Tra le fobie, le paure ancestrali spicca, come ovvio, quella di morire. È insita nell’animo umano e nulla può distoglierci dal pensarvici. Sembrano ovvietà ma, come tutti, anch’io ci penso non, per fortuna, ossessivamente, almeno per ora.
Se da un lato la fede corrobora e sostiene i credenti, dall’altro, quello dell’ateismo, supporta il pensiero di non essere più, senza dolore, fatica, tristezze.
E quando scompare qualcuno di conosciuto ci pervade la tristezza della sua mancanza, il non senso della dipartita, perché vorremmo che questa vita non finisse mai, vissuta però da giovani, come le varie tecniche di ringiovanimento ci portano a credere, da babbei quali siamo.
Un aiuto importante a me personalmente viene dall’astronomia, una scienza che se assaggiata bene ti rende capace d’incastonarti nel posto giusto, nella tua piccolezza conclamata. Se le stelle che hanno il loro ciclo e poi esplodono innondando lo spazio di polveri ed elementi che una volta che si riassembleranno rigenereranno nuovamente vita, anche noi, che siamo fatti della loro stessa sostanza, un giorno contribuiremo con i nostri mattoni a formare chissà cosa. È un ciclo, misterioso, inarrestabile, sontuoso. Si dirà: si campa troppo poco, il male accorcia pure molte vite, la malvagità umana ancor di più. Vero, ma è nel flash vitale che è basilare correre. Chi scrive ha 64 anni e solo da poco ha compreso quanto tempo datogli è stato scialacquato senza alcun ritorno: quanti rimpianti nelle relazioni perse, nei libri non letti, in quelle giornate ad aspettare sera e poi mattina etc!
Non torna più il tempo perso, ed Albert ci ha detto pure che può essere modificato, si può incurvare, può fermarsi attorno ai buchi neri ed è una sola cosa con lo spazio. Non conosciamo il 95% della composizione dell’universo, non sappiamo nulla e ci atteggiamo a grandi menti padrone del suddetto. Ecco quindi l’ennesimo supporto, la consapevolezza di essere pulviscoli sopra ad un pulviscolo blu, l’insensatezza dello spremerci per fetecchie senza dignità, la mancanza di comprendere la nostra nullità astronomica in questo sistema solare posto nella periferia di un’anonima galassia, in un antro infinitesimale di una qualunque porzione dell’universo.
Riassumendo:
Dobbiamo morire e non possiamo farci nulla!
Quello che ci sarà non lo sappiamo. Non serve flagellarsi quaggiù per sperare nella gioia futura.
Siamo nulla e nulla saremo in eterno.
Quest’anno non faremo la Champions (ma questo riguarda noi milanisti)
Dai, sollevate i cuori e vivete il secondo attuale (che è già passato tra l’altro)
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