martedì 22 marzo 2022

L'Amaca

 

La legna sotto casa
di Michele Serra
Fermo restando che il commercio è, dall’alba dei tempi, l’anima delle relazioni tra i popoli, si leggono con attenzione le previsioni, metà allarmanti, metà affascinanti, sulla condizione “autarchica” cui la guerra potrebbe costringerci, e non solo per l’energia.
Uno degli aspetti più rilevanti del problema è che lo status di consumatore è più “esposto” di quello di produttore. Basti pensare al cibo, e al grande vantaggio che le campagne, nei periodi bellici, hanno sulle città. Si sono visti, in anni recenti, progetti di metropoli virtuose, almeno parzialmente in grado di produrre cibo “dentro le mura”, con orti diffusi e zone agricole comprese nell’area urbana. Lo stimolo era di ordine ambientalista, abbattere le distanze percorse dalle merci per ridurre l’inquinamento. Uno stimolo ulteriore potrebbe essere, diminuendo la dipendenza da approvvigionamenti lontani, incrementare l’autonomia delle comunità, dunque la loro libertà. Un macro-esempio, sotto gli occhi di tutti, è la vulnerabilità, se non la ricattabilità, di Paesi come il nostro di fronte ai rubinetti del gas russo. Questo ci costringe, ma anche ci stimola, a produrre energia in casa, ovvero a consumare, in buona misura, ciò che produciamo.
Un amico pessimista mi dice, da anni, che la nostra civiltà collasserà, e nel nuovo Medioevo bisognerà ridare vita a piccole comunità operose, pievi e monasteri, custodi della cultura, delle arti e dei mestieri. In attesa del peggio, o del meno peggio, sarebbe bello che scienza e politica, a tempo perso, studiassero modelli sociali e produttivi più sostenibili e più solidi. Chi ha legna tagliata di fianco a casa sa, almeno psicologicamente, di cosa stiamo parlando.

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