Per evitare le guerre è meglio lasciare le armi
DI ALESSANDRO ORSINI
La forma di violenza più diffusa nella storia dell’uomo è la violenza vigliacca, vale a dire un tipo di violenza esercitata contro persone deboli e senza vie di fuga. Lo scippatore prende di mira la signora anziana; lo stupratore assale la ragazza isolata nella notte; la Nato attacca la Libia di Gheddafi, ma non la Corea del Nord di Kim Jong-un, e la Russia attacca la debole Ucraina. Se l’Italia non vuole fare la fine dell’Ucraina, deve avere un esercito potente. Quanto potente? Non esiste una risposta assoluta a questa domanda. L’importante è che l’esercito dell’Italia, posto a confronto con gli eserciti dei Paesi più avanzati, sia sempre all’avanguardia. Questo rende necessario un Osservatorio sulla sicurezza internazionale per monitorare, in maniera accurata e su base quotidiana, l’andamento della spesa militare degli altri Paesi. Quali? In primo luogo, la spesa militare dei Paesi vicini all’Italia, vale a dire Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. Non deve mai verificarsi la circostanza che uno di questi Paesi abbia un esercito più potente di quello italiano o che possa costruirlo nel futuro. Nessuno di questi Paesi, infatti, fa parte di un’alleanza militare con l’Italia. Ovviamente l’Italia deve sempre avere rapporti fraterni con i Paesi citati, ma la politica internazionale è soggetta a cambiamenti improvvisi e un capo di Stato, nel nostro caso Sergio Mattarella, deve sempre essere preparato a un rovescio improvviso nelle relazioni bilaterali. Si prenda l’esempio dell’Iran. Nel luglio 2015 Obama siglava un accordo con l’Iran per lo sviluppo del programma nucleare e il ritiro delle sanzioni. Poco tempo dopo, Trump passava dalla prospettiva della pace con l’Iran a quella della guerra, arrivando addirittura a uccidere il generale Soleimani, il 7 gennaio 2020.
Per non parlare della Libia. Dopo decenni di relazioni pacifiche, il generale Haftar, l’1 agosto 2017, minacciava di sparare sulle navi italiane per impedire la missione del governo Gentiloni contro gli scafisti che trafficano esseri umani. Nonostante il diritto internazionale, l’arena internazionale resta una giungla, dove vige la legge del più forte, e l’Ucraina lo conferma. Simili premesse dovrebbero indurci a sostenere la decisione dei Paesi dell’Unione europea di armarsi pesantemente, ma non è così.
Sebbene l’aumento della spesa italiana per l’esercito sia un fatto benefico in circostanze normali, diventa un grave errore nel tempo presente. Se, infatti, tutti i Paesi europei si armano contemporaneamente, la Russia si sentirà gravemente minacciata, innescando il tragico dilemma della sicurezza descritto da John Herz nel suo articolo del 1950. Gli Stati, temendosi a vicenda, accrescono il proprio potere militare. Nel far ciò, rendono insicuri gli altri Stati, che reagiscono armandosi a loro volta. Accade così che uno Stato, nel tentativo di dissuadere i governi stranieri da eventuali attacchi, materializzi quegli stessi pericoli da cui vorrebbe preservarsi. Come ho spiegato nel mio ultimo libro, gli Stati, per utilizzare l’esempio di Thomas C. Schelling, sono spesso nella situazione del proprietario di casa che, nel cuore della notte, si trovi faccia a faccia con lo scassinatore. Se entrambi sono armati, c’è il rischio di una sparatoria che nessuno vorrebbe scatenare. È un effetto non desiderato. Nel regno della sicurezza internazionale, ciò che è realmente decisivo non è la volontà dei singoli attori, ma l’intenzione che ogni Stato attribuisce all’altro a causa della situazione di pericolo che scandisce il ritmo dell’interazione (Teoria sociologica classica e contemporanea, Utet 2021). Invece di armarsi in massa – una decisione che renderebbe più probabile una nuova guerra con Putin – l’Unione europea deve perseguire la via della pace e aumentare il livello di fiducia con i russi.
Ecco il problema: l’Europa ha paura di essere attaccata dalla Russia e viceversa. Per fermare questa spirale mortifera, occorre fare ciò che gli Stati Uniti e la Russia fecero dopo la crisi dei missili del 1962: darsi garanzie reciproche, cioè correre verso il disarmo o, comunque, verso una riduzione progressiva delle spese militari da ambo le parti e lo smantellamento degli armamenti bellici più potenti sul suolo europeo. In condizioni normali, gli Stati preferiscono arricchirsi e proteggere la popolazione senza fare guerre pericolose e dispendiose. La Russia non fa eccezione.
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