O Roma o Orte
di Marco Travaglio
Almeno un aspetto rincuorante il disastro delle ferrovie ce l’ha: non è tornato il fascismo. Quando c’era Lui, i treni arrivavano in orario, almeno qualcuno; con Salvini, antifascista di provata fede, nessuno. Una volta è il chiodo, un’altra il pantografo, poi la sfiga, i malgoverni precedenti (quasi tutti con leghisti nei Trasporti), “Conte e l’Italia lunga e stretta” (copyright Bocchino), ora il sabotaggio, prossimamente le cavallette (ma non trascureremmo la guerra ibrida degli hacker di Putin). Sta di fatto che il cosiddetto “ministro competente” è più letale di qualunque sindacato: partono e arrivano più treni quando c’è sciopero generale che nei giorni normali. Del resto, come dice il meraviglioso ministro dei Rapporti col Parlamento Ciriani che risponde alle interrogazioni al posto del collega latitante, “la percentuale dei ritardi è in linea con gli ultimi anni”: quindi tutto bene. E nessun pericolo di nuove marce di Roma. Mussolini non fece neppure un metro di cammino e arrivò da Milano in treno sul vagone letto. Oggi farebbe prima a piedi o a cavallo.
Ma che il pericolo fascista sia scongiurato lo dimostra anche la presenza di Carlo Nordio sulla scrivania che fu di Alfredo Rocco. L’ultima ideona, non si sa se esclusiva di Carletto Mezzolitro o condivisa con altri giureconsulti, è lo scudo penale per agenti delle forze dell’ordine. Che oggi, se ci scappa il morto o il ferito, vengono iscritti nel registro degli indagati per omicidio o tentato omicidio o lesioni, dolosi o colposi, come ogni comune mortale. Tutta colpa di quel fascista buonista di Rocco, che non pensò di esentarli. Ma i suoi aspiranti eredi studiano appositi “meccanismi” per evitare che, col morto in terra o il ferito in ospedale, quelli vengano indagati dal pm pagato per scoprire se sono colpevoli o innocenti. Si indaga dunque per omicidio o lesioni senza indagati. Così sul poliziotto o il carabiniere che ha sparato si può investigare all’infinito (è l’iscrizione che fa partire il countdown dei termini). E, quando viene sentito dal pm per dare la sua versione, essendo un testimone non può avere l’avvocato e soprattutto ha l’obbligo di parlare e dire la verità: anche se deve accusare se stesso. Se tace o mente, cosa che potrebbe fare da indagato ma non da teste, viene subito iscritto per reticenza o falsa testimonianza e solo allora può consigliarsi con un legale. Quindi, se è innocente si becca comunque un processo e una condanna per i suoi silenzi e le sue bugie. Se invece è colpevole, ne rischia addirittura due: per aver taciuto o mentito e soprattutto per avere sparato. Per sapere queste cose non è necessario resuscitare Alfredo Rocco: basta chiedere a uno studente al primo giorno di Giurisprudenza. Sempreché la fastidiosa facoltà non sia stata nel frattempo abrogata.
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