mercoledì 13 maggio 2020

Articolo meditativo da Avvenire


Quando la vita cambia le domande

di Mauro Berruto

Paolo Coelho racconta in un suo libro la storia di un arciere forestiero che, dopo anni di perfezionamento, voleva mostrare la sua abilità a Tetsuya, leggendario Maestro del tiro con l’arco che si era ritirato a vita privata. Tetsuya, infastidito, alla fine acconsentì a patto di essere poi lasciato in pace, anzi, dimenticato. Il forestiero impugnò allora il suo arco e riuscì a infilzare una ciliegia a quaranta metri di distanza. Il Maestro non disse una parola, si fece imprestare arco e freccia e si incamminò, seguito dal forestiero, verso un ponte spaventosamente traballante sopra a una gola vertiginosa. Lì, oscillando paurosamente sul vuoto, scoccò il suo dardo, centrando una pesca a venti metri di distanza. «Tu hai fatto molto meglio di me – disse Tetsuya – rifallo qui, ora». Il forestiero, bianco di paura, non riuscì neppure a centrare l’albero. «Sei un ottimo tiratore quando le circostanze sono favorevoli, ma l’arciere non può scegliere il proprio campo di tiro. Ti consiglio di perseverare nei tuoi allenamenti e di prepararti anche per le situazioni sfavorevoli». Per centinaia e centinaia di anni, a partire dal Medioevo giapponese, in estremo Oriente si tentò di codificare la perfetta
esecuzione di un gesto nato per la guerra, per la caccia, per questioni di sopravvivenza: scoccare (bene) una freccia.
Nel Cinquecento un maestro d’armi giapponese decise di dedicare tutta la sua vita a raccogliere, sintetizzare e sublimare in alcune regole tutti i segreti dell’antica disciplina del tiro con l’arco.
Dopo aver raccolto tutte le informazioni possibili, scrisse un manuale fatto di ventotto regole. Che incanto! Ventotto: non una di più, non una di meno. Qual è la posizione corretta dei piedi? «Apri otto stecche del tuo ventaglio, mettilo a terra, eccola lì». L’impugnatura corretta dell’arco? «Mutevole come il colore delle foglie d’acero in autunno di una poesia di Asukai Masaaki». La posizione giusta della testa? «Quella in cui sentirai tirare un certo numero di capelli dietro la nuca». Insomma, se già è meravigliosa l’idea di racchiudere tutti i segreti di un sapere secolare in ventotto regole come quelle, il Maestro d’armi completò il lavoro aggiungendo al suo manuale dodici poesie. Un esempio? «Ciascun tiratore ha il proprio carattere, la propria conformazione fisica, perciò non insegnate come se tutti fossero uguali».
Bisogna fare un certo sforzo intellettuale, ma la meraviglia è che tutta questa capacità narrativa, sigillata in
ventotto regole più dodici poesie, fosse al servizio dell’ideale di fare alla perfezione un gesto e di saperlo fare bene soprattutto in condizioni difficili: la freccia da scoccare verso un bersaglio, davanti agli occhi di un nemico o di un animale in lotta per la propria sopravvivenza, perché a un arciere deve essere efficace soprattutto quando le condizioni intorno mutano: vento, luce, cuore che batte all’impazzata.
Insomma, un sapere secolare era finalmente condensato in un manuale, la ricerca di una vita aveva prodotto il risultato finale. Che meravigliosa conquista: adesso era tutto lì, a disposizione! Beh, appena completata la ricerca, in Giappone vennero introdotte le armi da fuoco. Che meravigliosa avventura questa vita che ogni volta che siamo certi, finalmente, di avere tutte le risposte giuste, si diverte a cambiare le domande.

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