Gli ultimi due mesi tra i ghiacci della Siberia
DI RICCARDO RICCI
MOSCA — Tre ore di aereo da Mosca e cinquanta chilometri di strada, oppure due giornate di treno: tanto dista l’ultima prigione dell’attivista Aleksej Navalny. Ci era arrivato a fine dicembre dopo un tortuoso viaggio di tre settimane durante le quali nessuno sapeva dove fosse, nemmeno il giudice che doveva processarlo per l’ennesima accusa. Ufficialmente si chiama Ik-3 ed è tra le colonie penali più a Nord e isolate del sistema carcerario russo. Si trova nel villaggio di Kharp, nel Circondario autonomo di Jamalo Nenets oltre il Circolo Polare Artico. Per questo, il carcere di massima sicurezza è chiamato “Lupo polare”. Ci trasferiscono i condannati per i reati più gravi, recidivi, ergastolani. La colonia penale fu aperta nel 1961, riadattando le strutture dell’ex campo di lavoro 501 del sistema dei gulag.
MOSCA — Tre ore di aereo da Mosca e cinquanta chilometri di strada, oppure due giornate di treno: tanto dista l’ultima prigione dell’attivista Aleksej Navalny. Ci era arrivato a fine dicembre dopo un tortuoso viaggio di tre settimane durante le quali nessuno sapeva dove fosse, nemmeno il giudice che doveva processarlo per l’ennesima accusa. Ufficialmente si chiama Ik-3 ed è tra le colonie penali più a Nord e isolate del sistema carcerario russo. Si trova nel villaggio di Kharp, nel Circondario autonomo di Jamalo Nenets oltre il Circolo Polare Artico. Per questo, il carcere di massima sicurezza è chiamato “Lupo polare”. Ci trasferiscono i condannati per i reati più gravi, recidivi, ergastolani. La colonia penale fu aperta nel 1961, riadattando le strutture dell’ex campo di lavoro 501 del sistema dei gulag.
Nel 1999, anni dopo la caduta del regime sovietico, ai detenuti fu concesso di costruirsi una chiesa. C’è una biblioteca, un emporio e un laboratorio per produrre souvenir destinati a sostenere le popolazioni dell’estremo Nord. La prigione è dotata anche di uno studio televisivo per girare filmati educativi, destinati ai detenuti di altre colonie penali. Le condizioni di vita restano però le più dure dell’intero sistema carcerario e, per coloro che come Navalny sono ritenuti colpevoli di violazione della disciplina, le restrizioni si fanno più rigorose: detenzione in isolamento, limiti all’acquisto di beni di prima necessità, riduzione delle visite con i familiari. La passeggiata, che in condizioni di buona condotta dura fino a tre ore, viene ridotta a un’ora e mezza. All’arrivo a Kharp, Navalny aveva descritto il cortile per l’ora d’aria come uno spazio dalle dimensioni di una cella, stretto tra alte mura, con la sola differenza «della neve sul pavimento». Al momento del malore che secondo il Servizio penitenziario l’ha portato alla morte era appena rientrato dalla passeggiata quotidiana nella cella d’isolamento dove si trovava dal 14 febbraio. Ci era tornato dopo pochi giorni dall’aver scontato un altro periodo di punizione, per la 27esima volta dal suo trasferimento a Kharp.
Navalny ha trascorso più di tre anni in prigione, 1120 giorni di cui oltre 300 in cella di rigore per i motivi più disparati: “essersi presentato in modo errato”, “aver sbottonato la casacca”, essersi rifiutato di “lavare la recinzione”, aver “offeso” una guardia penitenziaria rivolgendosi per cognome e non con nome e patronimico. Nell’ultimo anno e mezzo non ha potuto incontrare moglie e figli, né telefonargli. Nella colonia penale IK-6 del villaggio di Melekhovo, regione di Vladimir, dove aveva trascorso i primi due anni di detenzione, era finito in cella di isolamento 23 volte, per periodi intervallati a volte da un solo giorno in camerata. Inaugurata da uno sciopero della fame, la permanenza nella IK-6 è stata caratterizzata dai continui attriti con la direzione del carcere, contro la quale lo staff di Navalny ha avviato una serie di querele per violazioni delle condizioni di detenzione.
Alla fine di settembre 2023, dopo circa un mese dalla seconda condanna, a 19 anni per organizzazione estremista, è stato definitivamente trasferito in una cella singola. «Ecco, ho una nuova cella e una nuova scritta sulla schiena - aveva dichiarato in un commento affidato ai suoi avvocati – Un anno di detenzione in cella singola, la punizione più severa possibile per le colonie di ogni tipo». Non sapeva che di lì a poco sarebbe stato trasferito nella prigione più remota del Paese.
Alla fine di settembre 2023, dopo circa un mese dalla seconda condanna, a 19 anni per organizzazione estremista, è stato definitivamente trasferito in una cella singola. «Ecco, ho una nuova cella e una nuova scritta sulla schiena - aveva dichiarato in un commento affidato ai suoi avvocati – Un anno di detenzione in cella singola, la punizione più severa possibile per le colonie di ogni tipo». Non sapeva che di lì a poco sarebbe stato trasferito nella prigione più remota del Paese.
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