domenica 12 gennaio 2025

Elena e il 2025

 

Così si trasforma il 2025 nell’anno del negoziato
DI ELENA BASILE
Pagine e pagine sui grandi media per descrivere le beghe interne che hanno costretto alle dimissioni dal Dis Elisabetta Belloni, mai soddisfatta nelle sue piccole e grandi ambizioni di potere, trombata in tutti gli incarichi a cui il suo partito personale, fatto di relazioni pubbliche e connivenze di alcuni giornalisti, frequentatori dei palazzi, l’avevano candidata. Cerchiamo invece di occuparci di cose serie. Può il 2025 diventare l’anno della mediazione in Ucraina? Possono cessare le morti dei giovani ucraini che la demoniaca amministrazione democratica degli Usa ha già chiesto possano coinvolgere anche i diciottenni? Finiranno il lutto e le distruzioni di un Paese che i governi occidentali, autodefinitesi con linguaggio orwelliano “filoucraini”, hanno deciso a tavolino, considerando evidentemente una popolazione intera carne da macello?
La guerra potrebbe sicuramente continuare. È vero che gli strateghi militari onesti da tempo l’hanno considerata persa da parte ucraina. Gli stessi ucraini, dopo il fallimento dell’ultima controffensiva nel settembre del 2023, la dichiararono persa e affermarono di dover passare alla guerra asimmetrica, in altre parole agli attacchi terroristici che leggiadre signore a capo di think tank atlantisti hanno avuto la sfrontatezza di difendere. Tuttavia se l’Europa, come vogliono i tecnocrati odierni, sacrificherà le proprie risorse finanziarie per comprare armi americane da inviare a Kiev, la guerra potrà continuare ancora per mesi o per tutto l’anno. Gli americani avrebbero tutto da guadagnarci. Le lobby delle armi e dell’energia premierebbero Trump per un’operazione geopolitica che, senza allargare ulteriormente il debito statunitense, continuerebbe a erodere il potere russo e a distruggere quella minima capacità negoziale e di autonomia strategica che l’Ue si era permessa di sognare. Il fastidioso asse franco-tedesco continuerebbe infatti a cedere il passo alla Polonia, alla nuova “Lega anseatica”.
Eppure la possibilità di far prevalere il bene comune dell’Europa e dell’Ucraina sarebbe facilmente realizzabile, soprattutto ora, dopo quasi tre anni di guerra che si spera abbia stemperato, con la diffusa sofferenza, i più bellicosi nazionalismi. Bisognerebbe puntare sulla mediazione tra interessi contrapposti, tenendo presenti le condizioni sul campo militare, oggettivamente a vantaggio di Mosca. Non si tratta, tuttavia, di una “resa” alla prepotenza e all’aggressione, contro cui il democratico Occidente si opporrebbe. Lasciamo queste menzogne senza fondamento agli analisti che hanno un’agenda politica. Concentriamoci su una possibile soluzione del conflitto con vantaggi reciproci.
Come ha appena confessato Blinken, molto prima dell’aggressione russa, l’Ucraina era stata rifornita di armi quale pedina atlantica da usare contro la Russia. I neoconservatori statunitensi hanno deciso una strategia offensiva negli anni 90 e vi sono rimasti fedeli. Ma hanno perso la scommessa. La politica che ancora ha la pretesa di rappresentare gli interessi dei popoli europei dovrebbe oggi far comprendere alla nuova amministrazione che la strategia espansionistica della Nato si è rivelata (come Kennan e Kissinger avevano già previsto) perdente. Bisogna ritornare ai principi di Helsinki: non ingerenza negli affari interni di un altro Stato, autodeterminazione dei popoli, sicurezza comune e indivisibile dell’Europa. La neutralità dell’Ucraina, la fine delle sanzioni e dei tentativi costanti di “rivoluzioni colorate” nel vicinato della Russia, accanto al riconoscimento immediato delle conquiste russe dei quattro oblast ucraini, ma temporaneo e possibilmente oggetto di un negoziato futuro nell’ambito di una nuova architettura di sicurezza (Mosca non ha bisogno di territori, ma di sovranità e sicurezza), potrebbero essere i fattori di una illuminata mediazione. L’Europa avrebbe tutto da guadagnare dalla riproposizione di una cooperazione energetica, economica e geopolitica con Mosca. Gli Stati Uniti, pacificato lo scacchiere europeo, potrebbero dedicarsi con maggiore tranquillità al contenimento del vero rivale strategico in Asia: la Cina. La politica in Asia e in Medio Oriente potrebbe basarsi su un dialogo e una collaborazione con gli emergenti in grado di riesumare il multilateralismo moribondo delle Nazioni Unite, riformabili solo se si lavora a una sintesi degli interessi occidentali e dei Brics. Non mi sembra purtroppo che con Trump si possa rivoluzionare la strategia del blob statunitense, intesa a destabilizzare il Medio Oriente come regione di influenza cinese in Asia. Una classe dirigente europea competente, non corrotta, capace di visione strategica, potrebbe godere tuttavia oggi di condizioni ottimali per esercitare la propria influenza nello scacchiere russo-ucraino. Utopia? No! Sarebbe sufficiente voler perseguire i reali interessi dei popoli: quello europeo e quello ucraino.

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