martedì 29 marzo 2022

L'Amaca

 

Francamente me ne infischio
di Michele Serra
La sberla di Will Smith a Chris Rock (del secondo ignoravo l’esistenza fino a poche ore fa) ha avuto, per un giorno, più o meno lo stesso impatto mediatico della guerra in Ucraina. Qualcuno, giustamente, ha fatto notare che, con una carneficina in corso, non era il caso di mettere in scena una lite violenta davanti a una così vasta platea. Ma forse dovremmo anche riflettere sul fatto che la vastità di una platea viene decisa e alimentata da network e giornali che non sono gli esecutori neutrali della volontà popolare, ma ne sono, in buona parte, i suggeritori, se non gli artefici. I media non stanno a valle del nostro immaginario. Lo formano: stanno dunque a monte.
Gli Oscar sono un prestigioso, importante premio cinematografico americano, largamente monopolizzato, come è ovvio, dal cinema americano - che tanta parte ha avuto nell’immaginario mondiale dell’ultimo secolo - e dai suoi protagonisti.
Come tutti, mi interessa parecchio sapere chi ha vinto gli Oscar, anche per decidere quali film vale la pena vedere. Di tutto il contorno, francamente me ne infischio (battuta celebre di un celeberrimo film americano), e considero che il parossistico interesse dedicato dal resto del mondo alla serata degli Oscar, al di fuori e al di là dell’elenco dei vincitori e della consegna delle statuette, sia una manifestazione di imbarazzante provincialismo.
Il fatto che “tutti ne parlino” non corrisponde a un imperativo categorico; piuttosto, è l’alibi del conformismo. Si può scegliere perfino di parlare d’altro, ogni tanto. Non è vietato. Quanto a Chris Rock, se non avessi scritto il suo nome nella prima riga, l’avrei già dimenticato.

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