Quando si festeggia normalmente dovrebbero essere chiari i motivi del gaudio, nitidi i confini delimitanti cotillon e menelik. Oggi la nostra repubblica è al centro delle celebrazioni che appaiono forzate, come andare a un compleanno di un ipocondriaco terrorizzato dai germi che gli altri gli potrebbero trasmettergli. Non è tanto la forma di potere ad essere in discussione, quanto gli uomini chiamati a rappresentarla, a difenderla, a farla amare. Nei meandri del potere esistono classi dirigenziali dedite al personale narcisismo, alla sfrenata mercificazione di simboli e vantaggi, all’arzigogolamento di norme, codicilli, dietrologie atte ad incrementare agi modello Versailles, spese per oggettistica inutile, vedasi quelle degli F35 che stanno facendo infuriare gli alti comandi preoccupati anche da una possibile riduzione delle loro faraoniche pensioni, ripartizioni insensate di capitolati al solo scopo di ingurgitare risorse. Se la festa fosse vera, evangelicamente, i primi posti sarebbero occupati dagli ultimi e dalle loro necessità: la chimera del 2 giugno.
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