giovedì 19 dicembre 2024

L'Amaca

 

Se l’imputato è l’eros
DI MICHELE SERRA
C’è una simmetria impossibile da ignorare tra il rogo diUltimo Tango a Parigi quando il film uscì, più di mezzo secolo fa, e il veto imposto oggi, giusto a Parigi, da un gruppo di femministe (non esiste il femminismo, esistono gruppi di persone femministe ciascuno dei quali rappresenta una parte e non l’insieme di un movimento che ha quasi duecento anni).
C’è intanto una identità “tecnica” tra i due atteggiamenti. Non siamo di fronte alla critica dell’opera, ma al suo divieto. Qualora altre o altri volessero vedere il film, non possono. Già se la simmetria fosse solamente nella drasticità della pena, nella sua implacabile intolleranza, sarebbe triste: vorrebbe dire che in mezzo secolo di storia culturale non si è trovata una maniera meno incivile di manifestare ostilità verso un’opera, se non pretendere che quell’opera scompaia. La pena di morte comminata alle arti, non altro.
Ma il timore, almeno il mio, è che le due censure non abbiano solamente una parentela metodologica. In entrambi i casi l’imputato è la rappresentazione dell’eros. Nel primo caso l’eros in quanto tale, come generico attentato alla morale. Nel secondo l’eros come sopraffazione del maschio. Una scena di sodomia nel quadro di un amore travolgente e consenziente — ammesso che interessi il quadro.
Maria Schneider se ne lamentò, alcuni anni dopo, imputando a Brando e Bertolucci brutalità psicologica. Nessuno può contraddirla, fu un’esperienza sua e solo sua. Ma si legge, ora, di quella sodomia recitata (ovviamente: recitata) come di uno stupro vero, e ci si domanda quali e quante altre rappresentazioni dell’eros possano ricadere in quel novero infame. Stia molto attento, di qui in poi, chi osa raccontare l’eros senza la vidimazione delle varie autorità morali.

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