulle famiglie e sugli enti locali, alleviando lo stato dalla cura dei fragilissimi per dedicarsi corpo e anima a prepararsi all’imminente guerra dilapidando una cinquantina di miliardi all’anno - ce lo chiede l’europadistokazzo!- 
Per fortuna, o per vergogna, l’emendamento è caduto in Commissione Bilancio. Resta la Cantù e l’enigma di ciò che rotea in solitudine dentro alla sua cervice depauperata da ragione, dignità e umanità. A lei umilmente invio il mio più sentito, ragionato vaffanculo mattutino.

E noi gonzi…




Meditando

 



Robecchi

 

Attenti ai guru. Un annoso problema del popolo: merita delle élite migliori
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Porca miseria, non avevamo fatto in tempo ad abituarci all’idea del nostro kit di resilienza con le carte da gioco per combattere la noia del fallout atomico, al problema di versare la caparra per il bunker, al rotolo di contanti in tasca perché nelle prime settantadue ore di emergenza le carte di credito non le prende nessuno, che dobbiamo resettare tutto. Ora dobbiamo abituarci ad altre idee: che avremo aziende in crisi per colpa dei dazi di Trump, che dovremo difendere i nostri risparmi dal tracollo dei mercati, che dovremo berci tutto il prosecco che gli americani non compreranno più e metterci in testa che il nostro tenore di vita si abbasserà un pochino. Che novità, eh! Fino alla settimana scorsa si discuteva animatamente se destinare qualche miliardo di fondi Pnrr alle armi per difenderci da Putin, oggi si discute animatamente se destinare qualche miliardo di fondi Pnrr per aiutare le aziende colpite dalla politica commerciale americana. Una cosa è certa: quando si sente risuonare l’accorato appello “Niente panico” è esattamente il momento di spaventarsi.
Vecchie e barbogie teorie economiche direbbero che quando è in crisi l’esportazione ci si rivolge al mercato interno, ma qui abbiamo il problemino che il mercato interno non ha una lira, dato che i salari sono fermi da decenni e non è che ora ci metteremo a comprare più lavatrici e a cambiar la macchina per aiutare il sistema industriale. Quanto alla famosa Europa, sembra un pugile costantemente suonato: dei dazi americani si parla da mesi, si scrivono analisi, si fanno simulazioni, si elaborano teorie, e poi quando i dazi arrivano non si sa cosa fare. Trattare? Resistere? Volare a Washington con il cappello in mano?
Mentre c’è tutta questa confusione sotto il sole, rischia di passare in secondo piano il vero scontro in atto da qualche tempo, che sarebbe quello tra le élite e il popolo. Traduco: il popolo è brutto, sporco, cattivo, sbaglia i congiuntivi e non vuole spendere centinaia di miliardi a debito per armarsi fino ai denti; mentre le élite, o sedicenti tali, ci fanno il pippone simil-colto che è meglio essere armati per avere la pace, che difenderemo il welfare togliendo i soldi al welfare per spenderli in cannoni. Il tutto tra citazioni latine e suprematismo europeo detentore della cultura, perché è noto che né i Sioux né gli aborigeni australiani hanno avuto Shakespeare. Siamo abituati a parlar male dei politici, e va bene, non ci fidiamo nemmeno dei grandi capitalisti, ovvio, ma forse è il momento di chiedersi cosa abbiano prodotto, negli ultimi decenni, le famose élite culturali, gli ascoltati guru del contemporaneo, le alte personalità del commento pensoso, i professionisti della lezioncina col ditino alzato.
Quel che si vede è un sostegno fermo e incondizionato allo stato delle cose, che sì, forse, per carità, si potranno migliorare un pochino, smussare qui e là, abbellire di parole retoriche, ma tutto sommato va bene così, e la prova provata è che rimbomba il richiamo all’orgoglio, piuttosto generico, e ai valori, generici pure loro.
Il “popolo”, naturalmente, non capisce, ma comincia a pensare che tutto quel concentrato di scienza che gli viene ammannito ogni giorno somiglia tanto al pigolare di una vecchia nobiltà con la parrucca incipriata, al minuetto dei sottili distinguo e a una strenua difesa delle posizioni acquisite. Idee nuove, zero. Visioni strategiche, zero. Però molta ironia sul “popolo” fesso e incolto che si ostina a non ascoltare. Che scandalo, contessa!

Daziosamente

 

Horror Dazi Show
DI MARCO TRAVAGLIO
Non essendo economisti, possiamo permetterci il lusso di non avere certezze e non fare previsioni sugli effetti a medio e lungo termine dei folli dazi di Trump che sconquassano le borse, i mercati, i governi e persino i pinguini. Quindi assistiamo da spettatori curiosi all’ennesimo derby fra due curve ultrà: gli apocalittici dell’imminente fine del mondo e i minimizzatori secondo cui, alla fine della fiera, cambierà poco o niente; chi intima all’Ue di rispondere pan per focaccia per fargliela vedere al bullo platinato e chi consiglia di trattare. Meglio tirare le somme quando il polverone si sarà depositato. Anche perché gli “esperti” sono gli stessi che tre anni fa davano la Russia in default per le formidabili sanzioni che hanno mandato in bancarotta i sanzionatori mentre il sanzionato cresce 8-10 volte più di loro. Da profani, ci affascina leggere che i dazi hanno “bruciato” in tre giorni tot migliaia di miliardi, figurandoci le dimensioni del falò di banconote; e poi scoprire al quarto giorno che le Borse risalgono, immaginando il mago della zecca (o la banda degli onesti di Totò e Peppino) che ne ristampa una montagna equivalente.
Lo spettacolo migliora vieppiù quando leggiamo che Musk, dipinto finora come il vero presidente Usa, il burattinaio di quella marionetta di Trump, auspica “zero dazi” e chiama “imbecille” l’ideologo trumpiano del protezionismo. E che Mr. Tesla-Starlink-X&C., ma anche Bezos, Zuckerberg e gli altri Big Tech, descritti fino a ieri come i veri registi della Casa Bianca in conflitto d’interessi per guadagnare tanti dobloni, grazie alla Casa Bianca hanno perso il Pil di una decina di stati africani: primo caso di conflitto d’interessi all’incontrario, che rovina i titolari anziché arricchirli. Ci eravamo appena abituati all’idea che, siccome Trump aveva osato vincere le elezioni, la famosa democrazia Usa fosse stata abolita e sostituita da una “tecno-dittatura” col terzo, quarto, quinto, sesto mandato di Donald (fino a 120 anni), seguito dalla tirannide di Vance o di Musk e poi di Barbablù. E ora leggiamo che Trump potrebbe cadere domattina per via dei dazi che invocava dal 1987 (quando c’era Reagan) ed erano in cima al suo programma elettorale. L’ipotesi che la maggioranza degli americani, immiserita e terrorizzata dalla globalizzazione e dalle delocalizzazioni industriali, lo abbia votato proprio per questo è esclusa a priori. Soprattutto nell’Ue, giustamente sorpresa da un presidente che fa ciò che ha promesso agli elettori. Infatti, mentre la Cina i dazi se li aspettava e aveva pronte le contromosse, gli euro-geni non li avevano previsti e non sanno che pesci pigliare. A parte, si capisce, l’ideona di farla pagare agli Usa comprando più armi e più gas dagli Usa.

L'Amaca

 

Il sogno della giustizia
di MICHELE SERRA
Ognuno di noi ha un lato oscuro, in ciascuno di noi alberga un ultrà, un rissante, un facinoroso. La civilizzazione serve a tenerlo a bada, ma ci sono momenti nei quali l’ultrà che è in noi sente di potere ululare liberamente. Quel momento, per me, verrà se per davvero l’Unione Europea deciderà di far pagare le tasse a Big Tech, i colossi americani della comunicazione e dei servizi. I giornali la chiamano “rappresaglia” contro i dazi di Trump, ma no, non sarebbe rappresaglia, sarebbe giustizia. Molto tardiva: ma giustizia. Come scrivo da una vita, in proporzione uno come me (appartengo al famoso popolo delle partite Iva) o un lavoratore dipendente, paga due, tre, dieci volte più tasse di Bezos, Musk, Zuckerberg. Incredibile ma vero. La distruzione del ceto medio — che coincide, in parte rilevante, con la distruzione della democrazia — discende anche da questa mostruosa eccezione al principio dell’equità fiscale. E le folli, grottesche ricchezze da Ancien Régime accumulate da pochissimi ai danni di moltissimi sono un capo d’accusa tremendo, implacabile, nei confronti del neocapitalismo.
Capita, quasi occasionalmente, che l’avvento di Trump abbia reso urgente occuparsi di cose delle quali nessuno ha inteso occuparsi, sebbene fossero urgenti ben prima di Trump. Tassare Big Tech — tassarla almeno quanto un operaio, una gelateria, un’impiegata — è una di queste cose. Poi ci sarebbe, volendo, la riscoperta del concetto di antitrust, che fu uno degli archetipi della democrazia americana.
Ricordarsene almeno in Europa non sarebbe male.

Natangelo

 



Impresa leggendaria.. o quasi

 



martedì 8 aprile 2025

Idee dominanti




In effetti...

 



Rigurgito o realtà?

 



Natangelo

 



Sontuosamente

 

Il razzismo dei riarmisti contro la piazza 5stele
DI DANIELA RANIERI
La distanza igienica mantenuta dai giornali padronali fino a un secondo prima dell’inizio della manifestazione di sabato convocata (e interamente pagata) dal M5S di Conte non è bastata. L’orribile popolo che ancora pensa di contare qualcosa si è presentato in massa al corteo per dire no all’ipotesi della terza guerra mondiale, che tanto ha ringalluzzito il blocco borghese italiano negli ultimi tre anni, e sì all’uso dei miliardi per la Sanità e lo Stato sociale. Che volgarità.
Fino a poco prima della diretta, la home page di Repubblica.it ospitava notizie sulla sciatrice infortunata, i femminicidi, i dazi, ma niente sulla manifestazione: forse perché giusto 20 giorni prima aveva organizzato a sua volta una manifestazione, però per “sostenere l’Europa”, cioè in definitiva per appoggiare il riarmo deciso dalla ex ministra della Difesa tedesca e disgraziatamente presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (Michele Serra, ideatore della manifestazione, ha dovuto precisare in articoli successivi che la piazza era per un’Europa di pace: vallo a spiegare ai fanatici russofobi, atlantisti-dem e riarmisti che si sono precipitati ad aderire), titolando i vari speciali con sobria enfasi: “L’onda blu dei 50 mila”. E se quella era un’onda, una piazza col doppio delle persone è un maremoto, quindi meglio far finta di niente.
Un riferimento alla piazza di Conte, invero, c’era, anche durante il corteo: una newsletter, evidentemente poco letta, che invitava a disertare la manifestazione perché frequentata da gente poco raccomandabile e fondamentalmente putiniana. Il giorno stesso Stefano Folli su Rep avvertiva: la Lega è “il secondo partito più esplicito nella sua simpatia verso Putin: il primo, come è noto, è il M5S che oggi scende in piazza”. Va da sé coloro che hanno risposto all’invito di Conte intervenendo sul palco (o in collegamento) tifano perché Putin ci invada: Barbara Spinelli, Alex Zanotelli, Tomaso Montanari, Alessandro Barbero (il quale ha segnalato le analogie tra i sonnambuli del 1914 e quelli di oggi): tutti portavoce del Cremlino.
Sono 3 anni che ci imbottiscono di propaganda bellica, sponsorizzando deliranti no fly zone, favoleggiando su missili russi (in realtà ucraini) caduti in Polonia e su gasdotti russi sabotati dai russi (in realtà dall’intelligence ucraina con l’aiuto della Cia) e assimilando i nazisti ucraini dell’Azov ai nostri partigiani. Ma stavolta i media mainstream non sono riusciti a nascondere il ribrezzo antropologico che nutrono non solo per le ragioni del popolo che hanno cercato invano di intortare, ma per il popolo tout court. Rep.it ha ossessivamente riproposto il basilare video “C’è pure Rita De Crescenzo, la tiktoker del caso Roccaraso”. Trattasi della signora napoletana che aveva richiamato sulla montagna abruzzese una torma di follower con pranzo al sacco e abiti non griffati. Praticamente l’Anticristo per il giornale degli ex progressisti, che al fenomeno della influencer (che peraltro riesce a mobilitare più persone di tutto il vippume messo insieme da Repubblica) ha dedicato paginoni pseudo-sociologici tra la presa in giro e il trattato lombrosiano. Come resistere alla tentazione di usare una tiktoker poco scolarizzata per screditare la piazza stessa?
Pareva quasi che Conte l’avesse invitata a parlare sul palco, o che la gente l’avesse portata in piazza lei come l’ha portata a Roccaraso. Si può essere più in malafede di così? Hai voglia. Il Corriere di ieri, oltre a un livido pezzo di Roncone (“‘Ma quella non è la Taverna?’. Sì, è lei”; non è stata sufficientemente bastonata a suo tempo in quanto borgatara), ospita la notizia che la tiktoker vuole fare la ministra del Turismo, come se la Santanchè fosse meglio di Rita De Crescenzo, peraltro; inoltre dà conto della presenza fondamentale in piazza di “Simone Ruzzi, alias Cicalone, 51 anni, ex pugile. Il suo canale YouTube, Scuola di botte, conta oltre 800 mila iscritti”. Ergo, se non ti piacciono i cingolati, ti piace Cicalone. Tra i manifestanti contro il riarmo, sabato, c’era anche il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, ma i due giornali borghesi preferiscono bucare la notizia che rinunciare al loro razzismo classista (e poi Rep aveva Roberto Vecchioni, vuoi mettere). L’unica presenza decente, assente Calenda che avrebbe alzato un po’ l’Isee medio, era la delegazione del Pd, presente in entrambe le piazze; a conferma dell’ambiguità paracula del Pd, che in Europa vota No all’emendamento a favore del riarmo da 800 miliardi disposto dalla von der Leyen e Sì al voto finale sulla “Relazione annuale sulla politica di Sicurezza e Difesa”; come dire, con le debite proporzioni: sono contrario allo sterminio degli ebrei progettato da Hitler, ma condivido appieno il Mein Kampf. Comprensibile che i media borghesi oscurino il fallimento del Pd e il successo di Conte nel rappresentare il popolo pacifista. Tre giorni prima, il 2 aprile, Gentiloni incontrava l’ambasciatore di Israele.

Diatriba

 

L’Appello del Venerdì
DI MARCO TRAVAGLIO
Dodici iorni fa, a Otto e mezzo, ho discusso con Massimo Giannini del famoso “diritto internazionale” regnante in Occidente fino a Trump. Ora, fuori tempo massimo, Giannini prova a ricordarmi sul Venerdì di Rep “qualche verità” e a “fissare i punti fermi”. Purtroppo, invano.
1.
“Il famoso negoziato di pace di aprile 2022 non saltò perché Usa, Ue e Johnson vietarono a Zelensky di firmarlo… L’Ucraina si ritirò dal tavolo dopo i massacri di Bucha e l’annessione russa con referendum-farsa di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson”. Balle. Le denunce su Bucha iniziano il 3 aprile, ma Zelensky dice che il negoziato prosegue e i suoi delegati rivedono i russi a Istanbul per altri 12 giorni. Poi il 15 aprile se ne vanno. I referendum e le annessioni dei quattro oblast ucraini arrivano 5 mesi dopo: a fine settembre. Il perché lo spiega il capo-delegazione ucraino David Arakhamia alla tv zelenskiana 1+1: “I russi erano pronti a porre fine alla guerra se avessimo accettato la neutralità: avremmo dovuto promettere di non aderire alla Nato. Questo era il loro punto chiave”. Ma il 9 aprile “Johnson venne a Kiev e disse che non dovevamo firmare nulla coi russi, ma solo combattere e basta”.
2.
“È vero, i bombardamenti nell’ex Jugoslavia non ottennero il via libera dall’Onu, ma solo perché in Consiglio di sicurezza misero il veto Russia e Cina”. Quindi, siccome Russia e Cina sono membri permanenti del Cds, il loro voto vale solo quando dicono Sì. E il diritto internazionale lo decide Giannini: se le guerre le fa la Nato (con o senza Onu) vanno bene, se le fanno gli altri no.
3.
“La missione Afghanistan ebbe almeno la copertura Nato”. Quindi la Nato fa le veci dell’Onu. Come dire che le invasioni sovietiche dell’Ungheria e della Cecoslovacchia ebbero almeno la copertura del Patto di Varsavia.
4.
“Nulla di ‘illegale’ nelle vicende di Kosovo e Libia”. Se la Nato sostituisce l’Onu, vale tutto (per la Nato). Ma purtroppo il diritto internazionale lo sancisce l’Onu. Nel 1999, dopo i 78 giorni di bombardamenti Nato su Belgrado e la contro-pulizia etnica kosovara su 300 mila serbi e rom, la pace di Kumanovo, ratificata dalla risoluzione Onu n. 1244, riconosce la sovranità serba sul Kosovo. Che però nel 2008 si proclama indipendente e l’Occidente lo riconosce in spregio al trattato e alla risoluzione Onu. Quanto all’attacco Nato alla Libia nel 2011, giustificato dalle solite fake news Usa su fosse comuni e 30 mila vittime dei gheddafiani, la risoluzione Onu n. 1970 autorizza “tutte le misure necessarie per proteggere civili e aree a popolazione civile”: non certo quei bombardamenti su civili, centri abitati, tv e scuole (una per disabili).
Massimo, dài retta, era meglio fare come a Otto e mezzo: tacere.

L'Amaca

 

La motosega nell’anima
di MICHELE SERRA
Il vicepresidente del consiglio di un paese membro dell’Unione Europea che invoca “la motosega di Milei” contro la stessa Unione, e si schiera con i nemici dell’Europa, Putin e Trump, in termini etici, e forse anche in termini tecnici, è un sabotatore, se non un traditore. Intelligenza con il nemico è l’accusa che gli spetterebbe nei Paesi che ammira, qualora osasse fiancheggiare questa o quella potenza straniera.
Ma il Salvini, qui in Europa, non corre alcun rischio. E lo sa. E per questo pensa e parla come un bullo. Fa parte di quella libera schiera di odiatori dell’Unione che, in virtù delle regole della democrazia, può perfino farsi eleggere al Parlamento Europeo, nel quale non pochi dei deputati sono dichiaratamente ostili non solo alle politiche dell’Unione, ma proprio ai suoi fondamenti. È il concetto di Europa in sé che detestano, perché osta con il concetto di Nazione che è il loro unico dogma (e ti credo che Meloni strilla in Parlamento: la mia Europa non è quella di Ventotene).
Il problema della democrazia è che la tolleranza è al tempo stesso la sua ragione di vita e il suo rischio di morte. Si contempla il caso (vedi Trump) di elezione democratica di chi intende uccidere la democrazia. La democrazia americana, oggi, è Socrate che beve la cicuta. E i Salvini, tal quali i fascisti quando tornarono in Parlamento per la generosità congenita di quella democrazia che odiavano, appartiene alla schiera dei sicari dell’Europa che l’Europa, in quanto democratica, rispetta tanto quanto gli europeisti. La motosega Salvini ce l’ha nell’anima, l’Europa non la userebbe neppure contro i suoi assassini.

lunedì 7 aprile 2025

Attention please!




Ad esempio



Cercare un direttore sportivo come questo, dal passato nella spa dell’imbroglio, è un po’ come dare in gestione un negozio di ceramiche antiche ad Attila!

A volte capita...

 



Che belpaese!

 

Sanità, Lega&C. scaricano i malati non autosufficienti
DI GAIA SCACCIAVILLANI
Senato. Un emendamento del Carroccio farà pagare ai Comuni e alle famiglie i costi socio-assistenziali dei pazienti gravissimi
In Senato Lega e Fratelli d’Italia sono riusciti nell’impresa: tagliare il bilancio sanitario lasciando fuori qualcuno, i più gravi. L’ultima parola spetta al governo, ma se andasse in porto per il Servizio sanitario nazionale sarebbe un pessimo precedente. A Palazzo Madama è in corso uno scontro sul tentativo di tagliare l’assistenza ai non autosufficienti, mascherato da emendamento a una norma su argomenti contigui. Si tratta del ddl 1241 sulle “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie”, fermo in commissione Bilancio in attesa di una relazione tecnica del governo su alcuni emendamenti. Come quello con cui la senatrice leghista Maria Cristina Cantù, sostenuta da Fdi, ha ottenuto di inserire una modifica all’articolo 30 della legge 730 del 1983 per separare le spese per le prestazioni sanitarie da quelle socio-assistenziali, anche quando sono strettamente connesse come avviene nella non autosufficienza, in modo che restino a carico del fondo sanitario nazionale solo le prime.
Si tratta di servizi di cura alla persona come la nutrizione del paziente con il sondino, la mobilizzazione di malati neurologicamente compromessi o l’igiene di persone allettate con piaghe. Situazioni nelle quali è molto difficile capire dove finisce il sanitario e inizia il socio-assistenziale. Tanto che i livelli essenziali di assistenza, invece di una separazione delle due categorie voce per voce, prevedono delle spartizioni forfettarie dei costi. Per esempio per gli anziani lungodegenti non autosufficienti dividono la retta a metà tra il Servizio Sanitario e il paziente (o il Comune, se il paziente non ce la fa). In alcuni casi specifici, in cui la gravità è tale che tutte le prestazioni svolte per il paziente sono nella sostanza sanitarie, la quota a carico del paziente (o del Comune) si azzera.
Le norme sono molto chiare, eppure vengono spesso violate in scioltezza, sia per la copertura al 50% che per i pochissimi al 100%. Nel primo caso è una rarità che la quota a carico del paziente sia pari al 50%. In molte Regioni la quota a carico della Asl non viene pagata perché le liste d’attesa non scorrono, dato che i letti spesati sono meno di quelli che servono. Per esempio in Toscana, a marzo, c’erano 1.800 persone in lista d’attesa e in Liguria e Lombardia ci sono circa 5.000 posti letto non a contratto. Senza contare il “sommerso”: si fa di tutto per evitare che le liste d’attesa si allunghino troppo, anche rallentare la presa in carico del paziente con la visita multidisciplinare. E le famiglie? Aspettano o pagano il 100%, in attesa di poter usufruire del posto al 50%, ma a questi ritmi può passare anche un anno e chi non può permetterselo è disperato.
Ne sa qualcosa il signor Marco Primini di Firenze, che racconta di non sapere più dove sbattere la testa perché i risparmi della mamma sono quasi finiti, ma lei non è ancora entrata in convenzione e lui – sessantadue anni, interinale part time in scadenza a settembre – non sa dove trovare i soldi per la retta della struttura in cui l’ospedale ha mandato la signora un anno fa.
Se questa è la situazione standard, figuriamoci il target dell’emendamento, i 100% sanitari, che per essere riconosciuti tali nel 99% dei casi devono andare in tribunale. Lo fanno in molti in Lombardia, dove l’emendatrice Cantù è stata assessore alla famiglia nella giunta Maroni con delega ai servizi sociosanitari. Qui soltanto tra il 2018 e il 2024 sono arrivati in Cassazione 17 ricorsi, 16 dei quali si sono chiusi con il riconoscimento al paziente del diritto alla copertura del 100% della quota di degenza. La Lombardia ha anche il primato di ben tre sentenze che hanno riconosciuto che al paziente era stata accollata una quota più alta del 50% di sua pertinenza. Eppure è la stessa Regione a fissare alcuni punti fermi nei suoi atti formali. Per esempio nella delibera di giunta del 25 febbraio 2019 si legge che “le prestazioni erogate nelle unità di offerta socio sanitarie sono caratterizzate da una forte connotazione sanitaria” e “dalla ulteriore inscindibilità tra prestazioni sanitarie e assistenziali”. Cioè quell’inscindibilità che l’emendamento Cantù vuole cancellare e con lei tutte le pendenze giudiziarie.
Il testo approvato prevede che nella legge del 1983 la frase “sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali”, sia sostituita da “sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario, anche se connesse con quelle socio-assistenziali”. E precisa che, fatta salva la quota di compartecipazione del 50% prevista dai Lea del 2017, a suo dire aumentabile al 70% nei casi di alta complessità assistenziale, “sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle prestazioni di rilievo sanitario”. Non c’è piano terapeutico o tribunale che tenga: la norma si applicherà “anche agli eventuali procedimenti giurisdizionali in essere alla data di entrata in vigore della presente legge”. Il tutto senza distinguere con una lista cosa è sanitario e cosa no e in quali situazioni.
Il taglio, che inizialmente era rivolto a tutti, riguarda solo chi si trova nelle condizioni peggiori, i 100% appunto, ma pone le basi per mettere in discussione il diritto alle cure per tutti i non autosufficienti. L’emendamento potrebbe poi finire con il complicare molto le cose per chi deve programmare gli stanziamenti, visto che si tratta di separare ciò che riteniamo inseparabile da 40 anni. Così il saldo positivo per le Regioni non è scontato, a meno che non si abbiano conti molto alti da pagare per sentenze sfavorevoli. Senza contare i Comuni e le famiglie.

domenica 6 aprile 2025

Fantastici!




Non ci avrete mai!



Sommessamente rosicano lontano da sguardi indiscreti, dopo che centomila (per la questura 997) persone si sono ritrovate per dir loro, bignamicamente “ci avete rotto i coglioni”, noi assieme a Giuseppe Conte, a Marco Travaglio, al presidente delle Acli, al professor Barbero, a padre Alex Zanotelli, diciamo no al riarmo, no a questa politica infausta cercante il nemico, no alla follia di riarmare la Germania, come se la storia non ci avesse insegnato abbastanza, no a quella mononeuronica biondastra alemanna della von der Leyen assetata di sangue futuro, no a tutte le balle sesquipedali che i giornaloni di proprietà di armigeri affamati quotidianamente ci propinano! E naturalmente oltre al rosicamento nei soloni pensatori che da tempo immemore si rifugiano dietro a paraventi di lotta, cresce l’ansia e il dubbio - forse dovevamo spargergli più Marcuse? - perché l’appannaggio, la proprietà di ciò che allocchi chiamano ancora sinistra, gli sta sfuggendo di mano, quasi cianotici s’aggirano nei loro lidi ameni tipo Capalbio, nei loro fustagni di marca, inorriditi dal fatto che la peripatetica appartenenza a quell’artefatto modo di sproloquiare sulle diseguaglianze, raccattando gettoni di presenza, stia per finire. Si, ne ho la certezza, avendo partecipato fieramente alla manifestazione: ci siamo rotti i coglioni di queste zecche pensatrici! 
Naturalmente non ci stanno: il loro giornale di riferimento, Repubblica, oggi evidenza la presenza alla manifestazione dell’influencer napoletana, con chiaro intento denigratorio, come se un Casini, una Picierno, un Guerini, un Gentiloni invece portassero nobiltà ad eventi, come se la pensione dorata di Bertinotti, il profumato Fassino fossero cammei nobilitanti l’azione. 
Dall’era del Ballismo e del suo fautore attualmente a servizio di un arabo assassino e ricchissimo, quella vaga idea di socialismo si è liofilizzata perché alle parole sono seguite solo opere consociative, condividenti squallide politiche divaricanti stati sociali. Tentare di accalappiare beoti facendo passare l’idea che infognarsi in debiti da 800 miliardi da spendere in armi sia la via maestra, non funzionerà mai! E se ciò succedesse, dietro al mefitico “ce lo chiede l’Europa” sappiate bene una cosa, scolpitevela nelle vostre aride cervici: non ci avrete mai! Ed infine che parta finalmente la ribellione di massa, la dissociazione, il rifiuto di pagare tasse pro industrie belliche! In galera non c’è posto per centomila menti libere (997 per la questura) 
Vamos!

Senza foto

 

Assolutamente niente foto, nessuno scatto a suggellare l’incontro, emozionante, molto emozionante. Trovarmi a pochi centimetri da Ecce Homo, dai Bari, dal crudele Giuditta e Oloferne mi ha lasciato attonito, molto probabilmente a causa della strabordante bellezza insita nel Merisi.

Natangelo

 



Pacificamente

 



Ero lì, svegliatevi!

 



Antonio tocca a te!

 

Il potere idiota e il silenzio stampa
DI ANTONIO PADELLARO
Ricordate i plotoni di presunti infettivologi che ai tempi della pandemia dispensavano, come piovesse, diagnosi, terapie, ma anche pozioni magiche utili a debellare il Covid? Presunti esperti ma soprattutto presunti operatori dell’informazione che pur di non mollare le poltrone dei talk-show si improvvisavano provetti scienziati senza avere mai frequentato una provetta. A cui fecero seguito i sedicenti guru del cambiamento climatico con barometro incorporato mentre imperversano tuttora i geopolitici “fai-da-te”, quelli che non sanno ancora se si dice Ucràina o Ucraìna. Al momento, complice la guerra dei dazi, siamo costretti a sorbirci le dotte analisi degli economisti prêt-à-porter che aggiungono confusione al caos trumpiano. Trionfa il giornalismo del “secondo me” che si compiace delle proprie opinioni campate per aria con una caratteristica costante: il non possedere mai mezza notizia, neppure per sbaglio.
Non molti anni fa Marco Travaglio pubblicò “La scomparsa dei fatti”, un libro sullo stato dell’informazione in Italia programmaticamente svuotata di contenuti, e che aveva come sottotitolo: “Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni”. Rispetto ad allora la situazione è notevolmente peggiorata poiché la pratica universale del “secondo me” non soltanto ignora le notizie ma tenacemente le combatte. Guardate che fine ha fatto Julian Assange, che invece di ricevere il Nobel per la pace ha subito lunga e accanita persecuzione. Reo di avere divulgato tramite WikiLeaks documenti statunitensi secretati ma fondamentali per provare le numerose violazioni dei diritti umani perpetrate dalle amministrazioni Usa.
Mercoledì scorso, durante la presentazione a Roma del suo best seller “Fratelli di chat”, il nostro collega Giacomo Salvini ha ricordato le reazioni scomposte del partito di Giorgia Meloni. Che, non potendo smentire i fatti documentati nelle chat che si scambiavano i fratelli e le sorelle d’Italia, se la sono presa (fino agli insulti maleodoranti del gerarca Donzelli) con chi ha fatto egregiamente il proprio mestiere. C’era anche Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, a sua volta colpevole di aver divulgato i saluti fascisti e le frasi antisemite raccolte nei circoli giovanili di Fratelli d’Italia. E che risulta spiato illegalmente con uno spyware introdotto nel suo cellulare. Ormai si è talmente disabituati ad apprendere la realtà delle cose che quando, nello Studio Ovale, Donald Trump e i suoi accoliti presero a bullizzare Volodymyr Zelensky, quel formidabile momento di verità fece saltare su gli indignati speciali in servizio permanente effettivo: ma che razza di modi, signora mia! Del tutto incuranti di come sulla guerra che continua a falciare intere generazioni di ucraini e di russi fosse stato strappato, quanto basta, il sipario delle ipocrisie e delle falsità. Qualcosa del genere è avvenuto con la rivista americana “The Atlantic” che ha pubblicato le chat con i piani di guerra contro gli Houthi dopo che il direttore del magazine era stato inserito per errore in una riunione di membri del governo statunitense. Anche in questo caso il giornalismo del “secondo me” si è mostrato atterrito per la divulgazione di possibili segreti di Stato. Insomma, per conoscere qualcosa di vero oltre alla propaganda e all’imbroglio non resta che affidarsi all’impegno di pochi coraggiosi colleghi. E all’idiozia dei potenti.

Ci dica Professore!

 

Barbero: “Armi e sindrome dell’invasione: come nel ’14 prima della guerra”

DI ALESSANDRO BARBERO*

"Dipenderà essenzialmente da noi evitare un nuovo suicidio dell’Europa"
A noi storici spesso chiedono: ma l’epoca nostra che stiamo vivendo a quale periodo del passato assomiglia? Ecco, io purtroppo negli ultimi tempi comincio ad avere sempre più l’impressione che l’epoca nostra assomigli paurosamente agli anni che hanno preceduto lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914.
Allora l’Europa usciva da un lungo periodo di pace. Se uno non guarda alle guerre nei Balcani e alle guerre coloniali in cui tutti i Paesi europei si erano imbarcati, perfino noi italiani (in Etiopia e Libia), effettivamente l’Europa usciva da un lungo periodo di pace. Anche adesso usciamo da un lungo periodo di pace, quasi. Anche adesso – se dimentichiamo i Balcani, se dimentichiamo la Jugoslavia, se dimentichiamo il bombardamento di Belgrado, se dimentichiamo le guerre coloniali che ci sono anche oggi – i grandi Paesi dell’Occidente non si sono più fatti la guerra da tanti anni.
E allora come mai nel 1914 l’Europa è precipitata nella guerra più spaventosa di tutti i tempi? Il guaio è che, se uno va a vedere da vicino com’era quel mondo che assomigliava molto a quello nostro di oggi, non è così strano che siano precipitati in una guerra spaventosa.
Intanto in quei lunghi anni di pace parlavano continuamente di guerra, della “prossima guerra”. C’era un genere letterario, oggi dimenticato, che all’inizio del secolo faceva furore: gli storici della letteratura lo chiamano “letteratura dell’invasione” o “della prossima guerra”. In tutti i Paesi, non solo dell’Europa, ma del mondo, uscivano romanzi che raccontavano come “il nostro Paese presto sarà invaso da un feroce nemico’’. Questi romanzi si pubblicavano in una quantità enorme di copie, tutti li leggevano e raccontavano tutti la stessa storia: “Il nostro Paese è debole, siamo circondati da nemici cattivissimi, dobbiamo riarmarci perché non siamo abbastanza sicuri”. E l’opinione pubblica intossicata, sentendo parlare continuamente “della prossima guerra” e dei “malvagi nemici che ci minacciano”, ha cominciato a chiedere sicurezza, armamenti e alleanze.
Una risposta dei governi alla fine dell’Ottocento è stata: “Beh, allora cerchiamo degli alleati”, nell’illusione che da soli si sia in pericolo e, se invece si hanno alleati, si sia più sicuri. Peccato che le alleanze producano anche effetti inaspettati, perché i Paesi che rimangono esclusi da queste alleanze – all’epoca era la Germania – cominciano a dirsi: “Queste alleanze le stanno facendo contro di noi, siamo minacciati”. Poi le alleanze faranno sì che, alla prima scintilla che esplode nei Balcani, tutti questi Paesi siano costretti a entrare in guerra, uno dopo l’altro, perché sono vincolati dalle alleanze. E poi l’opinione pubblica chiede il riarmo: certo, se stiamo per essere invasi! Il riarmo è pazzesco: negli ultimi cinque anni prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, le potenze europee – compresa l’Italia, che era l’ultima delle potenze europee, ma si considerava tale anche lei – aumentano le spese militari del 50% in media, di nuovo nell’illusione di “essere più sicuri”. Solo che questa faccenda dell’illusione della sicurezza è proprio un paradosso. Perché? È più facile capirlo raccontando nel concreto. L’Inghilterra ha la più potente flotta del mondo, domina i mari e si sente sicura. La Germania si sente minacciata, soffocata dalla potenza dell’Inghilterra, decide di armarsi, di costruire anche lei una grande flotta. L’Inghilterra così improvvisamente non si sente più sicura e perciò investe per aumentare ancora gli armamenti. I tedeschi vedono che gli inglesi investono ancora per rafforzare la flotta e sono costretti a spendere sempre di più. L’unico risultato è che in entrambi i Paesi si diffonde il nervosismo, la sensazione di insicurezza, la sensazione che l’altro è il nemico. Sul continente invece la Germania è sicura e tranquilla, ha il più potente esercito del mondo. Chi non è sicuro è il suo vicino: la Francia. I francesi pensano: “Dobbiamo riarmarci per essere più sicuri”. All’epoca c’era il servizio militare obbligatorio, c’era dappertutto e durava moltissimo (oggi ne sentiamo parlare come di una cosa che magari andrebbe quasi reintrodotta, dopo che – grazie al cielo – ce ne eravamo liberati). I francesi però pensano che non duri abbastanza, così nel 1913 decidono di allungarlo da 2 a 3 anni. I tedeschi allora si dicono: “Dobbiamo rafforzarci anche noi, perché presto non saremo più i più forti. Dobbiamo rafforzarci o, visto che per il momento i più forti siamo ancora noi, forse allora è meglio farla, questa guerra, finché siamo in tempo”. I libri che parlano della “prossima guerra”, a quel punto, non sono più solo romanzi: cominciano a uscire i libri dei generali che parlano della “prossima guerra”. Ai primi di giugno del 1914 il comandante dell’esercito tedesco Von Moltke dichiara: “Ora siamo pronti. E prima è, meglio è”.
Ecco, io ogni tanto mi dico: “Ma no, non è vero che la nostra epoca assomiglia tanto a quella, ci sono tante differenze”. Però credo che dipenderà essenzialmente da noi fare in modo che davvero questa nostra epoca non assomigli troppo a quella che ha preceduto il suicidio dell’Europa nel 1914.
*Intervento alla manifestazione di ieri a Roma, testo raccolto da Angelica Tranelli

Io c'ero!

 

Il senso di una piazza
DI MARCO TRAVAGLIO
Non sappiamo quali conseguenze avrà la piazza strapiena di ieri contro l’Ue in assetto e in economia di guerra. Ma sappiamo che ne avrà. Non modificherà l’umore dell’opinione pubblica, già ieri plebiscitariamente contraria al riarmo degli Stati, a nuovi armamenti all’Ucraina in pieno negoziato e ancor più alla follia “volenterosa” di spedire migliaia di giovani europei a morire in una guerra persa prima di iniziare. Ma la vista di tutta quella gente assiepata nel corteo e davanti al palco ai Fori Imperiali farà bene sia a chi c’era sia a chi non c’era. Farà bene a chi legge i giornali e vede i talk del Pensiero Unico Bellicista con un misto di smarrimento e solitudine. E si domanda: davvero non esiste un pensiero alternativo? Davvero non c’è più niente da fare contro questa deriva da escalation verso la terza guerra mondiale? Davvero dobbiamo rassegnarci alla normalità di un conflitto armato, non più per procura come in Ucraina, ma diretto, con morti e feriti nelle nostre famiglie, come non accadeva dal 1945? Davvero è inevitabile celebrare gli 80 anni della Liberazione dal nazifascismo con una nuova corsa agli armamenti, prima causa di tutte le guerre, fra le idiozie paranoiche e antistoriche degli euro-ras, tipo “La pace si ottiene preparando la guerra”?
I 5 Stelle di Conte, liberi dalle zavorre draghian-atlantoidi, hanno riscoperto le radici pacifiste del Movimento, fondato da Grillo e Casaleggio il 4 ottobre 2009, festa di San Francesco. Non è il pacifismo cieco di chi vuole uscire dalla Nato e abolire i nostri eserciti nell’attesa utopistica che lo facciano anche gli altri. È il pacifismo realistico e raziocinante che ripudia la guerra come la Costituzione, ma ammette la legittima difesa della Patria e degli alleati. Le armi sono l’extrema ratio quando fallisce ogni tentativo per scongiurarla con la politica e la diplomazia: altro che “prepararla” con riarmi nazionali pericolosi (vedi Germania) e inutili (la Nato è sempre lì) e provocazioni al presunto “nemico”, affibbiandogli propositi d’invasione senza neppure sedersi a un tavolo per ascoltarne le eventuali ragioni, trovare soluzioni e proporre un futuro di cooperazione e sicurezza reciproca. L’Ue, nata dal giuramento “mai più guerre fra noi” dopo due conflitti mondiali, ha passato questi tre anni a evitare e ora persino a sabotare ogni negoziato sull’Ucraina. Perciò la piazza era piena: non solo di elettori 5S, ma anche di una galassia di associazioni e di tanti cittadini (anche giovanissimi) apolidi e apoti che votano sinistra, centro, magari destra, ma non ne possono più di proclami bellicisti e normalizzazioni dell’orrore. Volevano dire la loro e l’han detta. Chi, nel Palazzo, resterà sordo la pagherà cara. La storia insegna: nulla più delle guerre spacca i partiti e li uccide.

L'Amaca


Fuori controllo
di MICHELE SERRA
Chissà se l’indagine interna promessa dall’esercito israeliano sulla orribile esecuzione di quindici operatori della Mezzaluna Rossa approderà alle stesse conclusioni che, grazie al New York Times,sono sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale: che si è trattato, appunto, di una orribile esecuzione, contro ogni residua regola di diritto e perfino ogni regola di guerra.
Accertato, oramai senza margine di dubbio, che non c’è alcuna proporzionalità (ammesso che quella fosse l’intenzione) tra il pogrom di Hamas il 7 di ottobre del 2023 e la interminabile rappresaglia israeliana a Gaza, con azioni collaterali in Cisgiordania e in Libano; che le decine di migliaia di vittime civili, di affamati, di scacciati, di bombardati possono essere definiti tutti “terroristi” solo da un ideologo pazzo, o da un propagandista cinico; che medici e infermieri sono, sempre e ovunque, il più ingiustificato dei bersagli, e colpirlo è tra i più ignobili dei crimini di guerra; resta da capire un aspetto non secondario di quanto sta accadendo.
La domanda è se le forze armate israeliane siano fuori controllo perché hanno perduto totalmente di vista finalità e regole del loro agire, che almeno sulla carta dovrebbe essere l’agire di uno Stato democratico assediato da settant’anni; oppure se finalità e regole, già in partenza, fossero diverse da quelle dichiarate, e dunque gli effetti stragisti dell’azione israeliana a Gaza fossero già prevedibili o addirittura previsti dal governo Netanyahu. Probabile che sia una domanda che non potrà mai avere risposta. Certo, diventa ogni giorno più difficile non farsela.

sabato 5 aprile 2025

Preparazione



Preparazione alla mostra del Caravaggio. I colori forti tipo quel rosso intenso nel gotto…

Kotiomki!




Natangelo




Spostamenti temporali




L’Amaca


Non è successo niente
di Michele Serra

Comincia a diventare avvincente, con veri e propri casi di virtuosismo, lo spettacolo “Non è successo niente”, che vede i governanti italiani minimizzare gli effetti dei dazi di Trump sull’economia mondiale (quella americana compresa).

Magnifico, al Tg2, il fratello d’Italia Scurria (una new entry, si direbbe) che, con il volto terreo, dichiara che «il governo è impegnato a evitare guerre commerciali», come se nessuno lo avesse avvertito che la guerra già divampa e le Borse hanno accolto i dazi con lo stesso ottimismo con il quale accolsero il Covid.

Fa l’effetto di uno scampato a un bombardamento aereo che, uscendo dalle macerie, si scrolla la polvere dal pigiama e dichiara di essere fermamente intenzionato a evitare i bombardamenti aerei. Ipotesi alternativa (e di alleggerimento per Scurria): l’intervista risale a qualche mese fa, giaceva da mesi in un deposito di file inutili ed è stata mandata in onda per errore.

Di spicco anche la performance di Bruno Vespa, la cui fase senile coincide con una impressionante recrudescenza dello zelo filogovernativo. Prima era un governativo curiale, ora sembra una specie di vietcong meloniano, disposto a tutto, anche all’assalto all’arma bianca. L’impatto mondiale dei dazi, nel suo raccontino serale, è il modesto aumento di prezzo di una pizza a New York, un dollaro o due, mica cadrà il mondo…

Trattare è la parola d’ordine, il pensiero magico, il mantra che salva. Anche Tajani, facilitato dalla romanità paciosa, si dice fiducioso nelle trattative. La domanda sarebbe: quali? Rischiano di rimanerci male quando, recandosi alle trattative, scopriranno che Trump non ha mandato nessuno. Tratteranno in famiglia sul prezzo della pizza.

Cammeo




Quello che si evince dai momenti politicamente tellurici attuali, ciò che emerge sinteticamente, bignamicamente, il cammeo che più d’ogni altra forma critica racchiude il senso, la risultante di aver eletto uno scriteriato psicolabile al centro del mondo, non sono le nenie mielose alla Bruno Vespa per intenderci, né lo stallo della caciottara nostrana, e neppure gli spasmi dei riccastri ricordanti le evebraun nel bunker del baffetto bastardo e per fortuna morente. No, se si volesse riassumere questo mefitico e demenziale momento, basterebbe solo una banale news: ieri sera, per la prima volta in 28 anni, Fox News - la rete amichetta del Randle Patrick McMurphy biondastro - non ha esposto sul sottopancia i dati della borsa di Wall Street, terribilmente in profondo rosso; ciò ricorda la classica storia del plutocrate votato da ignavi babbani, capace di idiozie destabilizzanti non scalfenti l’adulazione dei propri fedeli, aggravata purtroppo a ‘sto giro da un’eclatante instabilità psichica del soggetto, che ci potrebbe portare dritti dritti nel dirupo. E che Fox News naturalmente eviterà di darci come ultima notizia.

Centra sempre il problema



Fascino da bunker 

di Marco Travaglio 

Se oggi ci sarà tanta gente in piazza contro il riarmo, gran parte del merito sarà di questa Ue in assetto di guerra. In particolare della commissaria Lahbib e della sua “borsa di resilienza” col kit “per sopravvivere 72 ore” alla guerra mondiale (coltellino svizzero, busta salva-acqua per documenti, caricabatterie, medicine, torcia, accendino, carte da gioco e altri preziosi antidoti alle radiazioni). Forse era un messaggio ai russi: non potendoli ammazzare tutti con 800 miliardi di reddito di belligeranza perché sono troppi e hanno 6-7 mila testate atomiche, l’Ue prova a farli morire dal ridere. O forse è un messaggio a noi europei, non si sa se per rassicurarci o terrorizzarci. Sia come sia, ha centrato entrambi gli obiettivi. Ci ha rassicurati che all’invasione russa non credono neppure le tre grazie di Bruxelles, Grazia von der Leyen, Graziella Lahbib e Grazie al Kallas (sennò il trio non perderebbe tempo in simili minchiate; o l’avrebbero già dimissionato per eccesso di idiozia). E ci ha terrorizzati mostrandoci in che mani siamo e fornendoci l’identikit del vero nemico che minaccia l’Ue: l’Ue.
C’è però una terza ipotesi: che vogliano semplicemente abituarci all’idea della terza guerra mondiale come a un normale tran tran di routine, tipo i weekend fuori porta, le vacanze estive e natalizie, i picnic di Pasquetta. Infatti ne parlano con grande nonchalance in ogni discorso e nelle risoluzioni che fanno votare agli allocchi Pd&FI. E, siccome il popolo si ostina a rifiutare il riarmo, hanno incaricato i loro trombettieri di inventarsi dei padri nobili per giustificarlo. I serrapiattisti hanno scomodato le buonanime di Spinelli, Colorni e Rossi per mettere loro in bocca cosa mai dette né pensate. I catechisti a mano armata confondono i Vangeli con le Sturmtruppen. E Rep spara un bel titolo civettuolo: “L’Italia scopre il fascino del bunker. ‘Superiamo la paura dell’atomica’. Cosa c’è in un rifugio antiatomico privato: un alloggio a prova di bomba. Record di richieste per farsi costruire ricoveri in casa”. A parte il fatto che l’unico da ricovero è chi inventa quella robaccia, chi di voi non sogna di murare porte e finestre di casa per vivere il resto dei suoi giorni in un grazioso e arrapante cubo di cemento armato? Sentite che figata: “Camere da letto, bagni, soggiorno e zone fitness tra 1,5 e 5 m. sottoterra, porte blindate pesanti fino a 400 kg. in ferro e calcestruzzo, sale di decontaminazione con doppie porte e docce, aree per stoccaggio di cibo e acqua, sistemi elettrici di emergenza attraverso l’uso di cyclette (tocca pedalare, ndr), sistemi di smaltimento rifiuti e decomposizione”. Prezzi modici: “Dal modello base da 85 mila ai più cari da 1 milione che possono ospitare anche veicoli”. Per raggiungere il più vicino reparto psichiatrico.

Presente!




Sunto della giornata




venerdì 4 aprile 2025

Così è!




Piangono le aziende dei ninnoli moderni (a proposito quando esce il nuovo 17) colpite al cuore dal barbaro biondo, loro che da sempre erano abituate a schiavizzare vietnamiti per poche once e a rivendere il prodotto a carissimo prezzo (non vedo l’ora di acquistare l’iPhone 17) in questo mercimonio che chiamiamo mondo evoluto; si disperano le grandi case di alta moda che usurpano mani di cinesi, di indiani per produrre le loro meraviglie per portafogli rigonfi; e quello che in special modo aggrava il core è che il comandamento principe di tutto questo sistema pluto-tecno-rapto finanziario rimarrà saldo ed immarcescibile: giammai calerà il lucro, i dazi colpiranno solo noi, poveri inetti! Vamos!

Pinguini allarmati

 



Natangelo

 



Evangelicamente

 

Porgi l’altra bomba
DI MARCO TRAVAGLIO
Vista la momentanea indisposizione di papa Francesco, fanno le sue veci alcuni teologi a mano armata, devoti al Vangelo secondo Caino. E ci spiegano quanto è cristiana la guerra. Ma si vergognano a tal punto da fingersi in missione per conto di Dio: il riarmo non ce lo chiede solo l’Europa, ma Gesù in persona (ci hanno parlato loro). Ha iniziato Vito Mancuso su Rep: “Non mi scandalizzo per niente dell’aumento delle spese militari… è irresponsabile non riconoscerne la necessità… Serve una forza militare adeguata, altrimenti non si è neanche presi in considerazione”. Perché – come dicono i suprematisti – “solo in Europa è rimasto lo statuto del diritto”. Tutto il resto del mondo è barbarie da baluba. Tale suor Paola, nella piazza serrapiattista (copyright Savino Balzano), è riuscita a dire restando seria: “L’esercito di riarmo è un’opportunità se ne facciamo un esercito di pace… tutti insieme, soprattutto i giovani… un’occasione di pace, di futuro… Se non abbiamo le armi, moriremo noi portatori dei valori della pace”. Poi è arrivato l’esegesi di Mario Deaglio, economista della Stampa: “Anche il Vangelo ci spinge all’autodifesa”, “Uno dei discepoli colpì con la spada uno di quelli venuti ad arrestare Gesù e gli staccò l’orecchio. Gesù… riattaccò l’orecchio, ma di certo non sgridò chi aveva sfoderato la spada”. Di certo un par di palle, direbbe Giobbe che era molto paziente. Gesù – narra l’evangelista Matteo – cazziò il feritore: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che prendono la spada periranno di spada”.
L’altra sera, a DiMartedì, sdottoreggiava il teologo Corrado Augias: “San Paolo diceva che bisogna prepararsi ad affrontare il nemico. E poi è il Vangelo. E poi è la Bibbia. Se Hitler bussa alla tua porta e tu gli dici: ‘Chi è?’. ‘Sono Hitler’. ‘Ah prego, si accomodi, io sono un pacifista’, non va bene perché Hitler ti mangia vivo… Le armi servono”. Non sappiamo quale Vangelo parli di Hitler e dunque di Putin. Ma in quelli canonici c’è il Discorso della Montagna: “Fu detto: ‘Occhio per occhio e dente per dente’; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello” (Matteo); “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano” (Luca). In un altro passo di Luca, Gesù dice: “Se un re va in guerra contro un altro re, cosa fa prima di tutto? Si mette a calcolare se con diecimila soldati può affrontare il nemico che avanza con ventimila… Se vede che non è possibile, manda dei messaggeri incontro al nemico; e, mentre il nemico si trova ancora lontano, gli fa chiedere quali sono le condizioni per la pace”. Ma Gesù è un noto pacifinto putiniano.

Dopo 51 anni!

 



L'Amaca

 

Non abbiamo bisogno di alibi
di MICHELE SERRA

Il ministro Nordio, dati alla mano, non può non sapere che il femminicidio non è un problema “esotico”, legato alla «diversa sensibilità di alcune etnie». È un problema fortemente autoctono, evidentemente legato anche alla «etnia» italiana. Si capisce che, se il ministro Nordio avesse maggiore dimestichezza con le parole (le parole sono importanti: a proposito, auguri Nanni Moretti! Siamo con te!), non avrebbe detto «etnie», avrebbe detto “culture”. Esistono, effettivamente, culture meno sensibili alla parità dei generi e al rispetto della libertà delle donne. Culture nelle quali la religione, intesa come Regola, certo non come spiritualità, ha un peso importante, e nefasto. Ma indugiare su questo aspetto, che pure ha una sua rilevanza in epoca di globalizzazione, rischia di sembrare un alibi.
E di tutto abbiamo bisogno, tranne che di alibi. Nordio, che è ministro della Giustizia, segua qualche processo che vede ragazzi ammazzare ragazze pur di non riconoscerne la libertà di esistere anche al di fuori del controllo maschile. Legga qualche incartamento. E scoprirà che il problema è nostro, tutto nostro, abita nelle nostre case e nelle nostre famiglie.
Non è un vizio “importato”, è un conto che abbiamo lasciato in sospeso con noi stessi. A un’apparente, perfino esagerata libertà dei costumi, non ha corrisposto una riflessione sostanziale su che cosa davvero significhi, “libertà”. Su quale sia il prezzo della libertà, che non è mai gratuita. Chi uccide una donna, perché non sopporta la sua libertà, è qualcuno che non ammette, non accetta di pagare il prezzo della libertà. La libertà non è mai gratis. Questo bisogna spiegare ai ragazzi. Altro che «etnie».