Umorismo macabro
DI MICHELE SERRA
Che a fare chiarezza sulla morte di Navalny possano essere i giudici russi è una battuta quasi spiritosa — anche se del genere macabro. Ne è autore il Salvini, il quale sicuramente si sarà domandato come mai, nella Russia putinista, la condizione di oppositore e quella di morto siano così spesso coincidenti.
Ma si sarà risposto, sempre spiritosamente, che la cagionevole salute degli oppositori va considerata un problema sanitario, non politico. Resta il fatto che il Salvini è vicepremier, il numero due del governo italiano. E per quanto prodigiosa sia la capacità del centrodestra di sorvolare su qualunque differenza di ordine ideale (le idee, in fondo, sono solo una gran perdita di tempo: liberalismo, fascismo, democrazia, populismo, ma perché incaponirsi sulle parole?), forse questa volta non sarà così semplice fare finta che non sia successo niente.
Il Salvini è colui che dichiarò che avrebbe volentieri sostituito Mattarella con Putin. Un paio d’anni fa mandò saluti dalla Piazza Rossa con l’entusiasmo di un comunista degli anni Cinquanta, e non dei più svegli. Durante una recente gita in Polonia un sindaco locale gli rinfacciò la sua t-shirt con l’effigie di Putin.
Nessun margine di ambiguità, nel suo putinismo: è schietto, di lungo corso e coerente, una presa di posizione militante contro l’Europa ladrona e la democrazia debosciata.
E dunque, se la politica fosse ancora il luogo dove si crede almeno un poco in quello che si dice, come accidenti possono convivere nello stesso governo il Tajani ultimo modello, che sembra il nuovo portaborse di Emma Bonino, e un signore che aspetta il parere della magistratura russa piuttosto che spendere mezza parola su un oppositore perseguitato, avvelenato, incarcerato, infine eliminato?
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