domenica 26 gennaio 2025

A veder bene

 

Danno giudiziario
di Marco Travaglio.
Mentre migliaia di magistrati con la Costituzione in mano uscivano dalle aule dell’anno giudiziario quando parlavano i rappresentanti dello sgoverno, più di tante parole colpiva un silenzio: quello del presidente Mattarella, garante supremo della Costituzione e dunque anche del potere giudiziario. Ma forse è meglio così: l’ultima volta che ha aperto bocca è stato per elogiare un ex premier pregiudicato per corruzione e finanziamento illecito che, dopo aver vilipeso la Giustizia del suo Paese, vi si era sottratto dandosi alla latitanza in Tunisia. Non resta che rimpiangere Pertini, Scalfaro e Ciampi che, quando i governi attaccavano la magistratura, trovavano sempre il modo di farsi sentire e, quando ricevevano leggi indecenti e incostituzionali, le rispedivano indietro anziché firmarle. Non è la prima volta che le toghe protestano: il primo sciopero fu nel 1991, contro le picconate di Cossiga; il secondo nel 2002, contro le porcate di B. e del suo ingegner ministro Castelli, che pochi mesi prima avevano indotto il grande Borrelli a lanciare il suo “resistere resistere resistere”. A riprova del fatto che oggi in Italia non c’è alcuna “svolta”, tanto meno “fascista”, “trumpiana” od “orbaniana”: solo gli ultimi cascami del berlusconismo.
L’altra differenza rispetto all’infame trentennio è che allora la società civile era viva e attiva: Girotondi, Popolo Viola, V-Day e MeetUp di Grillo. Oggi è addormentata, impotente, sfibrata, sfinita, rassegnata. Un po’ perché l’indignazione non è eterna, un po’ perché ci sono problemi di sopravvivenza più urgenti, un po’ perché la magistratura ha perso consenso per scandali veri e accuse false. Ma anche per gli errori dell’Anm, che non è riuscita a comunicare efficacemente i danni causati dalle schiforme ai cittadini. E ha perso credibilità criticando e isolando un ottimo ministro come Bonafede che realizzava le aspettative dei magistrati e delle persone perbene con le uniche serie riforme anticorruzione, antimafia e antievasione degli ultimi 30 anni, e poi balbettando sulle boiate della Cartabia, salvo scioperare tardivamente contro l’ordinamento giudiziario escogitato dalla ministra-sciagura dei sedicenti “migliori”. Poi ci sono le responsabilità della cosiddetta “sinistra” – il Pd e i suoi derivati – che oggi si batte a parole contro la separazione delle carriere dopo averla sdoganata varie volte in nome di un “garantismo” di cui ignorano financo il significato. Dalla Bicamerale del 1997 alla mozione congressuale presentata nel 2022 da Serracchiani, Delrio, Guerini, Alfieri, Malpezzi, Orfini &C.: “Il tema della separazione delle carriere appare oggi ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”. L’opposizione è una cosa troppo seria per affidarla a gente così.

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