Il Pelé del golf: gioca coi piedi
DI PINO CORRIAS
Dopo il denaro e molto prima delle donne, la passione di Trump è il golf. Ne ha comprati 18 campi nel mondo. E come con il denaro e con le donne, anche nel golf, gioca solo dove si sente padrone di fare e disfare le regole e naturalmente imbrogliare. Per questo gioca solo nei campi suoi, dove lo hanno soprannominato il “Pelé del golf” perché calcia via le palline degli altri, sposta o sostituisce la sua – proprio come Goldfinger, il nemico di 007 nel romanzo di Ian Fleming – secondo una preziosa inchiesta di Sports Illustrated che ha indagato sulla ventina di campionati social che Trump si vanta di avere vinto.
Nei primi 200 giorni del suo secondo mandato, The Donald, cappello e guanti bianchi, ha giocato 49 giorni, il 24,5% del tempo, sottratto ai doveri della Casa Bianca. Per una spesa, al momento, di 68,6 milioni di dollari – quasi 1,5 milioni a giornata – contando che con lui si muovono non meno di cento persone, tra gli addetti allo staff e alla sicurezza. Più le coperture militari di cielo, terra, mare, i controlli preventivi, il volo dell’Air Force One, il trasferimento aereo di “The Beast”, la bestia, la limousine super blindata che lo precede ovunque.
Ma se quelli che spende sono soldi dei contribuenti, con buona pace degli operai della Rust Belt che l’hanno votato, i dollari che guadagna dai suoi campi da golf sparsi nel mondo, sono solo suoi: 555 milioni di dollari incassati nel 2023, 354 milioni nel 2024.
Nell’ultimo campo da golf ristrutturato extra-lusso, il Turnberry Golf Club, in Scozia, vicino al paese natale di sua madre, Trump ha mandato in buca tutte le palline che gli ha portato in dono la presidente europea Ursula von der Leyen, arrivata a fargli visita come si fa con gli imperatori d’altro secolo, per poi sedersi accanto a lui, ma un po’ più in basso, e ascoltarlo senza fiatare. Risultato: dazi per tutti i Paesi europei al 15%, più 750 miliardi di euro per acquistare gas e petrolio americano, più l’impegno a comprare armi per dieci anni dagli arsenali a stelle e strisce. Nell’ultima inquadratura, rilasciata a fine pestaggio, Donald è una maschera arancione che ride, Ursula, ha il colore di una bandiera bianca, ma alza il pollice nel segno di vittoria, immortalandosi nella foto più stupida dell’anno.
(6 – Continua)
Trump odia l’Europa per slogan
DI PINO CORRIAS
Trumpodia l’Europa che vive in ghingheri, distribuendo sussidi e ferie ai suoi eleganti perdigiorno, cioè noi, che dormiamo tranquilli sotto le coperte riscaldate dalle forze armate americane. Compresa la deterrenza nucleare e i satelliti che fanno la guardia ai nostri cieli, mentre noi ci godiamo la bellezza delle antiche cattedrali, i privilegi del tempo libero, dell’arte e della cultura: parassiti.
Trump odia l’Europa perché la considera roba sua, da quando i ragazzi in divisa da marines hanno attraversato l’Atlantico, sono sbarcati in Sicilia e in Francia per liberarla dai cingoli tedeschi e dai pennacchi italiani. E l’hanno fatta rinascere non solo versando il sangue, ma anche milioni di dollari, regalando ai singoli Stati i jeans, il rock & roll, il frigorifero, oltre a una libertà ben controllata dei mercati, della politica, delle mode culturali, da opporre al mondo in grigio e filo spinato del comunismo sovietico: ingrati.
Trump odia l’Europa perché è troppo grande per non avere un capo e dunque troppo frammentata, troppo ondivaga nelle decisioni, troppo liberal nei costumi, troppo politicamente corretta con le minoranze. Preferisce scomporla di più, prendere per il bavero un Paese alla volta, avere rapporti singoli con i leader, come ai tempi imperiali, quando gli accordi li facevano i sovrani, il mondo sapeva e non sapeva, comunque obbediva. Meglio ancora ignorarla l’Europa. Bypassarla come ha appena fatto in Alaska. Preferirle di gran lunga gli accordi con le dittature arabe, con le autocrazie, comprese la Russia e le terre rare di Ucraina con le quali è sempre facile propiziare buoni affari per l’America, per la propria famiglia, i propri amici. E se Russia e Ucraina sono in guerra da tre anni, era l’Europa che avrebbe dovuto occuparsene invece di nascondersi dietro le spalle dell’America: inetti.
Trump odia l’Europa perché è anche quell’odio così tanto diffuso tra milioni di americani che ha nutrito la sua ascesa, i suoi slogan, la sua sentenza definitiva: “L’Unione europea è nata per fotterci”. Parole pronunciate dalla Casa Bianca, inaugurando l’artiglieria dei dazi, assecondato dal pubblico di devoti che dopo ogni firma lo applaude in diretta, come accadeva negli studi della Nbc, la rampa che lo lanciò nella sua orbita intorno al mondo.
(7 – Continua)
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