L’inquilino del terzo piano
di Michele Serra
I gestori di un ristorante giapponese di Bologna devono eliminare un tonno che gli è stato consegnato non abbastanza fresco. Lo portano nel cortile interno e lo appoggiano a terra: per smaltirlo devono prima farlo a pezzi, il tonno ha un odore poco raccomandabile, meglio non farlo nella cucina del ristorante.
Un inquilino del palazzo fa un breve video della scena e lo mette in rete, con lo spassoso titoletto “street food” (abbondano gli spiritosi, sui social). Tre milioni di visualizzazioni (ma la gente non ha altro da fare?): ecco qui come sfilettano il pesce nei ristoranti giapponesi, lo buttano per terra. Grande successo di pubblico, ululati di riprovazione e di scherno. Il ristorante, che fino a quel momento ha ottima fama, perde quasi metà dei clienti. Anche un ristorante giapponese di Brescia, omonimo, riceve molte disdette: se il nome è lo stesso, non si sa mai. Chiunque abita in Transilvania potrebbe essere Dracula, chiunque si chiama Adolf potrebbe essere Hitler…
L’episodio è piccolo, il torto non sarà rimediato ma sarà dimenticato, se il ristorante è buono i clienti torneranno (appena passo da Bologna, ci vado volentieri). Ma, ben al di là del sushi, la domanda è: quanti milioni, centinaia di milioni di persone, diciamo miliardi, si formano un’opinione politica nello stesso identico modo? E vanno a votare con lo stesso identico livello di cognizione della realtà? Un tempo erano la Chiesa, o il Re, poi le ideologie, a dirti cosa è vero, cosa è falso, cosa è giusto, cosa sbagliato. Ora è l’inquilino del terzo piano che impugna uno smartphone. Siamo messi meglio? Peggio? La risposta è affidata a ognuno di noi. Quello che è certo è che la domanda è lecita.
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