Cose che si possono fare
DI MICHELE SERRA
Non so se sia merito del Giubileo, del Campidoglio, di una congiunzione astrale o infine del caso, che tutto governa: ma Roma mi è sembrata visibilmente più pulita del solito. Ammesso che questa mia constatazione personale (però supportata da lunghe passeggiate in molte zone diverse) abbia valore, la cosa interessante non è tanto attribuire meriti recenti, o precedenti demeriti. La cosa interessante è stabilire che si può fare.
Che è possibile fare almeno alcune delle tante cose delle quali si suole dire: non c’è più niente da fare.
Rischiamo di rassegnarci a una visione entropica della società. È palpabile nei commenti da bar, nelle chiacchiere rancorose, spesso nei titoli di giornale. Ci sembra che i margini di miglioramento siano molto esili o inesistenti. Lo spirito dei tempi è pervaso di rassegnazione, la sfiducia nel futuro è un sentimento molto diffuso (non solo nei vecchi).
Forse è depressione, forse il più comodo degli alibi per lasciare tutto com’è.
Fatto sta che sorprende scoprire che una città proverbialmente sporca può essere più pulita — o meno sporca, a seconda dei punti di vista.
Ciò che è rovesciato a terra può essere raccolto, ciò che marcisce e ristagna può essere riciclato, esistono tecnologie e mezzi per governare le deiezioni di una metropoli, così che per contagio, per imitazione, anche il più zozzone dei cittadini si senta incline a comportamenti virtuosi. “Si può fare” potrebbe essere un buon pensiero per entrare nell’anno che verrà.
Che ha una virtù oggettiva: deve ancora cominciare. È una pagina bianca.
Appallottolarla e buttarla per terra, non va bene.
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