L’album di famiglia degli altri
di Michele Serra
Ogni agosto, da molti anni (presto sarà trascorso mezzo secolo), le commemorazioni per la strage di Bologna sono la testimonianza più diretta, e più triste, della memoria dispari di questo povero Paese. Memoria dispari vuol dire che la sinistra italiana ha chiara memoria dei delitti del “suo” terrorismo; e non solo ne ha preso le distanze oggi: le aveva prese anche ieri, a fatti ancora in corso.
La destra purtroppo no. L’abominevole terrorismo nero, quello delle bombe sui treni e nelle piazze, non fa parte del racconto novecentesco che il neofascismo italiano (oggi al governo) fa di se stesso.
Forse perché le contiguità degli eversori con la destra parlamentare (il Movimento Sociale) furono più di una (non così il terrorismo rosso con il Pci, suo nemico); forse perché il vincitore difficilmente è capace di scalfire la sua narrazione; fatto sta che “strage fascista”, nel 2025, è un’evidenza giudiziaria definitiva, ma è una evidenza politica e storica solo per i parenti delle vittime, per chi sa vedere la nostra storia un poco al di là del proprio naso, e più in generale per l’Italia repubblicana.
Non risulta che la destra abbia avuto una sua Rossana Rossanda, che sul Manifesto, a proposito delle Brigate Rosse, parlò di “album di famiglia” fino dalle prime insorgenze del terrorismo rosso. Non risulta che il ripugnante stragismo fascista, con i suoi manovratori anch’essi noti (Gelli), con le sue protezioni internazionali (la Cia), sia unanime e acquisita certezza della comunità nazionale.
In fin dei conti, è un’ulteriore prova che la famosa “egemonia culturale della sinistra” è una delle più antiche fake italiane. Se esistesse davvero, la strage di Bologna sarebbe un lutto unanime, non un lutto di parte.
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