«Nessuno di voi io trascino a testimoniare con leggerezza e senza riflessione in favore di chi dice che queste cose sono vere – infatti non ho dogmatizzato nulla –, ma, osservando tutto, contemporaneamente riflettete. Una sola cosa vi chiedo, come anche prima, di non accostarvi agli scritti alla maniera in cui uno passa per la via, nemmeno nel caso che ci sia un po’ di indifferenza o di noia, volgendovi qua e là a ciascuno di essi e passando via. (...) Veneriamo gli dei, sia in feste che in occasioni qualunque, egualmente sia in pubblico che in privato, e seguiamo i patrii costumi verso di loro. (...) Io dico ora e sempre, gridandolo forte a tutti i Greci e i barbari, che il piacere è il perfetto compimento del migliore modo di vivere e che le virtù (...) non sono mai un fine, ma sono produttrici del fine. (...) Nessun piacere di per sé è male; ma i mezzi di certi piaceri portano molti più turbamenti che piaceri. (...) Dunque, quali sono le cose che turbano? Sono le paure, quella degli dei, quella della morte, quella dei dolori e, oltre a queste, il desiderio che va molto al di là dei limiti naturali. E infatti queste sono le radici di tutti i mali, e se recideremo queste alla base, nessuno dei mali spunterà in noi.»
(Diogene di Enoanda - I secolo d.C.)
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