giovedì 7 agosto 2025

L'Amaca


Quando il Ponte sarà tra noi
di MICHELE SERRA
Può una grande opera pubblica essere indispensabile, sicurissima e formidabile volano economico se ne parla il governo, e inutile, pericolosa e rovinosa se ne parla l’opposizione? Il Ponte sullo Stretto, ammesso che lo si realizzi per davvero entro questo secolo dopo il via libera del Cipess, sembra fatto apposta per inchiodare entrambe le fazioni al proprio ruolo in commedia. E qualcosa non va, perché l’opera è la stessa; pregi e criticità, vantaggi e svantaggi sono gli stessi per chiunque abbia letto qualche carta e quattro articoli decenti sull’argomento.
Perché dunque questa tragica incapacità di cogliere gli uni le opinioni e le obiezioni degli altri? Perché i pontisti diffondono l’idea cretina che chi si oppone al ponte lo fa solo per tutelare il benessere di libellule e vongole (faccio per dire) e gli antipontisti vedono, nel progetto, solo speculazione, mafia e distruzione ambientale?
Per quel poco che ne so e quel pochissimo che conto, io sono contrario a quel progetto.
Preferirei non diventasse esecutivo. Non perché i ponti non mi piacciano (ne sono affascinato), ma perché credo sia il tipico modo italiano di trascurare l’ordinario, che è la nostra colpa atavica, confidando nello straordinario. Maledetti italiani, che hanno la cupola del Brunelleschi e non sanno riparare una buca. Geni e cialtroni.
Detto questo, semmai il Ponte verrà davvero eretto e inaugurato (anche se molto probabilmente non solamente io, anche il Salvini saremo nel frattempo serenamente trapassati), e se reggerà venti e mafie (anche del Nord), e se la Sicilia sarà più forte e vicina e la Calabria beneficata, se il malaffare nei limiti della decenza, se libellule e vongole sapranno adattarsi alle mutate condizioni, ne sarei felice. Non dico disposto ad applaudire, ma disposto ad accettare gli applausi degli altri.

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