mercoledì 23 marzo 2022

Bell'Amaca!

 

Il vero padrone della barca
di Michele Serra
Lo yacht da settecento milioni di euro ormeggiato a Marina di Carrara è mio. Lo prova il fatto che, dopo settimane di inchieste e interrogazioni e indagini, nessun altro ne ha rivendicato la proprietà.
Perché, dunque, non approfittarne? Ne chiedo l’assegnazione legale per legittima usucapione: sono l’unico al mondo che si è fatto avanti. Agli inquirenti dirò che l’ho comperato con i punti del Conad, sarà comunque una giustificazione meno ridicola di quelle che reggono lo strascico ai mostruosi patrimoni degli oligarchi, russi e non solo.
Certo, i cinquanta milioni all’anno di mantenimento costituiscono un problema.
La cifra eccede di quarantanove milioni e 995 mila euro il mio potenziale budget nautico, ma confido in un crowdfunding (in italiano: colletta) per rimediare. Confido anche nel soccorso (gratuito) di amici architetti per il durissimo compito di de-burinizzare gli interni, difficile in ogni panfilo, quasi impossibile in quelli degli oligarchi russi.
Dopodiché, il barcone sarà donato a Emergency perché ne ricavi un ospedale. A patto che venga mantenuta operativa, e in mia piena disponibilità, la sala biliardo, ognuno ha le sue debolezze.
Al netto di questa storiella, la domanda, serissima, è: ma è possibile che i miliardi non abbiano nome? L’opacità della ricchezza, il sistema di scatole cinesi che rimanda sempre ad altro indirizzo, i prestanome, le società off-shore, fanno pensare, massimamente, che il denaro sia una cosa sporca. Se lo pensano anche i miliardari, chi vorrà mai prenderne le difese, povero denaro che tutti rinnegano? E povera barca, povero equipaggio, lasciati alla deriva dal loro oscuro armatore.

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