Inglesorum: la neolingua dei grattacielisti milanesi
di Daniela Ranieri
Si sa: quando ci vogliono infinocchiare, i cosiddetti governanti usano l’inglese (“Jobs Act”, “Flat tax”), il latinorum dei nuovi potenti, che lungi dal denunciarsi quale sicura fregatura dà ancora un’idea di efficienza, sveltezza, modernità. A leggere le carte dell’inchiesta Grattacieli Puliti sul giro di consulenze e appalti che stavano dietro alle grandi costruzioni fallico-verticali chez Beppe Sala, se ne ha un’eloquente conferma.
Ecco allora la “vision” tutta “carbon neutral” della nuova dinastia di costruttori, e l’“housing accessibile” (alloggi a prezzi calmierati, di cui è notoriamente prodiga Milano); ecco l’“Urban Jungle”, come doveva chiamarsi il progetto di via Razza (giungla, sì, perché prevede piante rampicanti su una facciata); ecco il “Milano City Village” di via Tacito. E che dire delle avanguardistiche “Park Towers” di via Crescenzago, realizzate dall’immobiliarista Bezziccheri (ora in carcere), autore anche di uno dei famosi “giardini nascosti” della città (Milano è piena di “secret garden”, siano essi locali, ristoranti, B&B), un po’ troppo nascosto, secondo i comitati che hanno mandato esposti in Procura, nel senso di presuntamente abusivo. Queste “Park Towers” di via Crescenzago, poi, sarebbero “la tua casa affacciata sul parco”, il Lambro, e sono da intendersi in pacchetto col primo grattacielo a processo (la Torre Milano di via Stresa), dove si prometteva di “vivere l’emozione di stare a un passo dal cielo”.
Tutto perché l’Europa ci guardi con rispetto, avendo noi adeguato il linguaggio all’agenda Onu sul clima, che è in inglese anche se noi la interpretiamo all’italiana, adeguando la nostra tradizione filologica alla pratica nota nel mondo come “greenwashing”, “risciacquo verde”, cioè ecologismo di facciata. Si tratta di appioppare etichette false e accattivanti sul vecchio cemento per fingere che le nuove costruzioni non abbiano un impatto ambientale, ma anzi aiutino a contenere le emissioni di CO2 e a fare più verdi le nostre città.
Noi, inteso come Italia mediatica, stavamo tranquilli, essendo Beppe Sala sindaco di pseudo-sinistra, benvisto dalle élite aristodem delle Ztl, argine alla destra e alla borghesia familiar-imprenditoriale à la Letizia Moratti, di cui en passant è stato “city manager” (appunto).
Che non si dica che questi nuovi grattacielisti parlano come i vecchi palazzinari, che al massimo chiamavano i nuovi insediamenti cementificati “Milano 2” e “Milano 3”, ghetti per ricchi dichiarati come tali, con quel po’ di verde pastorizzato utile a rassicurare la borghesia affaristica, anche se a dirla tutta persino Berlusconi ribattezzò i lotti con nomi botanici come “Querce”, “Betulle”, etc. Ma questa di Grattacieli puliti è tutta un’altra storia, se non altro perché sindaco, costruttori e consulenti-commissari (incidentalmente a libro paga dei costruttori per altre consulenze) pretendevano di edificare anche dentro Milano 1, oltre che a Lambrate (pardon: “East Town”), partendo da cortili da ristrutturare e arrivando fino al cielo per rendere tutta Milano una grande pubblicitaria riserva per benestanti alla moda. Vuoi mettere il ciuffo del bel “re del mattone” Manfredi Catella, già eccellenza renziana, con la pelata dei Berlusconi e dei Carlino.
Delizioso il nome della potentissima impresa edile “AbitareIn”, fucina del “Lambrate Twin Palace”, accusata di corruzione, laddove quell’“In” fa un po’ ridere nella città più escludente d’Europa dopo Montecarlo, e che ci sembra stia a significare qualcosa come “di tendenza”, “attuale”; giacché si sa che i ricchi “abitano”, nel senso di “soggiornano”, “passano” sono “su” Milano, mentre i poveri bivaccano, occupano, stanziano abusivamente e pesano sul bilancio comunale, non comprando beni di lusso e non contribuendo al famigerato “ritorno di immagine”, altra piaga di quest’epoca pubblicitaria e comunicazionale. Parassiti.
Il sospetto è che non sia solo marketing furbo: questi parlano e pensano proprio così, in Googlish.
Notevole il “prendilo come un warning” di un ormai famoso e perentorio sms dell’archistar Boeri al sindaco Sala, occorrenza-tipo di quella neolingua aziendalista pseudo-anglofona che ha contaminato tutti gli ambiti del vivere collettivo, dalla scuola, ai media, alla sanità e naturalmente alla politica, il campo più permeabile alla vuotezza di pensiero e alla scarsa proprietà di linguaggio di nuovi e vecchi ricchi. Il quale Boeri, si sa, è ideatore del Bosconavigli, il complesso con quel “bosco verticale” che se non è abuso edilizio lo è quantomeno di figure retoriche, in specie l’analogia e la sineddoche, essendo esso “bosco” sostanzialmente un palazzone con molte piante sui balconi, tali da dare all’ignaro automobilista-passante l’impressione che dietro le foglie ci siano legno, corteccia e rami veri, e non il solito cemento armato (a riprova che se vogliono ci prendono per il culo anche in italiano).
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