Sette ore di Pronto Soccorso, tu al di là della porta su una barella a farti curare, era tutto pieno, sottostimato come al solito, gli eroi che correvano di qua e di là, in quegli sgabuzzini adatti ad un paesotto non ad una cittadina come la nostra, ma questo è un altro problema creato nei decenni da orchi senza scrupoli, ah le parole di Enrico nella celebre intervista di Scalfari, trent’otto anni fa! Io in sala d’aspetto a trescare con il tempo, coi pensieri che mai t’abbandonano in situazioni come questa. Le ore snocciolavano, le domande no: avrà sete? Dove l’avranno portato? Poi sul far della sera la chiamata, entro dentro e subito ti vedo sereno e poi quel tuo scatto, quel virgulto di gioia irrefrenabile nel vedermi, quel tripudio di affetto, di amore che mi hai manifestato! Nessuno potrà mai replicare, rinvanghire, clonare, rimodulare la tipologia di affetto propria dei genitori. Un’esclusiva irripetibile da nessuno, neppure dal miglior cinese. Quello scatto di emozione, di cuore sibilante mai mi abbandonerà più, l’ho già rivissuto, compartecipato svariate volte che sono passate solo una manciata di ore, figurati andando avanti! Per quello scatto riuscirò a comprendere molto altro ancora, a contemplare meglio la parola amore, a riflettere levando gli occhi al Cielo. La gratuità che si incarna, si materializza per spronarmi a cercar altrove, volando alto, molto alto. Per quello scatto mi sento migliore, effervescente, dinamico, volenteroso, nuovo. Grazie di tutto, come sempre!
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